a cura di don Riccardo Pecchia
Lunedì 5 dicembre: san Saba archimandrita, nacque a Mutalaska (Turchia) nel 439, da una delle più illustri famiglie cristiane di quel paese e studiò presso il Monastero di Flavianae, presso Cesa¬rea di Cappadocia (attuale Kay¬seri in Turchia). Lì riceve l’istruzione e anche la «chiamata» alla vita da monaco. Ma i genitori hanno altri progetti per Saba: la carriera militare. Lo scontro familiare diventa inevitabile, e termina con la fuga del figlio. Ha 18 anni quando giunge pellegrino in Terrasanta, sostando sempre tra i monaci. Ed è tra i monaci che incontra la persona che diventa la sua guida, il suo punto di riferimento: sant’Eutimio detto «il Grande» e condivide con lui ed altri la dura vita eremitica nelle zone desertiche intorno al Mar Morto, ha convertito molti arabi nomadi, ed è stato consigliere spirituale dell’imperatrice Eudossia, la moglie di Teodosio II. Fino all’ultimo respiro prima di morire, che esala nel 473, Eutimio viene assistito dal suo allievo. Dopo la morte del suo maestro Saba si ritira verso Gerusalemme, in una grotta nel vallone del Cedron. Ed è in questa grotta che si crea intorno a lui un’aggregazione monastica usuale in Palestina: la làura o lavra (monastero), che è un misto di isolamento e di co¬munità, in pratica, i monaci vivono in solitudine per cinque giorni della settimana e poi il sabato si riuni-scono, fino alla celebrazione eucaristica in comune della domenica. Saba viene poi ordinato prete, nel 492, dal patriarca di Gerusalemme, Elia I, e successivamente il patriarca Salustio lo ¬nominò archimandrita (cioè abate), di tutti gli anacoreti di Palestina. Saba si rivela una guida severa, che non fa sconti e così non tutti lo amano, questa situazione diventa impossibile da gestire, e a un certo punto si deve allontanare. Va a dare vita a un’altra làura a Gadara (Giordania), presso il lago di Tiberiade. Ma il Patriarca lo riconvoca, per il semplice motivo che i monaci si sono moltiplicati, e c’è urgente bisogno della sua energia, della sua tenacia, per la disciplina e per la protezione della dottrina sulle due nature del Cristo, proclamata nel 451 dal Concilio di Calcedonia è ostacolata dalla teologia «monofisita», che in Dio ammette una sola natura. Nasce uno scontro teologico tra l’imperatore Anastasio e il Patriarca, e neanche l’arrivo di Saba a Gerusalemme, che si affretta a tentare di riconciliarli, evita il conflitto. A Roma tornerà varie volte, Saba, l’ultima nel 530: è una sofferenza estenuante, perché ha quasi 90 anni: ma questo viaggio lo intraprende per soccorrere i palestinesi, oppressi da una pesante tassazione punitiva. Morì nel monastero di Mar Saba (Palestina), da lui fondato, il 5 dicembre 532.
5 dicembre: beato Filippo Rinaldi, da fanciullo conosce san Giovanni Bosco, nel suo paese, in una delle tante passeggiate che il sacerdote faceva con i suoi giovani. A 10 anni il padre lo iscrive al collegio di Mirabello che lascerà per sua volontà pochi mesi dopo. Don Bosco gli scrive e cerca di indurlo a tornare, ma Filippo è irremovibile. Nel 1874 don Bosco va a Lu per convincerlo a seguirlo a Torino ma senza successo. Solo tre anni dopo don Bosco riuscì, finalmente, a persuaderlo conquistando il suo cuore e Filippo, all’età di 21 anni, intraprese, a Sampierdarena (Genova), il cammino per le vocazioni adulte. Nel 1880, dopo il noviziato, nelle mani dello stesso don Bosco, emette i voti perpetui. Nel 1882, finalmente, Filippo risponde alla chiamata del Signore e viene ordinato sacerdote. Dopo poco tempo il santo dei giovani lo nomina direttore a Mathi (Torino), un collegio per vocazioni adulte che poi trasferirà a Torino. Nel 1889 don Michele Rua (oggi beato), primo successore di san Giovanni Bosco, lo nominò direttore a Barcellona. In tre anni, con la preghiera, la mansuetudine e una presenza paterna e animatrice tra i giovani e nella comunità salesiana, risollevò l’opera e venne nominato Ispettore di Spagna e Portogallo. In nove anni, grazie anche all’aiuto economico della venerabile Dorotea Chopitea, Filippo fondò 16 nuove case. Il beato Michele Rua, dopo una visita, ne restò impressionato e, in seguito, lo nominò Prefetto generale della Congregazione. Nel nuovo incarico, Filippo continuò a lavorare con zelo, senza mai rinunciare al suo ministero sacerdotale e svolgendo il suo compito di governo con prudenza, carità e intelligenza. Nel 1910, dopo la morte del beato Michele Rua, Filippo fu rieletto Prefetto e Vicario di don Paolo Albera, secondo successore di don Bosco. Nel 1921 fu eletto terzo successore di don Bosco dando un enorme impulso alle missioni: fondò istituti missionari, riviste e associazioni. Maestro di vita spirituale, rianimò la vita interiore dei salesiani mostrando un’assoluta confidenza in Dio e un’illimitata fiducia nella Beata Vergine Maria Ausiliatrice. Morì a Torino, il 5 dicembre 1931, intento a leggere la vita del beato Michele Rua.
5 dicembre: beato Niccolò Stenone (Niels Stensen), nacque a Copenaghen il 1 gennaio 1638, qui studiò lingue, matematica, anatomia e medicina. Viaggiò molto, destando ammirazione e stima nelle maggiori università europee. Negli anni successivi lo troviamo ad Amsterdam (dove scoprì il dotto principale della ghiandola parotide, o “dotto di Stenone”) e a Leida dove ebbe come maestri grandi anatomici quali Franciscus Sylvius. Dopo la laurea in medicina nel 1664, Stenone si trasferì a Parigi, ospite di Melchisédech Thévenot, noto mecenate attorno al quale si riunivano alcuni dei più grandi nomi della scienza del tempo. In Toscana, Niels Stensen arrivò per la prima volta nel 1666, ospite di Ferdinando II de’ Medici nella residenza invernale di Pisa. A Firenze il Granduca, appassionato scienziato egli stesso, offrì a Niccolò Stenone, così “ribattezzato” secondo l’uso nostrano di toscanizzare i nomi stranieri, un appartamento in Palazzo Vecchio e la carica di anatomista all’ospedale di Santa Maria Nuova. Niccolò viaggiò molto per il granducato, e dalle sue osservazioni sui reperti geologici e sulla struttura del paesaggio toscano, soprattutto della zona di Volterra, nacque il trattato “De solido intra solidum naturaliter contento dissertationis prodromus”, pietra miliare della geologia moderna, contenente intuizioni fondamentali per la paleontologia e la cristallografia. A Livorno lo commosse la processione del Corpus Domini il 24 giugno del 1666; fu poi a Firenze che Niccolò, di fede luterana, si convertì al cattolicesimo il 2 novembre del 1667, e qualche anno dopo, il giorno di Pasqua del 1675, venne ordinato sacerdote. Nel 1677 fu nominato vescovo titolare di Tiziopoli, nell’attuale Turchia, Chiamato nel nord Europa per assolvere alla sua vocazione, Niccolò ebbe incarichi importanti come quello di Vicario Apostolico della Germania settentrionale, con sede ad Hannover, ma continuò ad operare come un umile pastore di anime. Si recò a piedi da Roma ad Hannover, e il suo agire da vescovo cattolico in terra di Riforma è oggi considerato uno splendido preannuncio ecumenico, con la chiarezza sui princìpi e l’apertura limpida alle persone. Il vescovo-scienziato fa a piedi molte visite pastorali, umilmente. Nel 1680 si spostò ad Amburgo e nel 1685 a Schwerin (Germania), dove rinunciò alla dignità episcopale e visse come semplice sacerdote fino alla morte, anche perchè sfiancato dalle crisi renali. Aggravatosi, e non essendoci in quella terra luterana un prete cattolico nei paraggi per confessarlo nell’agonia, allora lui si confessa in pubblico, elencando a viva voce i suoi peccati. Niels Stensen morì, il 5 dicembre 1686, stroncato da una malattia renale.