a cura di don Riccardo Pecchia
Oggi 17 agosto la chiesa celebra santa Chiara da Montefalco (o Chiara della Croce), nacque a Montefalco (Perugia) nel 1268, da una famiglia tra le più agiate e religiose della cittadina umbra. Fin dall’età di 4 anni mostrò una forte inclinazione all’esercizio della preghiera da trascorrere intere ore immersa nell’orazione, ritirata nei luoghi più riposti della casa paterna. Sin da allora ella ebbe anche una profonda devozione per la Passione di Nostro Signore e la sola vista di un Crocifisso era per lei come un monito di continua mortificazione, a cui si abbandonava volentieri infliggendo al corpo innocente le più dure macerazioni con dolorosi cilici, tanto che sembrava quasi incredibile che una bimba di 6 anni potesse avere non già il pensiero, ma la forza di sopportarne il tormento. Chiara aveva una sorella e un fratello maggiori, Giovanna e Francesco. Giovanna fondò, con l’aiuto economico del padre, l’eremo di San Leonardo. A 6 anni chiese, ed ottenne, il permesso dei genitori di seguire la sorella Giovanna nell’eremo. Nella comunità fondata dalla sorella Chiara poté realizzare il suo desiderio di penitenza e di mortificazione. Dopo una quindicina d’anni, Giovanna decise di trasferire la sua comunità nel nuovo reclusorio di Santa Croce, anche se i lavori di costruzione non fossero ancora ultimati e mancasse una parte del tetto. Nel 1290 Giovanna chiese all’autorità ecclesiastica di poter professare una regola monastica e Gerardo, vescovo di Spoleto, concesse alla comunità di seguire la regola di sant’Agostino. Giovanna mantenne la guida delle sue monache con il titolo di badessa. Morta Giovanna nel 1291, Chiara, all’età di 23 anni, fu eletta badessa, anche se cercò, in ogni modo, di evitare l’incarico di cui si sentiva indegna e che percepiva come un peso. Chiara fu una superiora severa, ma incapace di imporre ad altri doveri che non fosse ella stessa disposta ad assumersi. La fama della santità della sua vita, delle sue virtù taumaturgiche e la fama delle sue visioni profetiche si diffusero tanto rapidamente, che molti erano coloro che esprimevano il desiderio di incontrarla. Fra questi vi furono anche personaggi di grande rilievo nella vita politica e religiosa del tempo. Incontrò il cardinale Pietro Colonna e Niccolò Albertini da Prato e che fu in rapporti epistolari con l’altro cardinale Colonna, Giacomo. Queste, persone di cultura, pare apprezzassero in lei, che pure non aveva studiato (è detta più volte “illicterata”, anche se risulta che era in grado di leggere il breviario e di insegnare a leggere alle sue compagne), la straordinaria capacità di interpretare le Sacre Scritture. Ai tempi di Chiara serpeggiava in Italia l’eresia degli “Spiriti liberi”, che ritenevano l’uomo un essere perfetto, superiore al peccato e alla legge e quindi non bisognoso della grazia. Bentivenga da Gubbio per due giorni tentò di guadagnare alle sue idee anche Chiara, ma essa, tramite suo fratello Giovanni, frate minore, lo fece denunciare alle competenti autorità (prima agli inquisitori locali, poi, allo stesso cardinal legato Napoleone Orsini) e mettere in carcere. Per la fede avrebbe dato la vita. Minata dall’eccessivo rigore della sua vita morì nel monastero della Santa Croce a Montefalco. Morì il 17 agosto 1308, a 40 anni.