a cura di don Riccardo Pecchia
Oggi 4 dicembre la chiesa celebra san Giovanni Damasceno (al secolo Mansour Ibn Sarjun), nacque a Damasco (Siria) nel 676 circa, da una illustre famiglia cristiana di razza araba. Fu battezzato in giovane età e studiò filosofia e teologia a Costantinopoli, sotto la guida del monaco Cosma, in giovane età, per le sue doti intellettuali. La famiglia di Giovanni ricopriva alte cariche nel governo della città, retta dal Califfo Yazīd, cioè da un prefetto arabo, di cui Giovanni, giovane colto e brillante, divenne consigliere e amico. Avvenne così che il futuro santo cristiano fosse nominato, dall’amico Califfo, Gran Visir di Damasco. In quegli anni, da Costantinopoli, l’Imperatore Leone Isaurico III, aveva mosso guerra spietata al culto delle sacri immagini, decretò l’iconoclastia, cioè la folle e sacrilega distruzione delle immagini sacre. Giovanni, dietro esortazione del pontefice Gregorio III, ne prese le difese con la parola e con la penna. Ciò eccitò talmente l’odio dell’imperatore, che lo accusò di tradimento al califfo di Damasco. Imitando la scrittura di Giovanni, egli scrisse una lettera nella quale appariva come il Gran Visir fosse pronto a consegnare a tradimento la città di Damasco all’Imperatore; questa lettera fu fatta pervenire al Califfo. Caduto in disgrazia presso il suo protettore, Giovanni viene processato per tradimento e gli viene tagliata la mano destra, affinché fosse costretto a deporre la penna. La mano fatta mozzare dal Califfo, vuole la leggenda, gliela fece ricrescere la Madonna, per la quale Giovanni era devotissimo, volle manifestare l’innocenza del suo fedele servo facendolo trionfare, e gli restituì la mano non lasciando il minimo segno nel luogo del taglio. Giovanni allora, commosso e pieno di gratitudine, compie ciò che da gran tempo aveva stabilito di fare: abbandona il mondo, distribuisce tutte le sue sostanze, dona la libertà ai servi, peregrina per i luoghi santi di Palestina e infine col suo maestro Cosma, si ritira nel monastero di San Saba presso Gerusalemme, dove più tardi fu ordinato sacerdote. Predica e scrive moltissimo, guadagnandosi la fama di “San Tommaso d’Oriente”. Morì il 4 dicembre 749, a 73 anni; patrono dei pittori, monchi e farmacisti.
4 dicembre: santa Barbara, figlia di Dioscuro, un uomo di religione pagana. Il padre di Barbara fece costruire una torre per rinchiudervi la bellissima figlia, per proteggerla dal mondo esterno e dai moltissimi pretendenti. Ella, però, non aveva intenzione di sposarsi, ma di consacrarsi a Dio. Prima di entrare nella torre, non essendo ancora battezzata e volendo ricevere il sacramento della rigenerazione, si recò in una piscina d’acqua vicino alla torre e vi si immerse tre volte dicendo: «Battezzasi Barbara nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo». Per ordine del padre, la torre avrebbe dovuto avere due finestre, ma Barbara ne volle tre in onore della Santissima Trinità. Il padre venuto a conoscenza della professione cristiana della figlia, decise di ucciderla, ma ella, passando miracolosamente fra le pareti della torre, riuscì a fuggire, ma viene vista volare da due pastori, uno dei quali la tradisce rivelando a Dioscuro la sua posizione; maledetto da Barbara, egli viene trasformato in pietra, e il suo gregge di pecore in uno sciame di locuste; riacciuffatala, suo padre la trascina davanti a un magistrato (o prefetto) di nome Marciano. Il prefetto Marciano cercò di convincere Barbara a desistere dal suo proposito; poi, visti inutili i tentativi, ordinò di tormentarla avvolgendole tutto il corpo in panni rozzi e ruvidi, tanto da farla sanguinare in ogni parte. Durante la notte Barbara ebbe una visione, di Cristo che le cura le ferite, e fu completamente risanata. Il giorno seguente il prefetto la sottomise a nuove e più crudeli torture: sulle sue carni nuovamente dilaniate fece porre piastre di ferro rovente. Una certa Giuliana, presente al supplizio, avendo manifestato sentimenti cristiani, venne associata al martirio: le fiamme, accese ai loro fianchi per tormentarle, si spensero quasi subito. Allora Barbara, viene portata ignuda per la città, ma ritornò miracolosamente vestita e sana, nonostante l’ordine di flagellazione. Alla fine, il prefetto la condannò al taglio della testa; fu lo stesso padre, di Barbara, che la conduce in cima ad una montagna e la decapita lui stesso, e insieme con lei subisce il martirio Giuliana; sceso dalla montagna, Dioscuro viene incenerito da un fulmine o da un fuoco venuto dal cielo come punizione per l’omicidio. Barbara e Giuliana vengono quindi seppellite da un uomo di nome Valentino, e presso la loro tomba cominciano ad avvenire guarigioni miracolose; patrona dei vigili del fuoco, invocata contro i fulmini.
4 dicembre: san Bernardo degli Uberti, nacque a Firenze nel 1060 circa, venne al mondo in una delle più illustri famiglie fiorentine dell’epoca, i degli Uberti. Rimase presto orfano di padre e si ritrovò erede del cospicuo patrimonio di famiglia, ma preferì rinunciarvi: decise infatti di abbracciare la vita religiosa, ma in un momento particolarmente delicato per la storia della Chiesa, quello che va dalla morte in esilio a Salerno di papa Gregorio VII al concordato di Worms, quello che vide i momenti di massima tensione tra papato e impero per la lotta per le investiture. Nel 1085, dopo aver avuto una visione, entrò come monaco nell’abbazia di San Salvi della congregazione vallombrosana dell’Ordine di San Benedetto, uno di quelli che stava partecipando più attivamente al grande moto di riforma monastica ed ecclesiastica voluto da papa Gregorio VII: nel 1089 venne eletto abate di San Salvi, poi abate generale della congregazione, nel 1099, distinguendosi sempre per la sua fedeltà alla sede apostolica. Venne innalzato al cardinalato da papa Urbano II nel 1099; il pontefice morì poco dopo la celebrazione del concistoro ed il suo successore, Pasquale II, lo nominò legato pontificio per l’Alta Italia. L’incarico era difficile: la maggioranza delle autorità civili e religiose di quelle regioni, riconosceva la legittimità dell’antipapa Clemente III, sostenuto dall’imperatore Enrico IV. Facevano eccezione la contessa Matilde di Canossa ed il monastero di San Benedetto di Polirone. Essendo vacante la sede episcopale di Parma, in occasione della festa dell’Assunta del 1104, Bernardo si offrì di celebrare gli offici in quella città, ed il cui clero era sempre stato ostile alla riforma gregoriana. Pare che nell’omelia avesse attaccato aspramente l’imperatore, comunque le sue parole suscitarono l’ira delle autorità cittadine che insorsero ed imprigionarono il cardinale, che venne liberato solo grazie alla mediazione di Matilde di Canossa. Ma solo due anni dopo una delegazione di cittadini parmigiani si recò dal pontefice chiedendogli la nomina a vescovo di Bernardo: Pasquale II si recò a Parma nel novembre del 1106 per riconsacrare la cattedrale e consacrare vescovo Bernardo. Concesse anche alla diocesi il privilegio dell’immediata soggezione alla Santa Sede. Negli anni successivi, il cardinale si fece anche mediatore tra il papa ed il nuovo imperatore, Enrico V, che stava seguendo la politica di intransigenza del suo predecessore nella nomina dei vescovi: rifiutò comunque il suo appoggio all’antipapa Gregorio VIII, insediato dall’imperatore. Comunque lo si vide sempre impegnato nelle grandi controversie dell’epoca, come nella lotta per le investiture, che nel 1111 ebbe la sua forma più acuta; partecipò alla conferenza imperiale nella sagrestia di San Pietro, ma poi fu fatto arrestare insieme al papa da Enrico V. La riforma monastica rimase per lui il maggiore impegno e pur essendo vescovo di Parma, continuò a vestire e vivere come monaco, tenendo vita in comune con i monaci, che fin dall’inizio del suo episcopato, volle presso di sé e avendo dovuto rinunciare ad essere abate, rimase sempre legato ai suoi vallombrosani, ottenendo per loro un privilegio di protezione imperiale. Fu coinvolto ancora nella difficile successione del defunto imperatore, appoggiando il candidato del papa Onorio II; alcuni incarichi di fiducia papale, gli procurarono un’altra prigionia e un lungo allontanamento dalla diocesi. Nella scisma del 1130, che vide opposti papa Innocenzo II e l’antipapa Anacleto II, si schierò con tutti i vallombrosani con papa Innocenzo. Morì a Parma il 4 dicembre 1133.
4 dicembre: san Giovanni Calabria , nacque a Verona l’8 ottobre 1873, in una famiglia dove la povertà gli fu maestra di vita fin dalla nascita. Alla morte del papà, dovette interrompere la IV elementare per cercarsi un lavoro come garzone. Accortosi delle virtù del ragazzo, il Rettore di San Lorenzo don Pietro Scapini, lo preparò privatamente agli esami di ammissione al liceo presso il Seminario, che frequentò come esterno, ma dovette interromperlo, a 20 anni, per il servizio militare. E qui il giovane si mise al servizio di tutti, prestandosi agli uffici più umilianti e rischiosi, conquistò l’animo dei suoi commilitoni e dei suoi superiori, portandone parecchi alla conversione e alla pratica della fede. Terminato il servizio militare, riprese nuovamente gli studi. In una fredda notte di novembre del 1897, frequentava il 1° anno di teologia, tornando da una visita agli infermi dell’ospedale, trovò accovacciato sull’uscio di casa un bambino fuggito dagli zingari. Lo raccolse, lo portò in casa, lo tenne con sé e condivise con lui la sua cameretta. Fu l’inizio delle sue opere in favore degli orfani e degli abbandonati. Qualche mese dopo fondò la “Pia Unione per l’assistenza agli ammalati poveri”. Ordinato sacerdote l’11 agosto 1901, fu nominato Vicario Cooperatore nella parrocchia di Santo Stefano e confessore nel Seminario. Si dedicò con particolare zelo alle confessioni e all’esercizio della carità privilegiando soprattutto i più poveri e gli emarginati. Nel 1907, venne incaricato come Vicario della Rettoria di San Benedetto al Monte, intraprese anche l’accoglienza e la cura spirituale dei soldati. Il 26 novembre 1907 diede ufficiale inizio all’Istituto “Casa Buoni Fanciulli”, trovando subito molti collaboratori anche tra i laici. Con questo manipolo di uomini donati totalmente al Signore nel servizio dei poveri fu la base della Congregazione dei Poveri Servi della Divina Provvidenza che verrà approvata dal Vescovo di Verona l’11 febbraio 1932 e otterrà l’Approvazione Pontificia il 25 aprile 1949. Nel 1910 fondò anche il ramo femminile, le “Sorelle” con il nome di “Povere Serve della Divina Provvidenza”. Per coinvolgere anche i laici nel suo progetto, fondò nel 1944 la “Famiglia dei Fratelli Esterni”. Pregò, scrisse, agì e soffrì anche per l’unità dei cristiani. Per questo intrattenne fraterni rapporti con protestanti, ortodossi ed ebrei: scrisse, parlò, amò, mai discusse. Conquistò con l’amore. E questo fu anche il periodo più misteriosamente doloroso della sua vita. Sembrava che il Cristo l’avesse associato all’agonia del Getsemani e del Calvario, accettando la sua offerta di “vittima” per la santificazione della Chiesa e per la salvezza del mondo. Morì il 4 dicembre 1954, a 81 anni