a cura di don Riccardo Pecchia
Oggi 22 giugno la chiesa festeggia san Paolino da Nola (Ponzio Anicio Meropio Paolino), nacque a Bordeaux (Francia) nel 355, da un’illustre famiglia senatoriale e consolare. Studiò legge e filosofia con il retore Ausonio. A 15 anni, quando il maestro si trasferì a Milano, egli aveva già completato la sua istruzione letteraria. A poco più di 20 anni fu annoverato tra i seicento senatori. Nel 378, uscito di carica, gli spettava il governo di una provincia senatoriale ed egli scelse la Campania. Anziché stare a Capua, preferì Nola, dove egli aveva alcuni possedimenti. A Cimitile, vicino a Nola, era venerato san Felice: prima di tornare in Aquitania, con una cerimonia pagana, si tagliò la barba e la consacrò simbolicamente a san Felice. A Barcellona conobbe Therasia, donna ricca e bella, ma diversamente da lui, cristiana e battezzata, che sposò. Nel 389, a 35 anni, nella chiesa di Bordeaux, Paolino ricevette il battesimo dal vescovo Delfino. Nel 392 dalla coppia nacque Celso, ma appena otto giorni dopo la nascita morì: questo evento segnò Paolino per sempre e lo spinse ancor più a rifugiarsi nella fede. Il suo percorso di conversione fu così completo. Nella notte di Natale del 394 Paolino fu ordinato sacerdote a Barcellona; si trasferì con la moglie a Nola, dove si stabilì accanto alla tomba di san Felice di Nola, da lui molto venerato e con persone animate dai suoi stessi sentimenti dette vita a una comunità monastica rigorosamente ascetica. Paolino impiegò tutto il suo patrimonio per costruire basiliche e per scopi caritativi; Therasia morì tra il 409 e il 414 e Paolino fu nominato vescovo di Nola, tra il giubilo del popolo che lo rispettava e amava. Nola fu presa e devastata dai visigoti e gran parte degli abitanti vennero fatti prigionieri. Paolino vendette tutti i suoi averi per riscattare i prigionieri, compresa la croce episcopale. Quando non ebbe più niente, offrì la propria persona agli invasori per riscattare l’unico figlio di una vedova. Giunto in Africa e venduto come schiavo, divenne il giardiniere del proprio padrone. Un giorno Paolino profetizzò l’imminente morte del re al suo padrone e condotto innanzi al regnante, questi ne ebbe paura: in un suo sogno, Paolino presiedeva un tribunale di giudici contro di lui. Interrogatolo e scoperta la sua carica di vescovo, il padrone gli promise di concedergli qualsiasi cosa avesse chiesto; Paolino rispose che non desiderava altro che la liberazione sua e di tutti i nolani con lui. Così avvenne e questi tornarono al loro paese accompagnati da navi cariche di grano. Sulla spiaggia di Torre Annunziata fu accolto assieme ai prigionieri riscattati dai fedeli nolani che portavano e sventolavano mazzi di fiori. Rimane ancora oggi la tradizione dell’accoglienza: ogni anno, il 22 giugno, a Nola si tiene la Festa dei Gigli in suo onore. Morì il 22 giugno 431; patrono dei suonatori di campane poiché a lui è attribuita l’invenzione delle campane.
22 giugno: san Giovanni Fischer (John Fisher), nacque a Beverley (Inghilterra) nel 1469, da una famiglia di ricchi commercianti. Studiò tra il 1484 ed il 1501 a Cambridge, dove conseguì il dottorato in teologia: restò a Cambridge come professore, e nel 1504 venne eletto Cancelliere dell’Università. Il 17 dicembre 1491 fu ordinato sacerdote a York e nominato vicario di Northllerton. Nel 1497 Lady Margaret Beaufort, madre del futuro re Enrico VII, rimase incantata dalla virtù e cultura di Giovanni, e gli diede una cattedra all’università, scegliendolo quale suo confessore personale. Nel 1504 Giovanni divenne vescovo di Rochester con la nomina per di più di tutore dell’allora principe Enrico. Il clero e il popolo lo rispettarono grandemente per la sua vita di pietà e di povertà. Giovanni poi adempì sul serio la visita pastorale della diocesi, prendendo atto delle necessità dei suoi fedeli; convocò un sinodo di riforma nel 1508, nel quale additò le colpe dei pastori da lui considerati causa dei mali che affliggevano la Chiesa. Egli, contemporaneamente, unì a queste incombenze quelle di cancelliere dell’università di Cambridge. Inoltre nello stesso anno conquistò il diritto di sedere nella Camera dei Lords e l’onore di rappresentare, nel 1512, la corona inglese nel Concilio Lateranense V. Quando cominciarono a diffondersi, per la verità in modo non troppo vasto, le idee protestanti in Inghilterra, Giovanni non esitò a proclamare con forza la fede cattolica e a rifiutare le nuove dottrine. Fu celebre il suo Sermone contro le perniciose dottrine di Martin Lutero, fatto il 12 maggio 1521 sulla piazza di San Paolo di Londra. Pubblicò anche altre opere confutando le tesi luterane. Al momento della crisi matrimoniale di Enrico VIII, che pretendeva con argomenti futili, di potersi sbarazzare della moglie legittima, Caterina d’Aragona, scelse il ruolo scomodo di avvocato difensore dei diritti della regina, comportandosi sempre con libertà e rettitudine. Scrisse quello che è considerato il suo capolavoro letterario, De causa matrimonii Angliae regis liber, pubblicato a Salamanca nel 1530, esponendo con chiarezza gli argomenti per i quali si doveva ritenere Caterina quale vera e legittima sposa di Enrico VIII. Rifiutò di firmare l’Atto di Supremazia (Act of Supremacy), unico fra i quindici vescovi inglesi. Intanto Enrico sposò segretamente Anna Bolena ed ebbe da lei una figlia; dopo il suo rifiuto di riconoscere l’illegittimità dei figli nati dal matrimonio di Enrico con Caterina d’Aragona, il 13 aprile 1534 fu imprigionato nella Torre di Londra. Paolo III lo promosse al cardinalato nella speranza di salvarlo. Ma tutto fu inutile. Infatti Enrico VIII, nel conoscere la notizia, disse: «Porterà il suo cappello sulle spalle, perché non avrà più una testa su cui posarlo». Il 17 giugno 1535, Giovanni rese pubblico il suo rifiuto a firmare l’Atto di Supremazia, dichiarandolo contrario alla Sacra Scrittura e alla tradizione. Quindi fu condannato alla decapitazione. Morì il 22 giugno 1535.
22 giugno: san Tommaso Moro (Thomas More), nacque a Londra (Inghilterra) il 7 febbraio 1478. Tommaso, ancor giovanissimo, fu al servizio del cardinale John Morton, cancelliere di Enrico VII. Si procurò un’ottima cultura umanistica a Oxford. Studiò il diritto a New Inn e poi a Lincoln’s Inn. Durante la sua giovinezza sentì il desiderio di diventare monaco, e infatti, ebbe rapporti con i francescani di Greenwich e fece anche un prolungato soggiorno di quattro anni nella Certosa di Londra. Dopo aver lasciato la vita claustrale, sposò Jane Colt, dalla quale ebbe quattro figli; rimasto vedovo, si unì di nuovo in matrimonio con Alice Middleton. Nel 1504 divenne membro del parlamento, e specializzatosi in diritto marittimo, iniziò a lavorare per la Livery Companies e la The Merchant Adventures. Nel 1510, Enrico VIII lo nominò rappresentante della corona a Londra, sottosceriffo della città e giudice di Hampshire. Essendo stato chiamato a coprire diverse mansioni diplomatiche, viaggiò nelle Fiandre, nel 1515, e a Calais, nel 1517. In questo periodo, precisamente nel 1516, pubblicò il suo capolavoro, Utopia. Nel 1519, Enrico VIII lo nominò suo consigliere regio. Nel 1523 fu eletto presidente dei Comuni. Nel 1529 fu nominato Lord cancelliere, carica che tenne per quattro anni. Il cardinale Thomas Wolsey, arcivescovo di York, non riuscì a ottenere il divorzio e l’annullamento che Enrico aveva cercato e fu costretto a dimettersi nel 1529. Tommaso venne nominato cancelliere al suo posto, tuttavia non realizzò le richieste di Enrico su tale questione. Essendo stato ben istruito in diritto canonico, oltre che devotamente cattolico, Tommaso considerava l’annullamento del sacramento del matrimonio come una questione all’interno della giurisdizione del Papato, e la posizione di papa Clemente VII era contro il divorzio. La reazione di Enrico fu quella di mettersi a capo della Chiesa d’Inghilterra. Solo al clero venne richiesto di prestare l’iniziale Atto di Supremazia, dichiarando il sovrano come capo della Chiesa. Tommaso, in quanto laico, non sarebbe stato soggetto a questo giuramento, ma si dimise da cancelliere il 16 maggio 1532, piuttosto che servire il nuovo regime, ormai dichiaratamente anti-papale. Tommaso abbandonò la vita pubblica, e si ritirò nella sua casa di Chelsea; accusato di alto tradimento, venne incarcerato nella Torre di Londra e condannato a morte. Durante il processo pronunciò un’apologia, rimasta celebre nella storia: in essa confessò l’indissolubilità del matrimonio, il rispetto del patrimonio giuridico ispirato ai valori cristiani e la libertà della Chiesa di fronte allo Stato. Tommaso fu condannato a morte, per decapitazione, insieme con John Fisher. Morì il 6 luglio 1535.