Oggi 1 luglio la chiesa celebra il Preziosissimo Sangue di Gesù, l’origine di questa festa non è antica, risale al beato Pio IX. Già si celebrava in qualche luogo una festa del Preziosissimo Sangue nel venerdì della quarta settimana di Quaresima, ma fu Pio IX a voler istituire una festa universale alla prima domenica di luglio, come un monumento alle vicissitudini della Santa Sede e come un “Te Deum” perpetuo di ringraziamento per l’ottenuta liberazione dall’esilio di Gaeta. II significato di questa solennità che si celebrava è del tutto affine a quello del Sacro Cuore, con cui aveva in comune il vangelo della messa. C’è un’intima relazione tra il Cuore e il Sangue, non solo perché dal Cuore di Gesù, trafitto dalla lancia, sgorgò acqua e sangue, ma anche perché il primo calice nel quale quel Sangue divino fu consacrato e vivificato, fu proprio il Cuore dei Verbo incarnato. La Santa Messa esalta l’efficacia redentrice del Preziosissimo Sangue e ci invita a dissetarci alle fonti divine delle piaghe di Gesù, affinché il suo Sangue sia pegno per noi di vita eterna. Il sangue, è descritto nella Bibbia come un importante elemento della vita. «La vita di una creatura risiede nel sangue» (Levitico 17,11). È soprattutto in questo versetto biblico che si può comprendere l’assoluta importanza che questo liquido comporta nella vita sia degli esseri umani che degli animali. L’Antico Testamento si sofferma diverse volte sull’argomento del sangue, ribadendone la preziosità. Dio Padre comanda di non versare il sangue, cioè di non spargerlo inutilmente con gli assassinii, di non berlo e di non mangiare carni animali che contengano ancora residui di sangue; perché il sangue è vita, il sangue è sacro. Ed è all’importanza del sangue nell’Antico Testamento, che si affianca l’importanza del sangue Divino di colui che ha voluto assumere la nostra natura umana: Gesù. Gesù stesso, nell’Ultima Cena, dà importanza rilevante al Sangue, che è simbolo della Redenzione. Dal punto di vista storico si può dire che già anticamente era viva la devozione al Preziosissimo Sangue. Dopo un lungo periodo nel corso del quale questa devozione non venne più praticata, il Sangue di Cristo cominciò nuovamente ad essere adorato nella prima metà dell’Ottocento, attorno a una presunta reliquia della Passione che si conservava nella Basilica di San Nicola in Carcere (Roma). L’iniziatore, fu un pio sacerdote, poi vescovo, don Francesco Albertini, promotore di una Confraternita intitolata appunto al Preziosissimo Sangue, nel cui seno si formarono grandi spiriti che ne proseguirono e ne diffusero la devozione. Tra gli altri propagatori di questa devozione, brillano i nomi di san Gaspare del Bufalo, fondatore dei Missionari del Preziosissimo Sangue, e di santa Maria De Mattias, che fondò le Suore Adoratrici del Sangue di Cristo. Pio IX la fissò al 1 luglio, e Pio XI la elevò a rito doppio di prima classe nell’aprile 1934, a ricordo del XIX centenario della Redenzione. Nel 1970, con la riforma del calendario liturgico dopo il Concilio Vaticano II, la festa è stata unita alla celebrazione del Corpus Domini. Nella forma straordinaria del rito romano, che non accoglie le modifiche al calendario dopo il 1962, si celebra il 1 luglio come festa di I classe.
1 luglio: sant’Aronne, personaggio della Bibbia, fratello di Mosè e primo sommo sacerdote del popolo ebraico; fratello maggiore di Mosè, nacque nel 172 a.C., è consacrato dallo stesso Mosè, primo sommo sacerdote insieme ai suoi figli; è collaboratore privilegiato di Mosè nel ricondurre il popolo ebraico nella Terra Promessa, dopo la liberazione dall’Egitto. Ad 83 anni si presenta davanti al faraone, con il fratello, producendo i prodigi delle prime tre piaghe, come ci vengono descritte dalla Bibbia. Rimane a capo del popolo ebraico durante la permanenza di Mosè sul monte Sinai. In quel periodo ha la debolezza di farsi una immagine di Dio (un vitello d’oro), per volontà del suo popolo. Viene però risparmiato dall’ira divina per intercessione di Mosè. Come Mosè, dubita della possibilità dell’intervento divino di far scaturire l’acqua dalla roccia e per tale ragione non metterà mai piede nella terra di Canaan, nonostante sia fragile e peccatore, Aronne rappresenta un modello di collaborazione dell’uomo con Dio; secondo il racconto del libro dell’Esodo della morte di Aronne si hanno due resoconti, quello principale è un racconto dettagliato che vede Aronne, Eleazaro e Mosè salire sul monte Cor, qui Mosè spoglia Aronne dei paramenti sacerdotali e li consegna rivestendone il figlio Eleazaro, dopo Aronne muore all’età di 123 anni pianto per 30 giorni dal popolo giudicandolo grande e simile a Mosè. L’altro racconto si trova invece nel Deuteronomio, qui si dice brevemente che Aronne morì presso Mosera e là fu sepolto.
1 luglio: santa Ester regina di Persia, personaggio della Bibbia ebraica e dell’Antico Testamento cristiano. La sua storia è raccontata nel libro di Ester, secondo il libro di Ester questa fanciulla di origini ebraiche si chiamava Adàssa, nome ebraico che significa mirto. Quando entra nell’harem del re riceve il nome di Ester, nome biblico che significa stella; Ester è la figlia di Abicàil della tribù di Beniamino, una delle due tribù che costituivano il Regno di Giuda. Alla morte dei genitori è adottata dal cugino Mardocheo il quale avendo sentito che il re Assuero cerca una nuova sposa, Mardocheo fa partecipare la cugina alle selezioni. Ester viene scelta e diventa la sposa di Assuero. Quando il primo ministro Aman decide di sterminare tutti i giudei del regno, Mardocheo la esorta a presentarsi al re per intercedere in favore dei propri connazionali, dopo un digiuno di tre giorni Ester si presenta davanti al re per domandargli il favore di accettare il suo invito a cena con Aman. Accolta benevolmente, fu esaudita, quando, dopo il banchetto, svelò al re la malvagità di Aman. Ester salvò così il suo popolo. Mardocheo, a ricordo del lieto evento istituì la festa dei Purim, perché la tristezza si è tramutata in gioia e il lutto in giorno di festosa letizia.
1 luglio: sant’Oliver Plunkett, nacque a Loughcrew (Irlanda) il 1 novembre 1629, da una famiglia benestante di proprietari terrieri. Studiò privatamente presso un cugino cistercense, Patrizio Plunkett, abate di Santa Maria, a Dublino, poi vescovo di Ardagh e di Meath. Qui incontrò padre Pier Francesco Scarampi, della Confederazione dell’Oratorio di San Filippo Neri. Scarampi tornò a Roma, nel 1647, e Oliver lo seguì per studiare in vista del sacerdozio. Ricevette l’ordinazione sacerdotale nella cappella del Collegio Urbaniano di Propaganda Fide nel 1654. Dopo l’ordinazione dimorò per tre anni presso i cappellani di San Girolamo della Carità. Nel frattempo si laureò in diritto all’Università della Sapienza. Nel 1657 ricevette l’incarico di conferenziere in teologia e apologetica al Collegio De Propaganda Fide; fu nominato anche consultore della Sacra Congregazione dell’Indice. Conservò il suo posto al De Propaganda Fide finché fu nominato arcivescovo di Armagh e primate di Irlanda nel 1669; sembra che tale nomina sia stata il risultato dell’intervento personale di papa Clemente IX. Il suo arrivo, nel 1670, coincise con un periodo di relativa calma per la Chiesa in Irlanda. Mancavano i sacerdoti e molti di quelli che erano stati ordinati non erano istruiti adeguatamente; molte migliaia di persone non avevano ricevuto la confermazione; da molto tempo esisteva un conflitto tra il clero secolare e religioso e tra differenti ordini di frati; inoltre l’autorità di alcuni vescovi era messa in dubbio. Nel 1670 tenne diversi sinodi diocesani, organizzò un convegno episcopale a Dublino, amministrò la confermazione a circa diecimila persone, indisse un sinodo provinciale, visitò sei diocesi, e aprì alcune scuole a Drogheda, affidandone la gestione ai gesuiti. Nel 1673, il parlamento inglese obbligò Carlo II ad adottare una politica più rigorosa contro i cattolici, perciò furono pubblicati alcuni editti in Irlanda, che bandivano i vescovi e tutti i religiosi. A Natale, i vescovi erano già tornati a nascondersi e le scuole di Drogheda erano state chiuse. La situazione rimase invariata per circa sette mesi, ma anche quando cessò il pericolo immediato, la libertà d’azione non fu più come prima. Dalla metà del 1675 in poi, sembra che si sia nascosto presso alcuni parenti e abbia tentato di nuovo di portare ordine nella Chiesa d’Irlanda. Nel 1678 la persecuzione anticattolica si inasprì dopo la scoperta di una “congiura papale”, inventata in Inghilterra da Titus Oates, le false rivelazioni provocarono nuove persecuzioni. L’arcivescovo fu arrestato e processato a Dundalk nel 1679, imprigionato a Dublino e poi deportato nella prigione di Newgate a Londra, dove l’anno dopo fu di nuovo processato. I testimoni dell’accusa erano un gruppo di frati e sacerdoti apostati, con alcuni criminali comuni, che sostennero, di fronte alla corte soddisfatta, l’esistenza in Irlanda di un complotto per far infiltrare i francesi; di conseguenza il coinvolgimento di Olivier, capo dei cattolici irlandesi, sembrava molto probabile, anche se non si poteva esibire nessuna prova a sostegno. Fu riconosciuto colpevole di tradimento, condannato a morte per alto tradimento; l’esecuzione avvenne in modo orribile, fu impiccato eviscerato e squartato. Morì il 1 luglio 1681.
1 luglio: beato Antonio Rosmini (Antonio Francesco Davide Ambrogio Rosmini Serbati), nacque a Rovereto (Trento) il 24 marzo 1797, da una aristocratica famiglia. Fin da giovane si nutre con la lettura della Bibbia, dei Padri della Chiesa e dei teologi del suo tempo. Dal 1804 al 1814 compì i primi studi, presso l’Imperial Regio Ginnasio di Rovereto. Compì gli studi giuridici e teologici presso l’Università di Padova, dove si laureerà il 23 giugno 1822. Tornato a Rovereto nel 1819 per prepararsi al sacerdozio, ricevette a Chioggia l’ordinazione il 21 aprile 1821. Seguono alcuni anni trascorsi a Rovereto nella quiete del palazzo di famiglia, dove si dedicò ai due principali filoni di studi, la riforma della filosofia e la politica. Nel 1826 si stabilì a Milano, dove frequentò, tra le altre, la casa di Alessandro Manzoni, avendo l’occasione di leggere le bozze de I Promessi Sposi. Nel 1828, esule dall’Impero austriaco per l’amore manifestato all’Italia, Antonio lasciò Milano e si stabilì nel Piemonte sabaudo. Nello stesso anno fondò al Sacro Monte Calvario di Domodossola la Congregazione dell’Istituto della Carità (rosminiani). Fonderà poco dopo anche le Suore della Provvidenza, a Stresa. Il 15 maggio 1829 l’amico cardinale Mauro Cappellari (futuro Gregorio XVI) gli procurò un’udienza con il nuovo papa Pio VIII che lo ricevette e lo confermò nella sua duplice missione di pensatore e di fondatore. Ritornò al Calvario di Domodossola, dove concluse nel 1832 Delle Cinque Piaghe della Santa Chiesa, l’opera più famosa, che sarà pubblicata a Lugano solo nel 1848. Dal 1839 si stabilì a Stresa e continuò la pubblicazione di opere che diverranno oggetto di accuse e dissapori. Ha inizio così quella che presso gli storici va sotto il nome di “questione rosminiana”. Nel 1848, durante la prima guerra d’Indipendenza, il re Carlo Alberto affida ad Antonio una missione diplomatica presso Pio IX in vista di un concordato tra la Chiesa e il Piemonte. Antonio, che condivideva il movimento di liberazione nazionale, individuava nel federalismo il miglior modello possibile per un Paese composito come l’Italia. Il Papa accolse Antonio con affetto e stima, e sei giorni dopo gli preannunciava addirittura il cappello cardinalizio, con l’intenzione di nominarlo Segretario di Stato. Ma nell’autunno cominciarono a scatenarsi intorno ad Antonio invidie personali, diffidenze sulle sue idee politiche, e dubbi sull’ortodossia delle sue ultime pubblicazioni. Pio IX, a seguito dell’avvento della Repubblica Romana, è costretto a lasciare Roma per rifugiarsi a Gaeta. Antonio lo segue, ma anche qui il partito politicamente intransigente e a lui avverso, capeggiato dal cardinale Giacomo Antonelli, Segretario di Stato, si rafforza. Pio IX continua a dimostrarsi ben disposto verso Antonio, rendendosi conto della atmosfera di insincerità in cui si trova immerso, ma presto giunge anch’egli a cambiare parere. Mentre Antonio si trova a Napoli, nel 1849, gli avversari gli infliggono il colpo mortale: le Cinque Piaghe e la Costituzione civile secondo la giustizia sociale vengono messe all’Indice. Antonio, figlio devoto della Chiesa, immediatamente dichiara la propria sottomissione. Ma gli avversari ripartono all’attacco e inducono Pio IX a sottoporre a lungo esame tutte le opere di Antonio. Il 26 aprile 1854 la Commissione dichiara che nulla c’è da censurare, ed il 3 luglio il decreto è di assoluzione piena. Dopo un soggiorno a Rovereto, ha un grave peggioramento di salute, la malattia al fegato che l’aveva accompagnato per tutta la vita, si acutizzò procurandogli mesi di malattia che consumeranno il suo fisico tra dolori senza sosta e con l’elevarsi dello spirito che si affina nella sofferenza. A Stresa, l’amico Alessandro Manzoni, rimasto con lui fino alla fine, consegna il suo testamento spirituale in tre brevi parole: «Adorare, Tacere, Gioire». Morì il 1 luglio 1855, a 58 anni.