Oggi 30 maggio la chiesa celebra santa Giovanna d’Arco (Jeanne d’Arc), nacque a Domrémy (Francia) il 6 gennaio 1412, da una famiglia di contadini. Quando stava nella casa paterna, aiutava i familiari con il lavoro delle sue mani: filare il lino e la lana, e talvolta andava con il padre ad arare e a custodire il bestiame. All’età di 13 anni iniziò a udire voci celestiali spesso accompagnate da visioni dell’arcangelo Michele, di santa Caterina e di santa Margherita che la invitavano a correre in aiuto del re francese, oppresso dagli Inglesi. La prima volta che queste voci, Giovanna si trovava nel giardino della casa paterna; era il mezzodì di un giorno d’estate: sebbene sorpresa ed impaurita da quell’esperienza, Giovanna decise di consacrarsi interamente a Dio facendo voto di castità. Nel 1429, quando Orleans era da diversi mesi cinta d’assedio, le “voci” comandarono a Giovanna di incontrare il Delfino di Francia, Carlo VII, e futuro re, estromesso dalla successione al trono a beneficio della dinastia inglese nella guerra che sosteneva contro gli inglesi ed i loro alleati Borgognoni. Giovanna dovette superare l’opposizione dei generali di Carlo e dalla sua stessa famiglia, ma alla fine il Delfino la ricevette a Chinon. Inizialmente Carlo fu diffidente nei suoi confronti, ma dopo averla fatta esaminare da esperti teologi e averne comprovato la fede, le concesse di guidare una spedizione a sostegno di Orléans difesa da Jean de Dunois detto il Bastardo d’Orléans. L’ingresso di Giovanna nell’esercito fu accolto non senza ostilità: in molti ritennero disdicevole prendere ordini da una donna e in più la giovane pretese dai soldati che si dedicassero alla preghiera ed evitassero bestemmie e atti di violenza gratuita. Nonostante queste premesse, grazie alla sua fede e al suo carisma, Giovanna si guadagnò la fiducia delle truppe che le attribuirono il soprannome di Pulzella d’Orléans, e vestita di un’armatura bianca, cavalcò alla loro testa accompagnata da uno stendardo recante le parole «Gesù, Maria». La città fu liberata l’8 maggio 1429. Dopo questa vittoria e quella successiva di Patay si aprì la strada per la consacrazione a Reims del Delfino. Giovanna assistette alla cerimonia seduta accanto al re e ciò le causò le invidie dei nemici e pose le premesse per la sua caduta in disgrazia. Infatti, pochi mesi dopo, durante l’assedio di Compiègne, a seguito del tradimento dei generali francesi, Giovanna fu catturata dai borgognoni alleati degli inglesi, accadde che per vari motivi il ponte levatoio fu sollevato, mentre Giovanna e alcuni suoi sostenitori si trovavano ancora fuori le mura della città: ella fu catturata e poi fatta prigioniera dal duca di Borgogna. Nulla fu tentato dal re Carlo VII per liberarla. Il 21 novembre 1430 fu venduta agli inglesi dietro pagamento e fu condotta a Rouen dove fu accusata di eresia e quindi sottoposta a interrogatorio da un tribunale presieduto da Pierre Cauchon, vescovo di Beauvais, accompagnato dai suoi collaboratori personali; le “voci” che ella sentiva, l’uso di abiti maschili, la sua fede, la sua volontà di sottomissione alla Chiesa furono accuratamente esaminate. Il processo si concluse con i giudici che dichiararono diaboliche le sue rivelazioni. Decisero così di consegnarla al braccio secolare quale eretica se non avesse ritrattato. Giovanna in parte lo fece, poi tornò a indossare quegli abiti maschili che, originariamente portati per proteggersi in guerra, ora divenivano provocatori, e ancora una volta dichiarò che era stato Dio stesso ad affidarle quella missione e che le voci da lei sentite provenivano da Lui. I giudici, sotto l’influenza di Cauchon, la condannarono come eretica a bruciare sul rogo. Morì il 30 maggio 1431, a 19 anni; patrona di Francia.
30 maggio: san Ferdinando III di Castiglia detto il Santo, nacque a Zamora (Spagna) il 5 agosto 1201, una famiglia di sovrani, profondamente cristiana, il padre Alfonso IX re di Leòn e sua madre Berenguela di Castiglia. Il 30 novembre 1219, Ferdinando, a Burgos, si sposò con Elisabetta Hohenstaufen (detta Beatrice di Svevia). Alla morte del padre, nel 1230, ebbe in eredità il regno di Leòn con non poche difficoltà. Infatti il padre Alfonso IX, in punto di morte, nominò uniche eredi le sue due figlie, Dolce e Sancia, che salirono al trono insieme, con l’appoggio della nobiltà, mentre il clero e l’aristocrazia erano contrari, avrebbero preferito che il regno di León fosse riunificato alla Castiglia di Ferdinando III. Finalmente e definitivamente, con abilità politica, sostenuto dalla madre e dalle autorità ecclesiastiche del tempo, Ferdinando si impossessò del regno di Leòn per poi unificarlo al regno di Castiglia. Nel 1235 rimase vedovo e il 20 novembre del 1237, sposò a Burgos, Giovanna di Dammartin, figlia di Simone de Dammartin, conte d’Aumâle. Dai due matrimoni nacquero 13 figli. Questi due matrimoni gli permisero di consolidare i rapporti con le famiglie imperiali della Francia e della Germania. La storia lo ricorda per le sue innumerevoli vittorie belliche mirate a riconquistare non solo le numerose città spagnole conquistate dai musulmani ma anche perché consacrò la sua vita a sconfiggere definitivamente il dominio islamico in Europa e in Terra Santa. Ferdinando investì molte delle sue risorse per le crociate. Grazie alle sue imprese belliche e alle sue vittorie si conquistò il soprannome di “Conquistatore dell’Andalusia”. A ogni città riconquistata e liberata dai musulmani, Ferdinando elargiva ingenti somme di denaro per la ricostruzione delle diocesi e degli edifici religiosi. Le sue imprese fecero di lui un sovrano amato e rispettato da tutte le classi sociali spagnole oltre a espandere il dominio del suo regno con audacia e abilità. Celebre per la sua intransigenza verso gli eretici, ma noto soprattutto per la sua umiltà, la sua generosità, la sua obbedienza alle autorità ecclesiastiche e la sua indulgenza verso i vinti. Il re fu particolarmente devoto alla Madonna. In ogni sua battaglia portò con sé, legata alla sua sella, una statuetta raffigurante la Vergine Maria. Ferdinando III condusse una vita santa confermando una solida fede e una profonda fiducia nel Signore. Definì il suo stesso regno un dono divino. A ogni sua vittoria seguiva una penitente preghiera per dimostrare la sua gratitudine e la sua umiltà. Il suo spirito di conquista fu accompagnato dallo spirito di conciliazione che portò un lungo periodo di pace tra le tre religioni esistenti: cristiana, musulmana ed ebraica. Questo gli fece guadagnare grande rispetto e fu soprannominato “Re delle tre Religioni”. In punto di morte volle ricevere l’eucarestia in ginocchio, nonostante la gravità della sua salute e pregò il Signore fino a spirare. Morì a Siviglia il 30 maggio 1252.