a cura di don Riccardo Pecchia
Oggi 6 ottobre la chiesa celebra san Bruno di Colonia, nacque a Colonia (Germania) intorno all’anno 1030, non si hanno notizie certe sul suo cognome, forse Hartenfaust. Egli fu canonico della collegiata di San Cuniberto, a Colonia. Proseguì i suoi studi alla scuola del Duomo di Reims, in Francia dove in seguito divenne professore e caposcuola. Tra i suoi discepoli vi era colui che divenne prima monaco benedettino a Cluny ed in seguito papa Urbano II. A Reims, Bruno ebbe dei contrasti con l’arcivescovo Manasse de Gournay, un prelato corrotto e dal comportamento indegno. Questi nel tentativo di attirare a se la sua stima, lo nominò cancelliere dell’arcivescovado nel 1075, ma nel 1080 dopo ulteriori contrasti e dissidi Manasse fu deposto da un apposito concilio. Bruno che sarebbe dovuto essere il suo successore, non accettò l’incarico e rinunciò a tutti i suoi averi distribuendoli ai poveri. A seguito di questi eventi, si sviluppa l’idea del distacco dal mondo, e del conseguente isolamento. Bruno si recò nell’abbazia di Molesmes da san Roberto (che sarà in seguito il fondatore dei cistercensi) e trovò un romitaggio nei pressi del monastero in località Seche Fontaine, ma quel luogo non soddisfò le sue esigenze. Fu così, che continuando la ricerca di un luogo idoneo per realizzare i suoi intenti, con sei compagni di viaggio si recò da Ugo di Châteauneuf vescovo di Grenoble che li condusse nel luogo desiderato. La consacrazione della Chiesa dedicata alla Madonna ed a san Giovanni Battista avvenne il 2 settembre 1085, la vita monastica fu condotta con austerità e gran fervore. Dopo sei anni Bruno fu chiamato a Roma dal suo allievo, ormai diventato Pontefice, Urbano II che volle con sé il suo vecchio maestro come consulente. Prima di raggiungere il Papa, Bruno affidò la sua comunità monastica al suo amico Landuino che lo sostituì egregiamente. Alla Corte Pontificia Bruno ebbe grande nostalgia per il suo deserto silenzioso, ed approfittando che il papa dovette fuggire da Roma perché l’imperatore tedesco Enrico IV e Clemente III l’antipapa invasero i territori pontifici, si trasferì con la corte papale nell’Italia meridionale. Su proposta di Urbano II il fondatore dei certosini fu eletto arcivescovo di Reggio Calabria, ma egli declinò la mitra per amore della sua vocazione contemplativa e con il desiderio di ritrovare al più presto la solitudine. In seguito richiese e ottenne il permesso di ritirarsi in solitudine negli stati normanni, recentemente conquistati dal conte Ruggero d’Altavilla, che gli offrì un territorio nella località Torre (attuale Serra San Bruno) a 850 metri di altitudine nel cuore di un bosco della Calabria “ulteriore” (attuale Calabria meridionale). In questo luogo il patrono certosino nel 1090 fondò l’eremo di Santa Maria ed a breve distanza l’insediamento per i fratelli conversi, il monastero di Santo Stefano. In questi luoghi, Bruno trovò negli ultimi dieci anni della sua vita le condizioni ideali per riprendere la vita che aveva condotto in Francia, fatta di silenzio, meditazione, preghiera e solitudine. Morì il 6 ottobre 1101, circondato dall’amore dei suoi confratelli, fu poi seppellito in una grotta dove spesso egli si recava per pregare.
6 ottobre: santa Maria Francesca delle Cinque Piaghe (al secolo Anna Maria Gallo), nacque il 25 marzo 1715 a Napoli nei Quartieri spagnoli, da piccoli commercianti di mercerie. Ricevette la Prima Comunione all’età di 7 anni. La ragazza man mano che cresceva mostrò una pratica religiosa delle virtù cristiane tale da essere soprannominata la “santarella” conobbe e si fece guidare dal futuro santo Giovan Giuseppe della Croce, alcantarino del convento di Santa Lucia al Monte, la cui chiesa Anna Maria frequentava. A 16 anni vincendo le resistenze e le percosse del violento padre, che la voleva sposa di un ricco giovane, che l’aveva chiesta, Anna Maria rifiutò e chiese di seguire la vita religiosa, ma, a causa delle sue umili origini, Anna Maria non disponeva di una dote per entrare in un convento: come da secoli facevano molte altre donne soprattutto, ma non solo, della medesima estrazione sociale, scelse allora una via intermedia, decidendo di vestire l’abito monacale pur mantenendo lo stato secolare. Entrò nel Terz’Ordine Francescano Alcantarino, fondato da san Pietro d’Alcantara, vestendone l’abito e pronunciando i prescritti voti, cambiando il nome di battesimo in quello di Maria Francesca delle Cinque Piaghe, per la particolare devozione che aveva verso la Passione di Cristo. Vestì l’abito religioso e continuò a vivere nella casa paterna, continuando ad essere maltrattata. A 38 anni andò, insieme ad un’altra terziaria, suor Maria Felice, a fare la governante nella casa del suo direttore spirituale, il padre Giovanni Pessiri, un sacerdote che viveva in un antico palazzo in vico Tre Re a Toledo, dove rimase per 38 anni fino alla morte. L’edificio prese in seguito il nome di convento per la dimora delle suore, ma esso non era stato costruito per questo uso e quindi ha ancora oggi tutte le caratteristiche di un’abitazione comoda per famiglia di tre stanze tramutate in cappella e opere annesse. La vita di Maria Francesca è tutto un susseguirsi di sofferenze fisiche e morali, che in continuità si accanirono contro di lei, donate a Cristo come pegno per i peccatori; la sua casa divenne meta continua di fedeli fra i quali san Francesco Saverio Bianchi a cui predisse la santità. Ebbe il dono della profezia e ancora vivente si operarono fatti prodigiosi cui il popolo li considerò come miracoli. Ancora oggi a distanza di oltre due secoli, il popolo accorre a chiedere grazie come è attestato da due lapidi all’esterno della casa-cappella, la seconda è per lo scampato disastro della II guerra mondiale che con i suoi 105 bombardamenti su Napoli, risparmiò i ‘Quartieri’ e il suo denso popolo. Nella cappella vi è ancora la sua sedia di dolore su cui, specie le donne desiderose di avere un figlio devotamente si siedono ad impetrare la grazia. Morì il 6 ottobre 1791 a 76 anni; patrona delle donne sterili e in gravidanza