Oggi 3 luglio la chiesa ricorda san Tommaso Didimo, nacque in Galilea nel I secolo a.C., Tommaso, in aramaico, significa “gemello”, e lo stesso significato ha l’appellativo greco, Didimo, con cui l’apostolo viene anche indicato. Era un pescatore, come si deduce dall’episodio della pesca miracolosa nel Vangelo di Giovanni (Gv 21,2), che di lui parla anche in varie altre occasioni, e in particolare per il famoso episodio dell’incredulità (Gv 20, 24-29): «Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Didimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dissero allora gli altri discepoli: “Abbiamo visto il Signore!”. Ma egli disse loro: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò”. Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!”. Poi disse a Tommaso: “Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato, e non essere più incredulo ma credente!”. Rispose Tommaso: “Mio Signore e mio Dio!”. Gesù gli disse: “Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto hanno creduto!”». Secondo una tradizione che risale almeno a Origene, Tommaso evangelizzò la regione dei Parti, cioè la Siria e la Persia: «Quanto agli apostoli e ai discepoli del Salvatore nostro dispersi per tutta la terra, la tradizione riferisce che Tommaso ebbe in sorte la Partia… Tutto questo è riportato testualmente da Origene nel terzo tomo del Commento alla Genesi» (Eusebio di Cesarea, Storia ecclesiastica, III, 1, 1.3). Un’altra tradizione, più tarda, che risale a san Gregorio Nazianzeno, attribuisce a Tommaso l’evangelizzazione dell’India, regione dove avrebbe subito il martirio. Questa tradizione appare accolta anche dagli apocrifi Atti di Tommaso, un testo siriaco della metà del III secolo composto probabilmente a Edessa (attuale Urfa, oggi in Turchia). Secondo questo testo Tommaso giunse fino all’alto corso del fiume Indo, nell’India occidentale, per trasferirsi poi nell’India meridionale, dove morì martire, ucciso a colpi di spada o di lancia, poco lontano da Calamina (odierna Mylapore, India), tra il 68-72 d.C.; patrono degli architetti.
3 luglio: Serva di Dio Antonietta Meo detta Nennolina, nacque a Roma il 15 dicembre 1930, da una famiglia benestante. Conosciuta con il vezzeggiativo di Nennolina. Fin dall’età di 3 anni manifestò un vivo senso dell’amore di Dio, esprimendolo sempre più intensamente con letterine che dettava a sua madre, finché non imparò a scrivere personalmente. A 3 anni, nell’ottobre 1933, viene iscritta all’asilo delle suore a due passi da casa. Era finita un giorno lunga in terra sbattendo il ginocchio su un sasso, nel giardino dell’asilo. Ma il dolore non si decideva a passare. I medici dapprima non comprendono il suo male, poi sarà troppo tardi. Non aveva ancora compiuto 5 anni quando i suoi notano un rigonfiamento al ginocchio sinistro, pensano ad una delle sue solite cadute. Dopo qualche diagnosi e cure sbagliate, la sentenza: osteosarcoma. Il 25 aprile 1936 le viene amputata la gamba. Il colpo fu tremendo, ma più per i genitori che per Antonietta; superato il primo periodo, nonostante l’intervento e le difficoltà provocate dall’apparecchio ortopedico, lei continua la sua vita di sempre: i giochi, la scuola. I suoi genitori, con grande contentezza della bambina, decidono di anticipare la data per farle fare la prima comunione, che riceverà il 29 novembre 1936, e così, alla sera, la mamma inizia a farle un pò di catechismo. Da questo momento Antonietta comincia dapprima a dettare alla mamma e poi a scrivere le sue letterine che ogni sera metterà sotto una statuina di Gesù Bambino ai piedi del suo l3ttino «perché lui di notte venisse a leggerle». A Gesù Antonietta scriverà 105 letterine, altre ne indirizzerà a Maria, a Dio Padre, allo Spirito Santo, una a sant’Agnese e una a santa Teresa del Bambin Gesù. A Gesù chiederà sempre l’aiuto della sua grazia. Il 12 giugno 1937 Antonietta si aggrava. Respira affannosamente. Le viene estratto il liquido dai polmoni. Il 23 si è resa la necessità la resezione di tre costole in anestesia locale, date le sue precarie condizioni generali. Nei giorni che seguirono, con fortezza disarmante continua a sorridere anche alle infermiere che vengono a medicarle la ferita, nonostante che le metastasi avessero ormai invaso e devastato tutto il suo piccolo corpo, nonostante che la massa tumorale le comprimesse il petto al punto da averle provocato lo spostamento del cuore. Morì il 3 luglio 1937, a 7 anni.
3 luglio: beata Maria Anna Mogas Fontcuberta, nacque a Corró d’Avall (Spagna) il 13 gennaio 1827, da una famiglia agiata proprietari terrieri. Fu educata in famiglia ad una solida vita cristiana e frequentò con profitto la scuola elementare. Tutta la serenità della famiglia venne tragicamente colpita dalla morte del padre, avvenuta nel 1834, e poi della madre, nel 1840. Orfana di padre e madre fu presa in tutela dalla zia Maria Mogas che, condottala con se a Barcellona, proseguì l’educazione intellettuale e morale iniziata dai genitori. Maria Anna si sentiva sempre più attratta verso una vita di maggiore perfezione. Nel 1850 fuggì di casa e si unì a un gruppo di cappuccine costrette ad abbandonare il loro monastero a causa della politica ecclesiastica dei governi spagnoli del tempo, sotto la direzione del beato Josep Tous Soler, le donne diedero inizio alla congregazione delle suore Cappuccine della Madre del Divin Pastore. Maria Anna fu la prima superiora generale della congregazione. Su richiesta del vescovo Benito Serra, nel dicembre 1865, Maria Ana giunse a Ciempo¬zuelos, accompagnata da tre consorelle, per farsi carico di un centro destinato ad accogliere ed a rieducare le giovani dedite alla prostituzione. Il passaggio dalla Catalogna alla Castiglia presuppose nella sua vita non solo un profondo cambiamento, ma anche una reimpostazione dei fini costitutivi della Congregazione e della vocazione propria delle sorelle che non coincideva con questa missione, alla quale non si sentivano ne chiamate ne preparate. Per due anni rimase a capo della comunità nel rifugio delle suore delle Convertite a Ciempozuelos. Da questo disaccordo con Benito Serra sorse la congregazione delle Oblate del Santissimo Redentore, che sostituì le sorelle di Maria Anna alla loro partenza da Ciempozuelos per dirigere una delle scuole a Ma¬drid. Alla calma che caratterizzò nei primi tempi il loro soggiorno si succedet-tero però grandi difficoltà. Per Maria Anna e per le sorelle l’educazione della gioventù e la formazione delle bambine venivano prima degli interessi econo¬mici del rettore della scuola. Dopo questa esperienza, Maria Anna decise di fondare un gruppo per proprio conto e non al servizio di progetti altrui. Si consultò con l’arcivescovo sant’Antonio Maria Claret che le consigliò di orientare l’attività dell’Istituto verso la realizza¬zione della sua vocazione e di svolgere la sua missione nei quartieri popolari della città che sono i più bisognosi. Così, nel 1868, Maria Anna aprì un proprio collegio a Madrid. Nel 1871 sorsero dei contrasti intorno alla direzione dell’Istituto, causati dalla distanza e dalla mancanza di una comunica¬zione periodica fra la comunità di Barcellona e di Madrid. Morto padre Tous, per dare maggiore stabilità all’Istituto, Maria Anna lo pose sotto la direzione del cardinale di Toledo, Cirillo Alameda y Brea, ma incontrò l’opposizione di Barcellona che non la riconobbe come superiora. La conseguenza scaturì una rottura fra le due comunità e la formazione di due rami religiosi diversi: le “Francescane Missionarie della Madre del Divin Pastore” con le suore che seguirono Maria Ana e le “Cappuccine della Madre del Divin Pastore” con le religiose di Barcellona. Questa rottura provocò profondo dolore e grandi sofferenze morali e persino fisiche alla fondatrice. Colpita da un primo attacco di apoplessia nel 1878, lo stato fisico di Maria Anna andò deteriorandosi progressivamente. Dopo aver spesa tutta la sua vita in una laboriosa e instancabile attività, tutta dedita alla carità con semplicità, gioia ed austerità nel servizio alle sue sorelle e alla gioventù, giunse alla fine della sua vita nella casa di Fuencarral (Madrid). Morì il 3 luglio 1886.