Oggi 9 gennaio: san Marcellino di Ancona, nacque VI secolo, originario dell’Africa, proveniva da una famiglia benestante e che i suoi genitori, ferventi cattolici, lo educarono nel rispetto dei precetti evangelici. Marcellino, fin da bambino nutrì un forte trasporto nei confronti della figura del Cristo, non tanto e non solo in relazione alle sue predicazioni, quanto piuttosto rispetto al modo in cui avvicinava le genti, soprattutto i bambini. Per le eccezionali qualità venne eletto, nel 551, a vescovo d’Ancona, sotto il pontificato di Vigilio I. Il martirologio romano riporta la leggenda, tramandata per iscritto dal papa Gregorio I, secondo cui il vescovo di Ancona salvò la propria città da un incendio: Marcellino aveva la gota ed era obbligato a farsi trasportare dagli servitori. Un giorno che divampò improvvisamente un incendio, gli abitanti non riuscivano più a soffocarlo e la città era ormai minacciata di distruzione completa, disperati i cittadini ricorsero a Marcellino, genuflessi implorarono il di lui aiuto. Spinto a compassione Marcellino, infermo gravemente, si fece condurre alla fonte del calore, tenendo tra le mani il suo Vangelo. Si mise a pregare, raggiungendo uno stato di estasi divina ed improvvisamente le fiamme si abbassarono. Il fuoco si spense. Ancona era salva. La folla si inginocchiò, acclamando il santo. Morì li 9 gennaio 577.
9 gennaio: sant’Adriano di Canterbury, nacque nell’Africa del nord, ma si ignora la data di nascita. In giovane età era abate di Nisida, monastero benedettino nel napoletano. Nel 668, papa san Vitaliano, lo chiamò ad occupare la sede arcivescovile di Canterbury, rimasta vuota dopo la morte ravvicinata di san Deusdedit (Adeodato), e Wighard. Adriano, però, rifiutò consigliando di sostituirlo, piuttosto, con l’amico san Teodoro di Tarso, che si rivelò, poi, uno dei più grandi arcivescovi della sede primaziale inglese. Il pontefice accettò, a patto però che Adriano accettasse di accompagnarlo quale consigliere ed assistente. Nel 670, Teodoro lo nominò abate dell’antico monastero dei Santi Pietro e Paolo, poi reintitolato a Sant’Agostino di Canterbury, che ne era il fondatore. Adriano assiste Teodoro nella missione di riforma e di unificazione delle tradizioni liturgiche inglesi con i riti romani. Grazie alla loro azione congiunta, questo si arricchì di libri e diventò una scuola tra le più significative dell’Inghilterra del tempo, centro vivace di cultura e vivaio di vescovi e di abati. Lui e l’arcivescovo Teodoro giravano per le parrocchie, per le scuole, insegnando musica, occupandosi di poesia e persino di astronomia e soccorrendo i poveri. Materie di insegnamento erano il latino, il greco, il diritto romano, la Sacra Scrittura ed i Padri della Chiesa. Gli studenti provenivano da tutta l’Inghilterra ed anche dalla vicina Irlanda, siccome l’allievo sant’Aldhelm, poi primo vescovo di Sherborne, sostenne che la formazione impartita nel monastero di Canterbury fosse, qualitativamente, migliore di qualsiasi altra proposta in Irlanda. Adriano fu insegnante per ben quarant’anni. Muore presso Canterbury il 9 gennaio 710, e ricevette sepoltura nel monastero.
9 gennaio: serva di Dio Pauline Marie Jaricot, nacque a Lione (Francia) il 22 luglio 1799, figlia di un piccolo industriale della seta, il padre preferì farla battezzare di nascosto da un prete refrattario, piuttosto che dal parroco di Saint Nizier, che aveva giurato sulla Costituzione civile del clero. Fin dalla giovane età, Pauline-Marie sentì molto parlare del lavoro e dell’eroicità dei missionari nelle terre lontane. Da ragazza fece voto di castità nel corpo e nello spirito, abbandonando le ricchezze di famiglia, e vivendo da povera. Nel 1817, in seguito ad una specie di illuminazione avvenuta la domenica delle Palme, crea con altre persone il gruppo delle «Riparatrici del Cuore di Gesù sconosciuto ed offeso». In seguito, apprende dal fratello sacerdote Phileas, che i Preti delle Missioni Estere di Parigi sono in serie difficoltà economiche. Nel 1819 ebbe l’idea di un metodo organizzativo per la propagazione della fede; è lei stessa che lo racconta in una lettera all’abate Girodon nel 1858. Mentre stava vicino al fuoco, meditando come fare per dare vita al suo spirito missionario, le venne chiaro all’improvviso, il piano di Propagazione della Fede; ogni persona del suo cerchio familiare e di amici stretti, avrebbe potuto raccogliere ogni settimana, un soldo da dieci persone, compreso se stesso, fra i dieci scegliere una persona che ispirava maggiore fiducia, che insieme agli altri capogruppo avrebbe fatto capo ad un’altra persona che avrebbe raccolto le loro offerte e a sua volta dieci di questi capogruppo che rappresentavano ognuno cento persone, facevano capo ad un’altra persona che sarebbe stata capo così di mille persone, che raccogliendo il tutto l’avrebbe versato in un centro comune. Una specie del sistema di vendita porta a porta odierno, oppure della cosiddetta “Catena di sant’Antonio”. Il Consiglio della Propagazione della Fede si riunì per la prima volta il 3 maggio 1822, costituito da un gruppo di laici impegnati nell’Opera; che fu approvata da Pio VII nel 1823. La sua grande volontà di iniziative religiose, portò Paolina Jaricot a fondare nel 1826 il “Rosario vivente” e nel 1831 le “Figlie di Maria”, religiose senza uniforme, dedite interamente alle opere fondate; ponendosi così tra i precursori degli Istituti laicali. Così, per raccogliere denaro, Pauline e le sue compagne creano un’associazione strutturata, che nel 1822 assume il nome ufficiale di «Opera della Propagazione della Fede». Questo istituto giocherà un ruolo fondamentale nello sviluppo del movimento missionario francese del XIX secolo. Alla fine del secolo l’Opera sarà presente in tutti i Paesi della cristianità. Fondò nel 1845 l’Opera delle Operaie, attrezzando perfino un’officina, che diventò presto un’opera modello. Gli utili dovevano essere destinati agli operai stessi e alle opere loro destinate, ma la conduzione dell’attività era superiore alle forze di Paolina, che venne anche ingannata da un’affarista e quindi fallì. Come sempre capita quando non sei più all’apice delle situazioni, man mano venne abbandonata da tutti e trovò rifugio solo in Dio, le fu da sostegno e guida il santo curato d’Ars, Giovanni Maria Vianney. Ammalatasi gravemente, intraprende un pellegrinaggio sulla tomba di santa Filomena a Mugnano del Cardinale (Avellino). È l’occasione per incontrare papa Gregorio XVI che approva la sua Opera e le dona la sua benedizione. Morì il 9 gennaio 1862 nella miseria e nell’indifferenza generale.