a cura di don Riccardo Pecchia
Oggi 6 dicembre la chiesa celebra san Nicola di Bari, nacque probabilmente a Pàtara di Licia (Turchia) il 15 maro 270. Nicola ricevette un’educazione di alto livello da genitori pii e virtuosi, che lo iniziarono alla lettura delle Sacre Scritture sin dall’età di 5 anni. Morirono quando Nicola era ancora giovane, lasciandogli in eredità una discreta fortuna, che il santo decise di destinare ad opere di carità. L’occasione per tale gesto giunse ben presto: un cittadino di Pàtara aveva perduto ogni suo avere, e le sue tre figlie, prive di dote, non potevano trovare marito. Nella disperazione, il padre stava per votarle ad una vita disonorevole. Avendo udito ciò, Nicola prese una borsa con monete d’oro e la gettò nottetempo attraverso la finestra della casa dell’uomo. Tale somma fu usata come dote per la figlia maggiore, che si sposò ben presto. Nicola si comportò ugualmente per le altre due figlie; venne scoperto dal padre, che usò espressioni di immensa gratitudine verso il benefattore. In seguito lasciò la sua città natale e si trasferì a Myra (oggi Demre in Turchia) dove venne ordinato sacerdote. Alla morte del vescovo metropolita di Myra, Nicola si trovava nella città di Myra quando il clero ed il popolo si riunirono per l’elezione del loro nuovo vescovo. All’inizio del IV secolo si era ai tempi delle persecuzioni di Diocleziano e Nicola fu arrestato dai magistrati, torturato, incatenato e gettato in carcere insieme ad altri cristiani. Quando, nel 313, Costantino, scelto da Dio, successe a Diocleziano, i prigionieri vennero rilasciati, e con essi Nicola. Non è certo che sia stato uno dei 318 partecipanti al Concilio di Nicea del 325: secondo la tradizione, comunque, durante il concilio avrebbe condannato duramente l’Arianesimo, difendendo l’ortodossia, ed in un momento d’impeto avrebbe preso a schiaffi Ario. In seguito a ciò Nicola fu privato delle sue insegne episcopali ed imprigionato, ma la tradizione tramanda che Nostro Signore e Sua Madre intervennero direttamente, liberarono Nicola e lo reintegrarono nel suo rango. Nicola adottò anche drastiche misure per combattere il paganesimo e abbatté numerosi templi, tra cui quello della dea Artemide, il più importante nel territorio della sua eparchia. Nicola fu custode del popolo a lui affidato non solo nelle cose dello spirito. Il giorno in cui tre uomini innocenti dovevano essere messi a morte per ordine del governatore, Nicola fermò la mano del boia e li liberò. Rimproverò quindi il governatore, che si pentì dell’ingiusta sentenza. Al fatto erano presenti tre ufficiali imperiali, Nepote, Urso ed Erpilione. I tre uomini vennero in seguito ingiustamente accusati di truffa dal locale prefetto, il quale era riuscito ad ottenere dall’imperatore Costantino una sentenza di morte per i tre uomini. Ricordando l’episodio in cui l’amore di Nicola per la giustizia si era manifestato in favore dei tre innocenti, gli ufficiali imperiali invocarono l’aiuto di Dio. Quella notte Nicola apparve in sogno a Costantino e ordinò all’imperatore di rilasciare i tre uomini innocenti. Il prefetto ebbe un sogno identico, e la mattina dopo i due uomini, constatando di avere assistito alla medesima apparizione, concordarono di interrogare i condannati. Avendo appreso che i tre si erano rivolti in preghiera per intercessione di Nicola, l’imperatore rese loro la libertà e scrisse al santo vescovo una lettera, chiedendo le sue preghiere per la pace nell’impero. Morì a Myra il 6 dicembre 343; patrono dei bambini, ragazze da marito, prostitute, nonché delle vittime di errori giudiziari.
6 dicembre: san Pietro Pascasio (Pedro Pascual), nacque a Valencia (Spagna) nel 1227, sotto il regime musulmano della dinastia degli Almohadi. Si trasferì a Parigi nel 1241 per frequentare l’Università, poco prima che la città di Valencia cadesse nelle mani di re Giacomo I d’Aragona. Fu compagno di studi di san Bonaventura da Bagnoregio e di san Tommaso d’Aquino. Si laureò nel 1249 e venne ordinato sacerdote. Probabilmente divenne canonico presso la Cattedrale di Santa Maria a Valencia prima del 1250, quando si trasferì a Roma entrando qui nell’Ordine di Santa Maria della Mercede (mercedari). Tornato in Spagna, divenne tutore di Sancho (oggi beato), figlio di Giacomo I d’Aragona, divenuto nel 1266, a soli 16 anni di età, arcivescovo di Toledo. Pietro divenne presto un predicatore famoso, viaggiò in Spagna, Portogallo e Italia predicando. Ritornò a Roma, il 20 febbraio 1296, dove fu consacrato vescovo da papa Bonifacio VIII e da questi nominato vescovo di Jaén. Rientrato in Spagna si preoccupò di rimettere in sesto la sua diocesi, la cui titolarità era vacante ormai da sei anni, ma nel 1297 fu catturato dai musulmani di Moley Mahomed, califfo di Granada, che lo trasportarono come schiavo in quella città. Essendo Moley Mahomed tributario del re di Castiglia, Pietro godette di una certa libertà nel muoversi a confortare gli schiavi ed a sostenere i cristiani liberi. Per ben due volte il denaro raccolto nella sua diocesi e destinato alla sua liberazione venne da lui devoluto alla liberazione di donne e bambini catturati dai mori. Durante questo periodo di semilibertà ebbe anche la possibilità di scrivere opere teologiche. Tuttavia i mori, irritati dal suo proselitismo e dalle conversioni che provocava negli stessi musulmani, lo gettarono in prigione e fu decapitato ancora coperto con i paramenti utilizzati per la celebrazione della Messa. Morì il 6 dicembre 1300