Oggi 1 giugno la chiesa festeggia san Giustino di Nablus, nacque a Flavia Neapolis (odierna Nablus, Palestina) nel 100 d.C., da una famiglia pagana di lingua greca, sicuramente agiata. Come riferisce egli stesso nel Dialogo con Trifone, venne educato nel paganesimo ed ebbe un’ottima educazione che lo portò ad approfondire i problemi che gli stavano più a cuore, quelli riguardanti la filosofia. Giustino è un giovane filosofo impegnato nella ricerca ardente della verità, dotato di una intelligenza pronta, acuta e sufficientemente critica da percepire i punti deboli dei sistemi filosofici allora per la maggiore. Giustino studiò a fondo la retorica, la poesia, la storia e, soprattutto, la filosofia in tutte le sue correnti: stoica, peripatetica (o aristotelica), pitagorica e platonica, come raccontò egli stesso nel prologo del Dialogo con Trifone. Credendo di aver trovato nelle opere di Platone la propria strada si fece eremita vicino al mare, ma un misterioso anziano, incontrato durante una passeggiata, gli confidò che la perfetta sapienza non si trovava nei libri dei platonici, ma nei testi dei Profeti, ed era Cristo che, come Verbo incarnato, offriva agli uomini salvezza e felicità. Giustino si accostò così ai Profeti e, convintosi, si fece battezzare, forse a Efeso o ad Alessandria, verso il 130. Negli anni 131 e 132 predicò a Roma, poi visitò altri centri culturali dell’impero alla ricerca delle origini cristiane, continuando lo studio di tutte le dottrine filosofiche, perché, secondo Giustino, esse contenevano tracce della sapienza divina. Infine, dopo il 145, ritornò a Roma e aprì la prima locale scuola di filosofia in casa di un tale Martino, vicino alle terme private di Timoteo al Viminale, dove insegnava a «tutti quelli che vengono», anche se Giustino preferiva rivolgersi alle classi intellettualmente più preparate al fine di combattere i pregiudizi dovuti all’ignoranza. La sua fede lo porterà a subire una morte violenta. Fu condannato a morte da Quinto Giunio Rustico che era prefetto di Roma e amico dell’imperatore Marco Aurelio. Morì a Roma intorno al 166 d.C.; patrono dei filosofi.
1 giugno: sant’Annibale Maria Di Francia, nacque a Messina il 5 luglio 1851, da una famiglia della nobiltà cittadina. Annibale divenne orfano di padre, il 10 ottobre 1852, a soli 15 mesi per la morte prematura del padre. Questa amara esperienza infuse nel suo animo la particolare tenerezza e lo speciale amore verso gli orfani, che caratterizzò la sua vita ed il suo sistema educativo. Studiò nel collegio cistercense San Nicolò di Messina. A causa dell’entrata in Messina di Giuseppe Garibaldi, la famiglia dei Di Francia furono costretti a scappare a Napoli. Successivamente torneranno a Messina, dove Annibale potrà continuare i suoi studi. Intelligente e di chiarissime capacità umanistiche ad appena diciotto anni sentì fortissima la chiamata del Signore e, completati gli studi, entrò in seminario insieme al fratello minore Francesco (che fonderà le Cappuccine del Sacro Cuore). Completati gli studi, il 16 marzo 1878, a 27 anni, fu ordinato sacerdote. Qualche mese prima, un incontro «provvidenziale» con un mendicante quasi cieco, di nome Zancone, un pover’uomo che veniva schernito da alcuni ragazzi, lo mise a contatto con la triste realtà sociale e morale del quartiere periferico più povero di Messina, le cosiddette “case Mignuni” (case Avignone), di proprietà dei marchesi Avignone. Allora Annibale lo prese con sé, lo portò a casa sua, lo vestì e lo mise a letto. Quando si avvicinò a Zancone per baciarlo, il volto del povero mutò e prese posto quello di Gesù. Quest’esperienza gli aprì il cammino di quello sconfinato amore verso i poveri e gli orfani, che diverrà una caratteristica fondamentale della sua vita. Con il consenso del suo vescovo, andò ad abitare in quel «ghetto» ed impegnò tutte le sue forze per la redenzione di quegli infelici, che ai suoi occhi si presentavano, secondo l’immagine evangelica, come «pecore senza pastore». Fu un’esperienza segnata fortemente da incomprensioni, difficoltà e ostilità di ogni tipo, che egli superò con grande fede, vedendo negli umili ed emarginati lo stesso Gesù Cristo. Nel 1882 diede inizio ai suoi orfanotrofi, che furono chiamati antoniani perché messi sotto la protezione di sant’Antonio di Padova. Gli istituti di Annibale furono improntati al clima della famiglia, con lo scopo di offrire la formazione completa del piccolo ospite, sia morale che materiale, secondo gli insegnamenti della famiglia cristiana. Per realizzare nella Chiesa e nel mondo i suoi ideali apostolici, fondò due nuove famiglie religiose: nel 1887 la Congregazione delle Figlie del Divino Zelo e dieci anni dopo la Congregazione dei Rogazionisti, partendo dalla pagina evangelica in cui Gesù esorta a pregare il Padrone della messe perché mandi operai. Per diffondere la preghiera per le vocazioni promosse numerose iniziative: istituì la Sacra Alleanza per il clero e la Pia Unione della Rogazione Evangelica per tutti i fedeli. Fondò il periodico dal titolo significativo «Dio e il Prossimo» per coinvolgere i fedeli a vivere i medesimi ideali. Grande fu l’amore che ebbe per il sacerdozio, convinto che solo mediante l’opera di sacerdoti numerosi e santi è possibile salvare l’umanità. Fu fortemente impegnato nella formazione spirituale dei seminaristi, fu egli stesso, per primo, buon operaio del Vangelo e sacerdote secondo il Cuore di Dio. Il 20 febbraio 1927, Annibale celebrò l’ultima messa, il 15 marzo 1927 ricevette l’unzione degli infermi. Morì a Messina il 1 giugno 1927, a 76 anni.
1 giugno: beato Giovanni Battista Scalabrini, nacque a Fino Mornasco (Como) il 8 luglio 1839, da una famiglia benestante. Avendo fin da giovane avvertito la chiamata allo stato ecclesiastico, dopo aver compiuto gli studi con esito assai positivo, entrò nel seminario minore di Sant’Abbondio nel 1857, e proseguì gli studi nel seminario di teologia. Fu ordinato sacerdote il 30 maggio 1863 e subito destinato a insegnare nel locale seminario minore, di cui divenne anche rettore dal 1867 al 1870. Divenne in seguito parroco di San Bartolomeo a Como, dove si impegnò nella pastorale dei giovani e degli operai, in particolare del settore tessile. Fondò un asili per i bambini, per i quali scrisse il suo primo catechismo, che dedicò alla memoria di sua madre, morta nel 1865. Papa Pio IX, il 13 dicembre 1875, all’età di 36 anni, lo elesse vescovo di Piacenza. Diede prova di essere un pastore instancabile e assiduo compiendo, durante i suoi 29 anni di episcopato, visite pastorali in tutte le parrocchie affidate alla sua cura. Ovunque si recava amministrava i sacramenti, insegnava la fede e creava programmi educativi. Nel 1879 fondò a Piacenza L’Istituto per le sordomute. Nel 1881 inaugura l’Opera dei Congressi e promulga il nuovo catechismo diocesano. Si interessa anche al canto liturgico e, per riformarlo, nel 1884 istituisce la Commissione di Santa Cecilia. La sua attenzione alla catechesi, farà nascere a Piacenza un gruppo di studiosi di metodologia catechistica e didattica e che porterà alla scelta di quella città come sede del primo congresso catechistico italiano il 24 settembre 1889. Nel 1887 fondò la Congregazione dei Missionari di San Carlo (scalabriniani), per la cura degli emigrati italiani in America. Grazie alla sua iniziativa è nata nel 1891a New York la Italian Saint Raphael Society, la prima e principale organizzazione cattolica per gli immigranti italiani negli Stati Uniti. Il 19 marzo 1889 consegna il crocifisso a santa Francesca Saverio Cabrini che, con le sue Missionarie del Sacro Cuore di Gesù, si recò negli Stati Uniti ad assistere gli emigrati italiani. Il 25 ottobre 1895, dopo il ramo maschile, fondò la Congregazione delle Suore Missionarie di San Carlo Borromeo per l’assistenza agli emigrati. Come vescovo sente la necessità di restare unito ai suoi missionari: il 18 luglio 1901 parte da Genova, per quella che sarà la sua prima visita pastorale ai migranti italiani, negli Stati Uniti d’America. Tutte le sue attività erano nutrite da una profonda devozione a Cristo nell’eucarestia e alla Beata Vergine, come testimoniano le sue omelie e i suoi pellegrinaggi. Nel 1905 stava preparando la sua sesta visita pastorale alla diocesi, nonostante fosse già duramente provato nel fisico, ma improvvisamente si aggravò e non valse a salvarlo un intervento chirurgico a cui fu subito sottoposto: sopravvenne infatti una crisi più acuta che ne provocò la morte. Morì il 1 giugno 1905.