Oggi 20 maggio si celebra san Bernardino da Siena (al secolo Bernardino degli Albizzeschi), nacque a Massa Marittima (Grosseto) il 8 settembre 1380, da una nobile famiglia di origine senese. Rimasto, a soli 6 anni, orfano di entrambi i genitori, fu allevato dagli zii paterni e acquistò una buona formazione classica, filosofica, giuridica e teologica. Licenziato in diritto canonico, aderì alla Compagnia dei Disciplinati dedicandosi alla cura degli appestati nell’ospedale di Nostra Signora della Scala; pensava
anche di entrare fra gli Eremitani di Sant’Agostino, a 22 anni, l’8 settembre 1402, entrò nell’Ordine dei Frati Minori del convento di San Francesco a Siena; all’inizio del noviziato distribuì i suoi beni ai poveri e nel 1404 fu ordinato sacerdote. Iniziò un’intensa attività come predicatore girando e predicando con forbito linguaggio per tutta l’Italia settentrionale. La sua predicazione fu così incisiva da essere da stimolo di rinnovamento per la Chiesa e per il movimento francescano. Nelle sue prediche insisteva sulla devozione al Santissimo Nome di Gesù. Si ritiene che grazie a lui il cristogramma JHS (Jesus Hominum Salvator, Gesù Salvatore degli uomini) sia entrato nell’uso iconografico comune e sia divenuto familiare alla gente. Infatti, ai fedeli che ascoltavano le sue prediche venivano fatte baciare delle tavolette di legno incise con il monogramma JHS sormontato da una croce e accerchiato da un sole d’oro. Nel 1425 predicò tutti i giorni per sette settimane nella città di Siena. Gli ambienti degli usurai e quello delle case da gioco gli si dimostrarono particolarmente ostili, tanto da far intentare contro di lui un processo per eresia sostenuto a Roma nel 1427, dalla Santa Inquisizione. Fu completamente assolto dall’accusa d’eresia, ebbe anche l’autorizzazione di usare il trigramma e di riprendere la sua predicazione, sulla scia dell’entusiasmo che anche a Roma suscitò il fascino della sua parola e della sua personalità, che il pontefice fu talmente colpito dalle sue prediche da volerlo nominare Predicatore della Casa Pontificia, ma Bernardino rifiutò per umiltà. Bernardino andò da papa Martino V, il 4 luglio 1427, che lo nominò vescovo di Siena, ma egli rifiutò. A più riprese rifiutò la carica di vescovo, per dedicarsi appieno alla sua vocazione di predicatore e missionario: nel 1427 per la città di Siena, nel 1428 per quella di Viterbo, nel 1431 per quella di Ferrara e nel 1435 per quella di Urbino. Nel 1437 divenne vicario generale dell’Ordine degli Osservanti. Il 22 luglio 1438 veniva nominato ministro generale di tutti i francescani italiani. In realtà Bernardino sentiva pesante la sua carica, anche, e, forse, soprattutto perché le numerose incombenze ch’essa comportava gli sottraevano del tempo che egli voleva dedicare a quello che sentiva, il suo dovere più alto, quello della predicazione alle folle. Nel 1444, pur essendo molto malato partì per il suo ultimo giro di predicazione, su invito del vescovo, si recò a L’Aquila, anche per tentare di riconciliare due fazioni che in città si affrontavano apertamente, ma fu costretto ad arrestarsi all’Aquila, nel convento di San Francesco, per un malore. Morì il 20 maggio 1444.
20 maggio: santa Lidia di Thyatira, è un personaggio che negli Atti degli Apostoli occupa un breve spazio (16,11-15), san Luca la descritta come una figura esemplare di donna cristiana, che vive da protagonista un momento dell’evangelizzazione. Siamo a Filippi di Macedonia, la prima tappa dell’apostolo Paolo in terra europea. Vi è giunto dall’Asia Minore (oggi Turchia) con Timoteo, Luca e Sila. Cerca la sinagoga per annunciare il Vangelo prima di tutto agli ebrei, come sempre. Ma questi sono pochi, nella cittadina già molto romanizzata; non hanno la sinagoga e al sabato pregano in riva a un fiumicello. Anche Paolo va al fiume, ma vi trova soltanto donne. E alle donne si rivolge tranquillo, come racconta Luca negli Atti: «Sedutici, rivolgemmo la parola alle donne là riunite». Ed ecco venire in primo piano lei. Lei sola: «Una donna di nome Lidia». Non sappiamo se questo sia il nome suo, oppure se indichi la sua origine. Lei infatti proviene dalla città di Thyatira nella Lidia, che è una regione dell’Asia Minore. E ha una posizione speciale, quale proprietaria di un’azienda non certo da poco, perché ciò che lei commercia è la costosissima porpora. Roba da gente che se lo può permettere. Paolo e i suoi amici finiscono di parlare, e solo Lidia si fa avanti a parlare, a fare domande. Lei non è ebrea di nascita. Viene dal paganesimo e poi l’ha attratta la fede di Israele; ora è una “credente in Dio”. Ora è avvenuta in Lidia una trasformazione che gli Atti descrivono sobriamente così: «Il Signore le aprì il cuore per aderire alle parole di Paolo». Lidia si fa cristiana, insomma. Nella sostanza e nella forma, perché chiede e riceve il battesimo; insieme alla sua famiglia, nella quale è evidente che comanda lei. Poi invita Paolo, Timoteo, Luca e Sila a essere ospiti in casa sua. E ci dev’essere un pò d’imbarazzo in loro: abitare in casa di una donna. Per Lydia l’unica cosa che conta è il Vangelo. Infatti diede ospitalità agli Apostoli, quasi costringendoli. E allora la cristiana Lidia li batte in logica e in franchezza con un ragionamento inattaccabile: «Se avete giudicato che io sia fedele al Signore, venite ad abitare nella mia casa». Confessa Luca: «Ci costrinse ad accettare». Per Luca, Lidia è una donna che si caratterizza per le sue fondamentali virtù: fede e ospitalità.
20 maggio: beata Colomba da Rieti (al secolo Angelella Colomba Guadagnoli), nacque a Rieti il 2 febbraio 1467, da una famiglia di commercianti di tessuti. Si racconta che durante il suo battesimo una misteriosa colomba si avvicinò al fonte battesimale e, si posò sulla bambina, per questo fu soprannominata Colomba. Visse infanzia e adolescenza con grande spirito di pietà e di penitenza. All’età di 12 anni, i genitori l’avevano promessa in sposa, ma lei si ribellò. Nel 1486, a 19 anni, entrò a far parte del Terz’Ordine di San Domenico, scontrandosi con l’opposizione della famiglia, e iniziò una vita di ancor più intensa consacrazione a Dio, che la portò a lasciare Rieti e a dirigersi con viaggio avventuroso a Perugia, dove giunse il 17 settembre 1488, accolta con festa dalla popolazione, dove fondò un monastero domenicano che fu chiamato delle Colombe, dalle fanciulle nobili che fuggivano dalle famiglie per abbracciare la vita domenicana. Fu ricevuta con rispetto da papa Alessandro VI Borgia, giunto in visita a Perugia nel giugno 1495, la incontrò nella chiesa di San Domenico nuovo, Colomba dinanzi a lui andò in estasi e s’aggrappò al manto papale, creando disagio al pontefice cui disse parole profetiche per le imminenti avversità nella sua famiglia. Ebbe doni mistici notevoli (estasi, profezie, miracoli). Morì a Perugia il 20 maggio 1501, a 34 anni.