Oggi 28 maggio la chiesa celebra l’ Ascensione di Gesù, con la solennità dell’Ascensione di Gesù al termina la missione di Cristo, la sua venuta fra noi in carne umana per operare la salvezza. Era necessario che, dopo la sua Risurrezione, Cristo continuasse per un periodo di tempo a essere presente fra noi, per manifestare la sua nuova vita e completare la formazione dei discepoli. Ma questa presenza è terminata il giorno dell’Ascensione. Tuttavia, anche se Gesù è ritornato in cielo con il Padre, rimane tra noi in vari modi, e soprattutto in modo sacramentale, nella Sacra Eucaristia. L’Ascensione ci fa conoscere la nuova situazione di Gesù: è asceso al trono del Padre per condividerlo, non solo come Figlio eterno di Dio, ma anche in quanto vero uomo, vincitore del peccato e della morte. La gloria che aveva ricevuto fisicamente con la Risurrezione si completa ora con la sua pubblica intronizzazione nei cieli come Sovrano della creazione insieme al Padre. Gesù riceve l’omaggio e la lode degli abitanti del cielo. Dato che Cristo è venuto nel mondo per redimerci dal peccato e condurci alla perfetta comunione con Dio, l’Ascensione di Gesù inaugura l’ingresso in cielo dell’umanità. Gesù è il Capo soprannaturale degli uomini, come Adamo lo fu sul piano naturale. Dato che il Capo è in cielo, anche noi, sue membra, abbiamo la possibilità di raggiungerlo. Non solo: Egli è andato a prepararci un posto nella casa del Padre (cfr. Gv 14, 3). Seduto alla destra del Padre, Gesù continua il suo ministero di Mediatore universale della salvezza. «Il Signore regna con la sua umanità nella gloria eterna di Figlio di Dio e intercede incessantemente in nostro favore presso il Padre. Ci manda il suo Spirito e ci dà la speranza di raggiungerlo un giorno, avendoci preparato un posto» (Compendio, 132). Infatti, dieci giorni dopo la sua Ascensione in cielo, Gesù inviò lo Spirito Santo ai discepoli, come aveva promesso. Da allora Gesù manda incessantemente agli uomini lo Spirito Santo, per comunicare loro la potenza vivificante che Egli possiede e riunirli per mezzo della sua Chiesa in modo da formare l’unico popolo di Dio. L’Ascensione ci stimola a vivere con lo sguardo rivolto alla gloria del Cielo, «quae sursum sunt, quaerite» (Col 3, 1), ricordando che «non abbiamo quaggiù una città stabile» (Eb 13, 14), ma sempre con il desiderio di santificare le realtà umane; e ci spinge a vivere di fede, perché sappiamo di essere in compagnia di Gesù, che ci conosce e ci ama dal cielo, e che ci tiene sempre compagnia dal Tabernacolo.
28 maggio: san Germano di Parigi, nacque ad Autun (Francia) nel 496, da una famiglia molto agiata. La famiglia, poiché benestante poté permettersi di farlo studiare ad Avallòn, successivamente andò ad abitare presso un parente, dal nome Scopillone, conducendo una vita da eremita, usanza assai frequente nella Francia del secolo V e VI. Chiamato dal vescovo di Autun, venne ordinato diacono e, tre anni dopo, sacerdote; più tardi fu eletto abate del monastero di San Sinforiano ad Autun, dove portò l’impronta di un forte ascetismo, tanto da suscitare le proteste dei monaci, costretti talvolta alla fame per dar da mangiare ai poveri. Verso il 556, mentre si trovava a Parigi presso il re Chidelberto, venne, in seguito ad una esplicita richiesta da parte di questo, a succedere al vescovo Libano e da allora egli ebbe anche la funzione di “moderatore” presso la famiglia reale, non sempre ascoltato soprattutto in occasione delle accese lotte che segnarono la successione di Clotario. Viene a lui attribuito nella sua prima stesura il rito gallicano in uso in varie parti d’Europa fino alla Riforma dell’XI secolo di Gregorio VII nel IX secolo. Un rito gemello del rito ambrosiano usato a Milano e sopravvissuto con il rito mozarabico in Spagna alla imposizione dell’unico rito romano a tutta l’orbe dipendente dal Papato. Nella sua struttura mantiene un legame liturgico con i riti delle Chiese mediorientali e in particolare quella siriaca. Morì a Parigi il 28 maggio 576, a 80 anni.
28 maggio: Servo di Dio Giacomo Gaglione, nacque a Marcianise (Caserta) il 20 luglio 1896, da una famiglia benestante. Condusse una vita normale fino all’età di 17 anni, si iscrisse al ginnasio di Caserta, per seguire la professione forense del padre, quando nel giugno del 1912 mentre si accingeva a sostenere l’esame per la licenza ginnasiale, le sue aspirazioni furono troncate dall’avanzare irrefrenabile dei primi sintomi della malattia che lo avrebbe portato, tra l’altro, a non poter essere più in grado di camminare, gli fu diagnosticata una poliartrite reumatoide deformante. Inutili le varie cure a cui si sottopose: fanghi bollenti, operazione chirurgica, trazione ortopedica. Sperando inutilmente in una guarigione fisica, ottenne quella spirituale in seguito all’incontro, nel 1919, con padre Pio da Pietralcina, che rafforzò in modo particolare la sua fede, accettando il suo male come fonte di gioia e felicità e, soprattutto, come legame inscindibile con Dio. Divenne figlio spirituale del frate, il quale continuò a guidarlo e ad assisterlo anche con il dono della bilocazione. Nel gennaio del 1921, fu visitato dal medico, poi divenuto santo, Giuseppe Moscati e nell’agosto dello stesso anno si iscrisse all’Ordine Francescano Secolare, facendone professione l’anno seguente, prendendo il nome di Francesco, in venerazione di san Francesco d’Assisi. Nell’agosto del 1929, dopo 17 anni di immobilità, compì il primo dei suoi nove pellegrinaggi a Lourdes, un’esperienza che poi diventò il suo primo libro: “Il pellegrinaggio di un’anima”. Lì fondò “L’Apostolato della Sofferenza”, una «fratellanza spirituale» concepita per convincere i malati che sono i prediletti dal Signore. Si trasferì nel 1943 a Capodrise (Caserta), dove morì in odore di santità. Morì il 28 maggio1 962.