a cura di don Riccardo Pecchia
Oggi 22 gennaio la chiesa celebra san Vincenzo Pallotti, nacque a Roma il 21 aprile 1795. Studiò prima presso la scuola di San Pantaleo e successivamente al Collegio Romano e all’Archiginnasio. Sin da giovane mostrò amore per la preghiera, la disciplina, il digiuno e la dura penitenza. Nel 1818 fu ordinato sacerdote e, pur appartenendo al clero secolare, si iscrisse a tre ordini religiosi, come terziario domenicano, minimo e francescano. Influenzato dall’esempio dei genitori nella pratica della fede e nella profonda devozione, i primi anni di sacerdozio furono caratterizzati dalla preghiera e dalla carità secondo il motto paolino: Charitas Christi urget nos. Nel 1818 fondò una Lega Antidemoniaca, allo scopo di distruggere oggetti considerati dalla Chiesa cattolica “scandalosi e disonesti”; si impegnò per diffusione della devozione al “Preziosissimo Sangue”, divulgata da san Gaspare del Bufalo e da Vincenzo abbracciata fin dal 1817; animò circoli di dogmatica, scolastica e luoghi teologici presso l’Accademia di Teologia per i giovani studenti, sollecitato da monsignor Cristaldi, rettore dell’Archiginnasio; dispose le scuole notturne, recandosi presso le piazze cittadine per predicare ed al termine, insieme ai fedeli radunati, entrava in vicine chiese od oratori per proseguire nella preghiera comune; prestò servizio nell’ufficio della confessione presso diverse parrocchie; istituì l’“Adunanza di Maria Santissima Assunta”, il “Ritiro dei divoti di Maria a Gianicolo”, esercizi spirituali dedicati a persone appartenenti all’aristocrazia o alla borghesia; dal 1827 come direttore spirituale del Seminario Romano e, nel 1833, del Pontificio Collegio Urbano di Propaganda Fide. Per dare concreta attuazione alla sua visione di restaurazione cattolica, Vincenzo concepì l’“Unione dell’Apostolato Cattolico” da realizzarsi con il sostegno dei laici, ciascuno secondo le proprie disponibilità o capacità, nell’associarsi alla missione sacerdotale del clero: in tal senso cercò di stabilire un rapporto profondo con i giovani. Egli chiamò uomini e donne di ogni condizione e stato, dai nobili ai commercianti, dai professionisti agli operai, poiché era convinto che tutti potessero essere apostoli. Il primo riconoscimento giuridico della Pia Unione Apostolato Cattolico è del 1835, da parte del cardinal vicario Carlo Odescalchi e la benedizione apostolica di Gregorio XVI. L’attività esterna della Società non fu mai limitata ad un particolare campo della fede, la sua fisionomia caratteristica consisteva proprio nell’universalità di opere e di membri; essa era concepita capace di adattarsi ai bisogni dei luoghi e dei tempi. Nel 1846, durante un periodo di riposo a Camaldoli, reso necessario per il riacutizzarsi dell’emottisi, Vincenzo organizzò la disciplina della Società, basata fino ad allora in “pie prassi”, e ne redasse la regola in un compendio di 33 punti, in omaggio al numero degli anni di Cristo e come monito alla sua imitazione; il vincolo che doveva tenere insieme tutti i membri era quello derivante dall’«atto formale di perfetta consacrazione di tutto se stesso a Dio e di perfetto distacco del cuore dal mondo, per vivere nella congregazione nella perfetta osservanza delle regole secondo lo spirito della medesima»; sebbene alla consacrazione si giungesse dopo l’esperimento di due o più anni di noviziato, non era previsto nessun voto, poiché Vincenzo tendeva a preferire alle “ragioni della legge”, quelle della fede. Vincenzo morì a Roma il 22 gennaio 1850, dopo una breve agonia, recitando le parole del salmo: «In Te Domine speravi; non confundar in aeternum».
22 gennaio: santa Caterina Volpicelli, nacque a Napoli il 21 gennaio 1839, da una famiglia dell’alta borghesia napoletana e di profonda fede cristiana. Dopo un’adolescenza trascorsa nell’amore per il teatro, la musica, lo studio delle lettere, in seguito a una forte crisi esistenziale cominciò a prendere coscienza di essere chiamata alla vita religiosa. Nel Reale Educandato di San Marcellino, sotto la guida sapiente di Margherita Salatino (futura fondatrice, con san Ludovico da Caloria, delle Suore Francescane Elisabettiane Bigie), apprese le lettere, le lingue e la musica, cosa non frequente per una donna del suo tempo. Guidata poi dal suo confessore, il barnabita padre Leonardo Matera, il 28 maggio 1859 Caterina entrò tra le Adoratrici perpetue di Gesù Sacramentato, uscendone però ben presto, per gravi motivi di salute. Ella dapprima ritenne che la sua vocazione fosse per la vita contemplativa, di cui fece esperienza, ma che dovette abbandonare per la sua gracile salute. Soprattutto padre Ludovico da Casoria l’aiutò a discernere che era chiamata a vivere i consigli evangelici restando in mezzo alla società. Si dedicò allora con alcune collaboratrici alla diffusione dell’Apostolato della Preghiera. Tramite padre Henri Ramière Caterina venne a contatto con una fondazione francese che si proponeva le sue stesse finalità. L’istituzione francese era aggregata alla nascente Congregazione dei Missionari del Sacro Cuore di Gesù di Jean Jules Chevalier. Era denominata “Terz’ordine del Sacro Cuore” ed era guidata da Louise-Thérèse de Montaignac. L’arcivescovo di Napoli, Sisto Riario Sforza, avendo compreso che la nascente fondazione napoletana aveva una propria originalità nei confronti di quella della de Montaignac stabilì che le due istituzioni si separassero. Con le prime zelatrici, il 1 luglio 1874 Caterina fonda il nuovo Istituto delle «Ancelle del Sacro Cuore», approvato in primo tempo dal Cardinale Arcivescovo di Napoli, il Servo di Dio Sisto Riario Sforza, e in seguito, il 13 giugno 1890, da Papa Leone XIII, che accorda alla nuova Famiglia religiosa il «Decreto di lode». Premurosa delle sorti della gioventù, aprì poi l’orfanatrofio delle «Margherite», fondò una biblioteca circolante e istituì l’Associazione delle Figlie di Maria, con la saggia guida della Venerabile Maria Rosa Carafa Traetto. In breve tempo aprì altre case: a Napoli nel Palazzo Sansevero e poi presso la Chiesa della Sapienza, a Ponticelli, dove le Ancelle si distinsero nell’assistenza alle vittime del colera del 1884, a Minturno, a Meta di Sorrento e a Roma. La partecipazione di Caterina al Primo Congresso Eucaristico Nazionale celebratosi a Napoli dal 19-22 novembre 1891, fu l’atto culminante dell’apostolato della fondatrice delle Ancelle del Sacro Cuore; in quell’occasione allestì una ricca esposizione di arredi sacri, destinati alle chiese povere, organizzò l’adorazione Eucaristica nella cattedrale e fu l’animatrice di quel gran movimento di anime che sfociò nell’impressionante «Confessione e Comunione generale». Caterina morì a Napoli il 28 dicembre 1894.
22 gennaio: san Vincenzo di Saragozza, nacque a Saragozza (Spagna) intorno alla seconda metà del 200, secondo la tradizione più attendibile, egli nacque a Huesca. Figlio del console Eutichio e della matrona Enola, Vincenzo ricevette un’educazione adeguata al suo stato di nobiltà. Fu affidato dal padre a Valerio, il vescovo di Saragozza, perché provvedesse alla sua istruzione nelle discipline letterarie, scientifiche e alla formazione spirituale. Vincenzo rispose pienamente agli insegnamenti del suo maestro tanto da conquistare la fiducia del vescovo Valerio che lo nominò arcidiacono e gli affidò il compito di predicare in sua vece, nonostante fosse ancora molto giovane, la parola del Vangelo essendo egli impedito dall’età avanzata e dalla difficoltà di parola per la balbuzie. Appoggiata dagli imperatori Diocleziano e Massimiano, nell’anno 303 infuriava allora la persecuzione contro i cristiani. Tra i persecutori si distinse Daciano, governatore della Spagna, il quale ordinò che il clero e tutti i cristiani fossero arrestati e rinchiusi in prigioni. In questo clima di terrore, il vescovo Valerio e il diacono Vincenzo continuavano ad annunciare il Vangelo. Una leggenda agiografica racconta che il prefetto Daciano ordinò l’arresto di Valerio e di Vincenzo. Successivamente egli comprese che il vero nemico da combattere non era il vescovo Valerio, ma il diacono Vincenzo. Mandò, così, il vescovo in esilio a Valencia, dove Daciano aveva il tribunale, e indirizzò tutto il suo accanimento persecutorio sul giovane Vincenzo. Entrambi ricevettero frustate. Vincenzo, che oltre ad essere un grande oratore era anche un uomo che non si piegava facilmente. Ciò fece arrabbiare Daciano che vide minati la sua autorità e il suo prestigio. Quando furono portati al suo cospetto, si meravigliò di trovarli ancora in buone condizioni fisiche. Valerio e Vincenzo continuarono a testimoniare la loro fede. Daciano lasciò in esilio il vescovo e fece sottoporre Vincenzo al supplizio del cavalletto: strumento di tortura che lussava le ossa del corpo. Vincenzo sopportava la tortura rivolgendo al cielo i suoi occhi in preghiera. Daciano, pensando che la tortura fosse delicata, ordinò ai suoi fedeli di forare il corpo di Vincenzo con gli uncini di ferro, ancora alle torture del fuoco della graticola e delle lamine infuocate. Vincenzo sopportava le torture con impassibilità. Daciano, sempre più arrabbiato per la resistenza di Vincenzo, ordinò di sospendere quelle torture e di condurre Vincenzo in una oscura prigione legato in catene. Il suo letto era un giaciglio pieno di cocci taglienti di vasi che gli rinnovavano le piaghe e i dolori nel corpo. Ai piedi aveva pesanti ceppi. Ecco il miracolo: le catene si spezzarono, i cocci si trasformarono in petali di rosa, una brillante luce celestiale illuminò la buia prigione per cui Vincenzo si alzò e, passeggiando, si mise a cantare. Il carceriere di Vincenzo, profondamente confuso, si convertì e ricevette poco dopo il battesimo. La notizia della conversione del carceriere fece di più arrabbiare Daciano, che tentò di convincere Vincenzo non più con le torture, ma con le lusinghe. Le lusinghe di Daciano fallirono tutte. Reso forte dalla fede in Cristo, Vincenzo morì il 22 gennaio del 304; protettore degli orfani, delle vedove e dei poveri.
22 gennaio: beata Laura Vicuña (Laura del Carmen Vicuña Pino), nacque a Santiago del Cile (Cile) il 5 aprile 1891, nasce da José Domingo, un militare in carriera di nobile famiglia, e Mercedes Pino, una sarta di umili origini. Quando in Cile scoppia la guerra civile, un parente di José Domingo, Claudio Vicuña, prova a partecipare alle elezioni come successore del presidente José Manuel Balmaceda, ma fallendo nell’intento i suoi avversari politici cominciano a perseguitare l’intera famiglia Vicuña. Josè Domingo con la moglie e le due figlie Laura e Giulia Amanda è costretto a fuggire verso il sud del Paese nel 1897. Tre anni dopo José Domingo Vicuña muore, lasciando la moglie in difficoltà economiche. La donna decide allora di trasferirsi con le figlie in Argentina. Madre e figlie arrivano nel paesino di Neuquén e la donna trova lavoro presso la tenuta di Manuel Mora, un ricco imprenditore agricolo. Mercedes accetta di diventare la sua amante e Manuel Mora acconsente a provvedere all’educazione delle figlie: Laura è mandata a studiare in un collegio delle Figlie di Maria Ausiliatrice, a Junín de los Andes, il ramo femminile dei Salesiani fondati da san Giovanni Bosco, dove si trova subito a proprio agio nell’ambiente salesiano. Nel 1901 fece la Prima Comunione e formulò i propositi di amare Dio con tutta se stessa; di mortificarsi e morire pur di non peccare; di far conoscere Gesù e ripararne le offese. Dopo aver intuito che la madre viveva in una situazione di peccato, si offrì al Signore per la sua conversione. Nel 1902 Laura con il consenso del confessore, abbracciò con voto privato i consigli evangelici. Non può infatti essere ammessa come postulante delle Figlie di Maria Ausiliatrice a causa della condotta della madre, considerata dalla Chiesa cattolica in condizione di peccato mortale. Laura soffre molto per la presenza di Manuel Mora nella vita della madre e nella sua. L’uomo tenta di abusare spesso di Laura, ma lei riesce a gestire i suoi propositi violenti. Tuttavia Manuel Mora non può sopportare l’ostinazione di Laura a reagire contro di lui e per vendicarsi si rifiuta di continuare a pagare la retta del collegio. Laura e la sorella vengono comunque riaccolte a scuola dalla direttrice per via della loro difficile situazione familiare. Per problemi di salute, nel 1903, lascia il collegio e va a vivere in un appartamento a Junín de Los Andes (Argentina), assistita dalla madre. Morì il 22 gennaio 1904, all’età di 12 anni e mezzo; protettrice delle vittime di incesti e abusi sessuali.
22 gennaio: beato Guglielmo Giuseppe Chaminade, nacque a Périgueux (Francia) il 8 aprile 1761, a 14 anni il giovane Guglielmo emise i voti privati di castità, obbedienza e povertà e due anni dopo, col fratello Louis Xavier, vestì l’abito ecclesiastico intraprendendo gli studi di teologia. Nel 1785, a 24 anni, viene ordinato sacerdote. Nel 1790 è a Bordeaux mentre infuria la persecuzione contro la Chiesa degli “uomini della rivoluzione” e quando i preti che non avevano voluto aderire con giuramento alla Costituzione Civile del clero furono espulsi dalla Francia, Guglielmo si rifiutò di prestare giuramento alla costituzione civile del clero, imposta dall’Assemblea nazionale costituente, ed esercitò clandestinamente il sacerdozio a Bordeaux fino al colpo di Stato del 4 settembre 1797, che aveva destituito il governo moderato reo di aver abrogato le leggi contro i preti refrattari. Molte volte rischiò la vita e fu sul punto di essere catturato dai rivoluzionari che cercavano per tutta la città il “pretaccio Chaminade”. Nel 1797 venne arrestato e condannato all’esilio. Per l’intensa devozione che lo legava alla Madonna, decise di trasferirsi a Saragozza presso il famoso santuario di Nostra Signora del Pilar, dove la Madre di Gesù, ancora in vita, sarebbe apparsa all’apostolo Giacomo per incoraggiarlo nella sua difficile missione tra i pagani. Per sbarcare il lunario Guglielmo modellava statuette e il resto del tempo lo passava in preghiera, inginocchiato davanti all’immagine miracolosa della Vergine del Pilar. Tornato in patria, nel 1800 si stabilì a Bordeaux dove, nel 1816, fondò con Adèle de Batz de Trenquelléon le Figlie di Maria Immacolata, istituto religioso femminile dedito all’insegnamento, e l’anno successivo la Congregazione della Società di Maria (marianisti). Traendo ispirazione dalle parole di Maria ai servitori di Cana «Fate quello che vi dirà», questa famiglia religiosa è aperta a tutti i mezzi di evangelizzazione, secondo le necessità dei tempi e dei luoghi in cui la Provvidenza li chiama. L’educazione della gioventù è al centro delle attività marianiste in Italia e nel mondo, con scuole di ogni ordine e grado, università e collegi recanti tutti il contrassegno della caratteristica “M” sormontata da una croce. Morì a Bordeaux il 22 gennaio 1850, a 89 anni.