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a cura di don Riccardo Pecchia
Oggi 28 dicembre si celebra Strage degli innocenti, è un episodio presente soltanto nel Vangelo secondo Matteo (2,1-16). Il racconto comincia dopo la nascita di Gesù, al tempo di Erode il Grande, re della Giudea. Alcuni magi giunsero a Gerusalemme chiedendo dove si trovasse il re dei Giudei, appena nato. Erode si turbò alla notizia e chiese ai sommi sacerdoti e agli scribi del popolo il luogo dove sarebbe dovuto nascere il messia e, avuta risposta che le profezie indicavano Betlemme, disse ai magi, convocati in segreto, di recarsi nella cittadina giudea e di tornare a riferirgli, affinché potesse adorarlo anche lui. Avvertiti in sogno da un angelo i magi decisero di non tornare a
Gerusalemme. Avvertito a sua volta da un angelo, Giuseppe portò la sua famiglia in Egitto; Erode, sentendo minacciato il proprio trono, ordinò l’uccisione di tutti i neonati maschi dai due anni in giù del territorio di Betlemme. Questa vicenda può essere vista come preludio delle grandi persecuzioni e dei martiri dei primi secoli. Con questa strage Erode vuole soffocare ogni possibilità di minaccia al suo dominio assoluto, e il Messia rappresentava questa minaccia. Matteo rilegge la storia della Strage degli Innocenti nell’ottica di un piano salvifico di Dio e lo legge in senso profetico, come compimento della Scrittura. Infatti, l’episodio termina ricordando come la strage degli innocenti avesse verificato una profezia biblica, narrata nel Libro di Geremia, quando al capitolo 31,15 dirà in riferimento al lamento di Rachele sulla sorte del popolo d’Israele, trascinato nell’esilio babilonese: «Una voce si ode da Rama, lamento e pianto amaro: Rachele piange i suoi figli, rifiuta d’essere consolata perché non sono più». I bambini sterminati a Betlemme rappresentano per Matteo il popolo d’Israele. Il dolore vissuto dalle madri è il dolore del popolo che non ha riconosciuto il Re-Messia. Solo dopo la morte di Erode Giuseppe tornò indietro, stabilendosi in Galilea, a Nazareth.
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