Oggi 10 marzo si celebra san Simplicio, 47° vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica, nacque a Tivoli e dopo la morte di papa Ilario, fu eletto come suo successore il 3 marzo 468. Durante il suo pontificato, durato 15 anni, cercò di seguire le orme dei suoi predecessori, Leone e Ilaro, nella difesa del Credo calcedonese e nel tentativo di affermare l’autorità della Chiesa romana, ma, soprattutto nei rapporti con la Chiesa orientale, ebbe scarso successo non riuscendo a gestire i tumultuosi e repentini rivolgimenti avvenuti in quel periodo. Gli eventi più significativi degli anni del pontificato di Simplicio furono la caduta dell’Impero d’Occidente e l’inizio di quello che verrà definito lo scisma acaciano. La deposizione di Romolo Augustolo e l’insediamento dell’ariano Odoacre come re d’Italia non ebbero tuttavia conseguenze rilevanti nella vita della Chiesa. Per quanto riguardava gli affari strettamente ecclesiastici Simplicio aveva continuato a godere di piena libertà. Intervenne infatti nelle questioni disciplinari sorte nell’Italia suburbicaria adottando sanzioni severe. La situazione della Chiesa d’Oriente invece sfuggì completamente al controllo di Simplicio nonostante egli si fosse impegnato nel tentativo di guidare gli avvenimenti, come documentano le numerosissime lettere inviate al clero e alla corte di Costantinopoli. Questa era gravemente turbata dalla reviviscenza del monofisismo, l’eresia che sosteneva essere in Cristo unicamente la natura divina. Durante la controversia monofisita, che ancora imperversava nell’Impero Orientale, Simplicio difese l’indipendenza della Chiesa contro il Cesaropapismo degli imperatori Bizantini e l’autorità della Chiesa romana nelle questioni di fede. Il 28° canone del Concilio di Calcedonia, del 451, aveva concesso alla sede di Costantinopoli gli stessi privilegi goduti dal vescovo di Roma, anche se il primato spettava a quest’ultimo. Poiché i legati papali, su ordine del Papa, avevano protestato contro questa elevazione del patriarca bizantino, papa Leone I ne aveva confermato solamente le delibere dogmatiche. Il Patriarca di Costantinopoli cercò comunque di conferire al canone forza di legge e spinse l’imperatore Leone II ad ottenere la sua conferma da parte di Simplicio. Questi, al contrario, respinse la richiesta dell’imperatore e, contrariamente a quanto richiesto, limitò i privilegi dei principali patriarcati Orientali. La ribellione di Basilisco che, nel 476, costrinse all’esilio l’imperatore Zenone e si appropriò del trono bizantino, intensificò la disputa monofisita, permettendo ai loro patriarchi deposti, Timoteo Eluro di Alessandria e Pietro Fullo di Antiochia, di tornare alle loro sedi. Promulgò un editto religioso (Enkyklikon) scritto da Eluro, che imponeva di accettare solamente i primi tre sinodi ecumenici e rifiutava sia il Concilio di Calcedonia che la Lettera di Papa Leone I. Tutti i vescovi avrebbero dovuto sottoscrivere l’editto. Il Patriarca di Costantinopoli Acacio, dal 471, stava quasi per proclamare l’editto, ma la ferma posizione del popolo, influenzato dai monaci che erano cattolici, spinse Acacio ad opporsi all’imperatore e a difendere la fede minacciata. Gli abati ed i presbiteri di Costantinopoli si unirono a papa Simplicio, che fece ogni sforzo per difendere le definizioni del Concilio di Calcedonia. L’Henotikon fu la causa dello scisma acaciano, che durò fino al 519, quando l’imperatore d’oriente Giustino I decise di abrogarlo. L’Henotikon, o editto di unione, con cui Zenone e Acacio, in accordo con Pietro Mongo, emanavano una formula di fede di indubbio compromesso; questa, anche se assumeva una posizione formalmente ortodossa, di fatto finiva per scontentare, per eccessiva genericità, entrambi i partiti. Simplicio morì il 10 marzo 483, senza essere giunto a conoscenza della promulgazione dell’Henotikon.
10 marzo: san Macario di Gerusalemme, sono ignote le notizie riguardanti la sua famiglia, il luogo di origine e buona parte della sua vita. Nell’anno 70, dopo aver schiacciato un’insurrezione antiromana, il futuro imperatore Tito aveva distrutto il Tempio di Gerusalemme. Nel 135 la città è stata rasa al suolo, perdendo anche il nome. Macario vive come vescovo un momento importantissimo. Dopo l’ultima persecuzione anticristiana, ordinata e poi disdetta dall’imperatore Galerio, i suoi successori, Costantino e Licinio, danno ai cristiani piena libertà di praticare la loro fede, di celebrare il culto, di costruire chiese. È la cosiddetta “pace costantiniana” estesa a tutto l’Impero, e dunque anche a Gerusalemme, dove Macario si mette al lavoro. L’imperatore Costantino, alla fine del Concilio di Nicea, chiese a Macario di cercare i siti della Resurrezione e della Passione e la Vera Croce. L’enorme quantità di pietre sopra il tempio di Venere, che al tempo di Adriano si era accumulato nel tempo sopra il Santo Sepolcro, fu demolito, scrisse lo storico bizantino Teofano detto il Confessore: «quando la superficie originale del terreno apparve immediatamente, al contrario di ogni aspettativa, il monumento sacro della Resurrezione del nostro Salvatore fu scoperto». Nell’apprendere la notizia Costantino scrisse a Macario una lunga lettera per ordinare l’erezione di una sontuosa chiesa sul luogo: si dava avvio così alla prima costruzione cristiana della Basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme. Qui si recherà in pellegrinaggio anche santa Elena, la madre di Costantino. Negli stessi anni c’è nel mondo cristiano un’aspra divisione sulla natura di Gesù Cristo. Macario, da Gerusalemme, si oppone subito alla dottrina ariana, e interviene poi nel maggio del 325 al Concilio celebrato a Nicea (presso Costantinopoli), dove viene confermata la dottrina tradizionale. Si ritiene anzi che il Macario sia stato uno degli autori del Credo che ancora oggi pronunciamo nella Messa.
10 marzo: san Giovanni Ogilvie, nacque a Drum-na-Keith (Scozia) nel 1570, da famiglia di fede calvinista. Nel 1592, all’età di 13 anni, Giovanni fu mandato dal padre in Europa per completare la sua formazione: visitò l’Italia, la Francia e la Germania e vi trovò le stesse tensioni religiose che aveva lasciato in patria, con la differenza che, almeno in Francia, le opinioni differenti erano discusse in pubblico tra persone di pari cultura. L’ambiente intellettuale aperto fece sì che il giovane potesse affrontare approfonditamente il problema discutendone con intellettuali e persone colte. Dopo un periodo iniziale di confusione, si concentrò in modo particolare su questioni che riguardavano la diffusione universale della Chiesa cattolica, la sua unità di fede, la santità, i miracoli che confermavano le sue affermazioni, i suoi teologi e, soprattutto, i suoi martiri. Nel corso del 1596 Giovanni frequentò il collegio scozzese di Lovanio (Belgio) e chiese di essere accettato nella Chiesa cattolica: venne istruito nella dottrina cristiana dal gesuita Cornelio, il famoso scrittore, rimanendo a Lovanio per due anni fino a che, a causa di una crisi finanziaria, il collegio non dovette chiudere. Nel 1598 trascorse sei mesi nel monastero benedettino di San Giacomo a Regensburg, che poi lasciò nello stesso anno per entrare nella Compagnia di Gesù a Olomouc (Repubblica Ceca). Nel novembre 1599 iniziò il suo noviziato nella Compagnia a Brunn, in Boemia, rimanendo in Austria fino al 1610, secondo l’abituale corso degli studi e del noviziato presso i gesuiti. Terminati gli studi in teologia, fu ordinato sacerdote a Parigi nel 1610 e destinato a Rouen. Il suo desiderio, però, sin dai tempi di Lovanio, era quello di ritornare nella sua patria, la Scozia, per lavorare nelle missioni cattoliche; bisogna ricordare che in tutta la Gran Bretagna era in corso la persecuzione anticattolica, attuata nel periodo della Riforma anglicana e che in quegli anni era sostenuta dal re Giacomo I Stuart, in Scozia pur essendo della stessa intensità nelle restrizioni e sofferenze, fece comunque pochissime vittime. Dopo più di due anni di richieste, fu esaudito e nel novembre 1613, dopo 22 anni di assenza, riuscì finalmente ad entrare in Scozia con la falsa identità di “capitano Watson”. Prese ad operare nell’apostolato missionario ad Edimburgo, ospite di Guglielmo Sinclair, avvocato al Parlamento e fervente cattolico, che avrebbe pagato duramente la sua generosità con l’esilio e il sequestro dei beni. Nonostante ciò, rimase il suo più fedele ammiratore. Celebrava clandestinamente le Messe, frequentatissime, predicando fattivamente ai tanti cattolici che meditavano con interesse la sua parola; si spinse travestito, anche nelle carceri a confortare i molti cattolici prigionieri. Si recò anche a Londra e Glasgow (Scozia) e fu proprio in questa città, che venne arrestato il 4 ottobre 1614, su denuncia di Adam Boyd, uomo malvagio pronto a tutto per soldi, aveva ordito un piano insieme all’arcivescovo protestante, John Spottiswoode. Subì per quattro mesi dolorosissime torture e, restando sempre strettamente incatenato, tanto da poter compiere pochissimi movimenti. Per piegare la volontà del gesuita fu deciso un metodo che non avrebbe lasciato tracce di maltrattamenti o mutilazioni: gli sarebbe stato impedito di dormire fino a che non si fosse deciso a parlare. Finì davanti ai giudici scozzesi per cinque volte, dal 1614 al 1615. Il 10 marzo 1615, il sacerdote viene dichiarato reo di lesa maestà dal tribunale di Glasgow e condannato a morte mediante impiccagione: la sentenza venne eseguita nel pomeriggio dello stesso giorno. Morì il 10 marzo 1615.