Oggi 16 agosto si celebra san Rocco di Montpellier, nacque intorno al 1275 nella Francia meridionale e precisamente a Montpellier, portava il nome di una famiglia, di nobili origini, molto influente di quella città: Rog o Roch. In gioventù venne a contatto con le sofferenze delle epidemie pestilenziali verificatesi nella sua città natale. In tal modo maturò una forte attenzione e sensibilità sia verso gli appestati e più in generale verso i malati e i sofferenti. Rimasto orfano a vent’anni, con una radicale scelta di fede cristiana, donò tutte le sue eredità ai poveri e si mise in cammino, come pellegrino di penitenza, alla volta di Roma per venerare le tombe dei santi apostoli e martiri. Arrivato in Italia durante un’epidemia di peste che alla metà del XIV secolo devastava tutta l’Europa, aiutava i contagiati e aveva la consuetudine di tracciare il segno della croce sulla fronte dei malati invocando la Trinità di Dio per la loro guarigione, da ciò l’appellativo di “taumaturgo”. Nel suo peregrinare verso Roma, seguendo coraggiosamente lo sviluppo del contagio, ebbe l’occasione di soccorrere l’appestato cardinale Anglico de Grimoard assistendolo sino alla completa guarigione, il prelato lo ricompensò economicamente e lo presentò al fratello, papa Urbano V. Sulla strada del ritorno verso Montpellier, nei pressi di Piacenza, mentre era intento a confortare gli appestati di un’ennesima epidemia lo stesso Rocco si contagiò del morbo. La malattia si era manifestata con la comparsa di pustole all’inguine; per isolarsi e morire in pace si trascinò sino ad una grotta presso il fiume Trebbia, in località Sarmato. Come unica compagnia un cane affezionato che quotidianamente gli portava un tozzo di pane prendendolo dalla mensa del suo padrone. Costui era Gottardo Pallastrelli, di famiglia agiata, che insospettito dall’andirivieni del cane lo seguì e in tal modo incontrò Rocco, lo soccorse e lo aiutò a guarire. Gottardo divenne un suo discepolo e seguendo l’esempio del maestro decise di vendere i propri beni donando il ricavato ai poveri. Rocco, ristabilitosi dalla malattia e ripreso il viaggio verso Montpellier con il fedele amico cane al seguito, sarebbe stato arrestato ad Angera, presso il lago Maggiore. Accusato di sospetto spionaggio, si rifiutò di rivelare il proprio nome per non infrangere il voto di rinuncia ai privilegi derivanti dalla sua nobiltà. Incarcerato dopo cinque anni di prigionia, sarebbe morto nella notte fra il 15 e il 16 agosto, all’età di 32 anni.
16 agosto: santo Stefano I d’Ungheria, nacque nel 970, era figlio del principe magiaro Géza, nacque nella città di Esztergom (Ungheria), alla nascita ebbe il nome di Vajk, ma all’età di 10 anni, gli venne imposto un nuovo nome cristiano, Stefano. Fu educato cristianamente, da un sacerdote missionario, sin dall’infanzia. Intorno al 995, a 26 anni, sposò Gisella di Baviera, ed ebbero almeno tre figli: due maschi, Imre (poi canonizzato come sant’Emerico) e Otto e una femmina, Edvige. Stefano sopravvisse a tutti i suoi figli. Dopo aver riportato numerose vittorie su altri principi ungheresi, di fede pagana, Stefano riuscì a diffondere il cristianesimo in tutto il paese. Insieme alla moglie fece donazioni ea chiese e monasteri e fondò numerose diocesi in Ungheria. La notte di Natale dell’anno 1000 Stefano fu incoronato primo re del suo paese da papa Silvestro II. Stefano, anni dopo, avrebbe voluto abdicare per ritirarsi ad una vita di contemplazione spirituale affidando il regno nelle mani dell’unico figlio ancora vivente, Imre, tuttavia nel 1031 questi venne ferito a morte in un incidente di caccia. Naturalmente portò il lutto per la morte del figlio Imre il Santo (che era il principe ereditario) per moltissimo tempo, il che finì per influire negativamente sulla salute di Stefano, quando si riprese, non riuscì più a tornare al precedente vigore. Senza più figli, non gli riuscì neppure di trovare tra i suoi consanguinei qualcuno che fosse in grado di governare con capacità il paese e desideroso di preservare la fede cristiana nel regno. Senza aver scelto un erede, Stefano morì a Székesfehérvár, città da lui fondata, nel giorno della festa dell’Assunta e là fu sepolto; patrono d’Ungheria, dei re, dei morti prematuri, dei lavoratori edili, degli scalpellini e dei muratori.