a cura di don Riccardo Pecchia
Oggi 24 novembre si celebra san Crisogono di Aquileia, il nome Crisogono derva dal greco e significa “nato dall’oro”. Il santo soldato e prete fu martirizzato ad Aquileia nel IV secolo e sepolto nella stessa cittadina. Le notizie su questo Santo sono talvolta contraddittorie. Così ci parla di lui il Martyrologium Romanum: «Nello stesso giorno il natale di san Crisogono martire, il quale, dopo aver lungamente sofferto catene e prigionia per la costantissima fede di Cristo, per ordine di Diocleziano fu condotto ad Aquileia, e finalmente, decapitato e gettato in mare, compì il martirio». Secondo alcune fonti, Crisogono esercitò in Roma l’ufficio di vicarius Urbis per due anni; uomo di salda fede cristiana fu arrestato e confinato nella casa di un certo Rufino per ordine di Diocleziano. Anastasia, figlia dell’illustre Pretestato, era sposata con Publio, il quale avversava ferocemente la nuova religione; egli perciò l’aveva segregata in casa sottoponendola a maltrattamenti. Anastasia di nascosto portava aiuto ai cristiani incarcerati. Tramite una buona vecchia, iniziò una corrispondenza epistolare con Crisogono, ricevendo da lui parole di conforto e incoraggiamento. Dopo la morte di Publio, Anastasia poté godere per breve tempo di una relativa serenità. Intanto Crisogono, che aveva convertito Rufino e la sua famiglia, fu convocato da Diocleziano ad Aquileia. L’imperatore, riconoscendo il valore di Crisogono, gli offrì la prefettura e il consolato, a patto che rinunciasse alla fede cristiana. Ma il santo rifiutò sdegnosamente e perciò fu decapitato il 24 novembre 303 alle Aquae Gradatae, località attraversata dalla Via Gemina, a circa dodici miglia da Aquileia. Il suo corpo fu abbandonato sulla riva del mare, nei pressi di una proprietà detta Ad Saltus, dove abitavano tre cristiane di nome Chione, Agape e Irene con il vecchio prete Zoilo. Questi, raccolti il corpo e il capo troncato di Crisogono, diede al martire dignitosa sepoltura in un loculo sotto la sua casa.
24 novembre: santa Flora di Cordova, nacque a Cordova, in una Spagna allora islamica, da padre musulmano e madre cristiana. La presenza del padre frenò inizialmente la fede cristiana di Flora, in quanto desiderio e poi imposizione del padre, era la fede mussulmana per i suoi figli. Una volta morto il padre fu educata al cristianesimo insieme alla sorella Baldegoto. Ma la formazione cristiana fu presto osteggiata da parte del fratello di Flora, il quale era saldo agli insegnamenti del padre defunto, e la sua fede mussulmana non accettò la conversione delle sorelle. Flora vista la chiusura del fratello nei suoi confronti e della sorella una volta appresa la loro conversione, un giorno decide di scappare da casa e trovare rifugio in strutture della chiesa. Ma il tremendo fratello, pur di farla rientrare verso la casa natale, imprigionò dei religiosi e dei chierici, con lo scopo di ricattare la sorella. Flora decide di rientrare, senza pensare che quello stesso giorno sarebbe stata picchiata con molta violenza dallo stesso fratello, come insegnamento e monito a non ripetere mai più un gesto del genere. Ma non durerà molto in casa. Infatti si riallontanò nuovamente per diversi anni, professando per la Spagna la parola di Dio. Ma rientrò, nonostante il martirio che l’aspettava al suo ritorno. Infatti lo stesso giorno che ritornò a casa, fu imprigionata e conobbe sant’Eulogio. Infatti questi, conosciuta Flora, diede notizia del martirio della coraggiosa Flora. Questo gli costò la vita, in quanto il governo mussulmano che al tempo regnava, lo condannò per aver professato la fede cattolica e fu condannato alla decapitazione. Lo stesso Eulogio sarà dichiarato martire, e verrà ricordato come santo. Flora fu condannata a morte subito dopo la decapitazione di Eulogio. Il suo copro dopo la morte, fu gettato e abbandonato nei campi per darlo in pasto alle bestie. Contrariamente a quanto pensato invece dai suoi uccisori, nessun animale si avvicinò al corpo di Flora. Visto che nessun animale si cibò del corpo della santa, si decise di gettare Flora nel fiume Guadalquivir.
24 novembre: sant’Andrea Dung-Lac e compagni martiri vietnamiti, nacque nel 1795 circa nella provincia di Bac-Ninch (Vietnam), da genitori così poveri che se ne disfecero volentieri vendendolo ad un catechista cattolico. Questi lo condusse alla missione di Vinh-Tri, dove fu battezzato, istruito e dopo otto anni promosso catechista. Trascorsi altri dieci anni con buona riuscita nella sua attività, intraprese gli studi teologici, e il 15 marzo 1823 fu ordinato sacerdote. Fu nominato parroco in varie zone, si trovava da ultimo in quella di Ké-Dam, quando, distruttagli la casa dai pagani, fu obbligato a ritirarsi a Ké-Sui, donde si recava presso le varie cristianità per amministrare i sacramenti. Là fu arrestato la prima volta e condotto alla prefettura di Ly-Nham, ma fu riscattato dalla generosità dei cristiani che offrirono al mandarino tre verghe di argento. Allora, per poter continuare i suoi ministeri, cambiò il nome di Dung in quello di Lac, passò in un’altra prefettura e diede libero sfogo al suo zelo, spingendosi audacemente nelle pericolose provincie di Hanoi e di Nam-Dinh. Arrestato ancora una volta il 10 novembre 1839 dal sindaco di Ké-Song, fu rilasciato dietro il pagamento di 200 pezze d’argento raccolte fra i cristiani, ma mentre attraversava il fiume in barca per allontanarsi, ebbe delle difficoltà per cui fu aiutato a scendere a terra sull’altra sponda; chi l’aiutò era il segretario del prefetto che riconosciutolo esclamò: «Ho preso un maestro di religione!». Condotto nella prigione di Hanoi, il 16 novembre 1839, fu sottoposto a stancanti interrogatori e invitato più volte ad apostatare e calpestare la croce, ma essendo restato fermo nella sua fede venne condannato alla decapitazione, sentenza eseguita il 21 dicembre 1839.
24 novembre: servo di Dio Aldo Marcozzi, nato il 25 luglio 1914 a Milano, da buona e distinta famiglia. Ricevé un’ottima educazione cristiana, prima dai genitori, poi dalle insegnanti della scuola e a 9 anni prese a frequentare l’Istituto Gonzaga di Milano, retto dai Fratelli delle Scuole Cristiane. Della sua breve esistenza, 14 anni, non vi sono episodi straordinari, ma tutto nella vita quotidiana fu eccezionale in lui, come l’intelligenza, il candore della sua anima, lo studio, la devozione ardente a Gesù e alla Madonna, la fedeltà ai doveri quotidiani, la bontà verso il prossimo, la preghiera. Alto, slanciato, vestito con eleganza, gentile di modi, intelligente, premuroso, espansivo, sempre sorridente, Aldo è una delle più belle figure di ragazzo cristiano. Nei suoi occhi puri e festosi, si leggeva tutta la serenità della sua anima: in lui tutto viveva in perfetta armonia. Mentre attendeva a un corso di esercizi spirituali, elencando nel suo diario i benefici ricevuti da Dio, indicava tra i primi, quello di essere cristiano-cattolico. La fede non solo l’ha professata con tranquillità e con gioia, ma interamente e intimamente vissuta. Il Vangelo non era solo il libro che leggeva quotidianamente, ma formava il codice della sua vita. A tutto, anteponeva Gesù, la fedeltà totale a Lui. Quando alla domenica, veniva invitato a una gita, e non esisteva la possibilità di partecipare alla Messa, respingeva l’invito dicendo: «Preferisco rimanere a casa, per andare a Messa». Uno dei più grandi piaceri era di servire all’altare, compreso del grande ufficio che compiva. Aldo era un innamorato di Gesù Eucaristico. Dall’età di 10 anni, partecipava alla Messa e riceveva la Comunione, ogni mattina, superando tutte le difficoltà che poteva incontrare. Si preparava con la Confessione, anche più volte lungo la settimana, per ricevere il Signore in un’anima singolarmente pura. Colpito da grave malattia, ebbe una lunga agonia, durante la quale non faceva altro che sospirare il nome di Gesù; Aldo morì sorridendo ai suoi genitori e parenti stretti intorno al suo letto, sabato 24 novembre 1928 nella sua casa di Milano.