a cura di don Riccardo Pecchia
Oggi 2 gennaio: santi Basilio Magno, nacque a Cesarea in Cappadocia (attuale città turca di Kaysery) nel 329, ancora fanciullo venne mandato a Neocesarea sul Ponto dalla nonna santa Macrina che gli impartì un’educazione basata sui principi cristiani. Ebbe come primo maestro suo padre, poi studiò presso la scuola dei grammatici nella natia Cesarea e continuò a gli studi a Costantinopoli e poi ad Atene, la capitale culturale del mondo ellenico; qui fu allievo del sofista pagano Imerio e conobbe l’amico san Gregorio Nazianzeno e Giuliano l’Apostata, futuro imperatore di Roma. Quando tornò a Cesarea, verso il 356, sia suo fratello Gregorio che sua sorella Macrina (anche lei santa) notarono in lui pronunciate tendenze alla mondanità. Essendo la più dotta persona della Cesarea del tempo, Basilio si era affermato come insegnante di retorica e sembrava che godesse in modo molto compiaciuto del prestigio che la posizione gli arrecava. Fu così scosso da questo atteggiamento di autocompiacimento da Macrina la quale con i suoi appelli al buon senso e alla consapevolezza spirituale gli mostrò le limitazioni di una vita presa interamente da occupazioni mondane. Soprattutto per sua influenza, nel 357 Basilio partì per un viaggio nei centri monastici di Egitto, Palestina, Siria, e Mesopotamia per comprendere meglio il loro stile di vita. Quando l’anno seguente tornò a Cesarea, sapeva già cosa fare: spezzando tutti i suoi legami si mise in viaggio verso il Ponto, vicino al Mar Nero e là, sulle rive del fiume Iris, fondò il proprio monastero, qui compilò la Grande Regola, come orientamento, per la vita dei monaci che da lui presero il nome di monaci basiliani. L’influenza dei tempi tuttavia presto interruppe la vita di Basilio nel Ponto. Con l’aiuto dell’Imperatore Valente l’arianesimo stava minacciando la Chiesa di Cappadocia ed era necessaria una forte autorità per fronteggiare l’attacco. Basilio fu persuaso a recarsi a Cesarea prima per assistere il suo vescovo Eusebio e poi a succedergli nella sede dopo la sua morte nel 370, come vescovo di Cesarea in Cappadocia, metropolita ed esarca dell’intera regione del Ponto. Attivo qual era nella lotta contro l’eresia, Basilio era molto attento anche agli altri bisogni della sua diocesi. Appena fuori Cesarea fece costruire una cittadella della carità con locande, ospizi, ospedale e lebbrosario, chiamata Basiliade: questa fu la sua più grande opera, che gli valse il nome di Magno. Dopo l’uccisione dell’imperatore Valente da parte dei Goti nel 378, Teodosio I elevò il cristianesimo a religione di Stato dell’Impero romano, cioè l’unica alla quale venisse riconosciuto diritto di culto pubblico, relegando il paganesimo e il giudaismo a religioni private. Sulla sede episcopale di Costantinopoli, con l’appoggio di Basilio, fu insediato san Gregorio Nazianzeno. Di lì a breve, provato dalle austerità, dalle malattie e sfinito dalle preoccupazioni, morì il 1 gennaio 379.
2 gennaio: San Gregorio Nazianzeno, nacque ad Arianzo nei pressi di Nazianzo (attuale Güzelyurt in Cappadocia), Il padre, che era ebreo della setta degli Hypsistiani, fu convertito dalla moglie al cristianesimo e divenne vescovo di Nazianzo. Il fratello san Cesario fu dottore presso la corte dell’imperatore Giuliano e governatore di Bitinia. Gregorio, nato qualche anno dopo il concilio di Nicea nel quale si condannò l’eresia ariana, fu fortemente condizionato per tutta la vita dalle lotte che si scatenarono attorno alla definizione della vera natura della Trinità. Studiò prima a Cesarea in Cappadocia, dove conobbe e divenne amico di san Basilio, poi a Cesarea marittima e ad Alessandria presso il Didaskaleion (la scuola catechetica di Alessandria), infine ad Atene, sotto Imerio; qui conobbe il futuro imperatore Giuliano l’Apostata. Raggiunse poi l’amico Basilio nel monastero di Annisoi, nel Ponto. Ma abbandonò presto questa esperienza per tornare a casa, dove sperava di condurre una vita ancora più ritirata e contemplativa. Nel 361 fu ordinato sacerdote suo malgrado, dal padre, vescovo di Nazianzo. Dapprima reagì fuggendo, ma poi accettò di buon grado la decisione paterna. Nel 372 l’amico Basilio, allora vescovo di Cesarea, costretto dalla politica ariana dell’Imperatore Flavio Valente a moltiplicare il numero delle diocesi sotto la sua giurisdizione per sottrarle all’influenza ariana, lo nominò vescovo di Sasima. Gregorio non raggiunse mai la sua sede vescovile in quanto solo con le armi in pugno sarebbe potuto entrarvi. Morto il padre, tornò a Nazianzo, dove diresse la comunità cristiana. Nel 379, salito al trono Teodosio I, Gregorio fu chiamato a dirigere la piccola comunità cristiana che a Costantinopoli era rimasta fedele a Nicea. Nella capitale dei cristiani di Oriente pronunciò i cinque discorsi che gli meritarono l’appellativo di “Teologo”. Fu lui stesso a precisare che la “teologia” non è “tecnologia”, essa non è un’argomentazione umana, ma nasce da una vita di preghiera e da un dialogo assiduo con il Signore. Nel 380 Teodosio lo insediò vescovo di Costantinopoli e lo fece riconoscere come tale dal II Concilio Ecumenico nel maggio del 381. Nell’autunno del 382 divenne vescovo di Nazianzo per poi, dopo un anno, ritirarsi in solitudine ad Arianzo, dove morì nel 390 .
2 gennaio: san Giovanni Buono, nacque a Recco o a Camogli (Genova), da una nobile famiglia. Ancora bambino sarebbe stato condotto a Milano, dove affrontò gli studi ecclesiastici e venne incardinato nella Chiesa milanese. Dal 573 i vescovi di Milano risiedevano in esilio volontario a Genova a causa delle persecuzioni di matrice ariana. Nel frattempo, dopo quasi 80 anni di esilio forzato, Rotari re longobardo, conquistò nel 641 la Liguria fino a Ventimiglia, il vescovo Forte, arcivescovo di Milano, fuggì probabilmente dalla città e si rifugiò presso il Papa, rinunciando al proprio incarico ed affidando l’amministrazione della diocesi a Giovanni. Rotari si accordò con il clero ambrosiano circa il ritorno del loro vescovo alla sua sede naturale. Fu così che Giovanni, ormai apprezzato da tutti per le sue doti umane e per la sua intelligenza, all’incirca nel 641 fu acclamato 36° vescovo di Milano, primo a sedere nuovamente nella ripristinata sede episcopale della città lombarda. La sua umiltà e la sua generosità divennero quasi proverbiali fra il gregge affidato alle sue cure pastorali, che presto iniziò a soprannominarlo semplicemente ed affettuosamente Giovanni “il Buono”. Morì a Milano, nel 651, dopo almeno una decina d’anni di episcopato.