a cura di don Riccardo Pecchia
Oggi 14 agosto la chiesa festeggia san Massimiliano Maria Kolbe (al secolo Rajmund Kolbe), nacque a Zduńska Wola (Polonia) il 7 gennaio 1894, da una famiglia dalle condizioni economiche modeste. A causa delle scarse risorse finanziarie solo il primogenito poté frequentare la scuola, mentre Rajmund cercò di imparare qualcosa tramite un prete e poi con il farmacista del paese; nella zona austriaca, a Leopoli, si stabilirono i francescani, i quali conosciuti i Kolbe, proposero ai genitori di accogliere nel loro collegio i primi due fratelli più grandi; essi consci che nella zona russa dove risiedevano non avrebbero potuto dare un indirizzo e una formazione intellettuale e cristiana ai propri figli, a causa del regime imperante, accondiscesero; anzi liberi ormai della cura dei figli, il 9 luglio 1908, decisero di entrare loro stessi in convento. Rajmund, il 4 settembre 1910, entrò come novizio nell’Ordine dei Frati Minori Conventuali assumendo il nome di Massimiliano. L’anno successivo venne inviato a Cracovia e quindi a Roma per continuare gli studi in filosofia e teologia. Durante la permanenza in Italia, Massimiliano maturò e approfondì uno dei tratti essenziali della sua esperienza spirituale, legato alla venerazione dell’Immacolata Concezione di Maria, che caratterizzerà poi il suo impegno pastorale. Nel 1917 fondò assieme ad alcuni confratelli la “Milizia dell’Immacolata”, una specie di esercito religioso. Nel suo soggiorno romano, un giorno mentre giocava a palla in aperta campagna, cominciò a perdere sangue dalla bocca, fu l’inizio di una malattia che con alti e bassi l’accompagnò per tutta la vita. Il 28 aprile 1918 venne ordinato sacerdote nella basilica di Sant’Andrea della Valle, a Roma e nel 1919, conseguì il dottorato in teologia e ritornò in patria, a Cracovia. Il suo zelo missionario lo portò, nel 1930, in Giappone, dove soggiornò per sei anni. Nel 1936 rientrò in Polonia. Nel 1939 i tedeschi occuparono la Polonia e quel sacerdote dette subito nell’occhio per le prediche impegnate, ma anche per la sua posizione contro il nazismo. Il 17 settembre 1940 fu arrestato e condotto nel campo di Oranienburg. Il 28 maggio 1941 Massimiliano giunse nel campo di concentramento di Auschwitz, dove venne immatricolato con il numero 16670 e addetto a lavori umilianti come il trasporto dei cadaveri ai forni crematori. Nonostante fosse vietato, Massimiliano in segreto celebrò due volte una messa e continuò il suo impegno come presbitero. Alla fine di luglio fu trasferito al Blocco 14, dove i prigionieri erano addetti alla mietitura nei campi, ma uno di loro riuscì a fuggire e secondo la legge del campo, dieci prigionieri vennero destinati al bunker della fame. Massimiliano si offrì in cambio di uno dei prescelti, un padre di famiglia, suo compagno di prigionia. Dopo due settimane di agonia senza acqua né cibo la maggioranza dei condannati era morta di stenti, ma quattro di loro, tra cui Massimiliano, erano ancora vivi e continuavano a pregare e cantare inni a Maria. La calma professata dal sacerdote impressionò le SS addette alla guardia, per le quali assistere a questa agonia si rivelò scioccante. Massimiliano e i suoi compagni vennero uccisi, alla vigilia della Festa dell’Assunzione di Maria, con una iniezione di acido fenico, egli tese il braccio dicendo «Ave Maria», furono le sue ultime parole, i loro corpi vennero cremati il giorno seguente e le ceneri disperse. Morì il 14 agosto 1941; patrono dei radioamatori.
14 agosto: beato Sante Brancorsini da Urbino (al secolo Giansante Brancorsini), nacque a Montefabbri (Urbino) nel 1343, da una famiglia nobile. Frequentò le scuole superiori in Urbino, ma per lui era stata prevista una carriera giuridico-militare, alla quale egli non si volle rassegnare, seguendo invece il suo spirito contemplativo. Una sera di primavera quando Giansante, aveva circa 20 anni, come tante altre sere stava con i suoi amici sulle mura di Montefabbri e per far da paciere in una lite fra due amici, richiamò il suo migliore amico. L’amico però interpretò questa presa di posizione come un complotto e si adirò con Giansante, che fuggì dirigendosi verso casa. L’amico però sfoderò la sua spada e volle a tutti i costi affrontare Giansante, che nel combattimento ferì alla coscia sinistra l’amico tanto amato, che morì pochi giorni dopo. Dopo qualche giorno di meditazione, Giansante decise di andare presso l’eremo di Santa Maria di Scotaneto (Montebaroccio) per entrare a far parte dell’Ordine dei Frati Minori, come semplice converso. Il suo desiderio era quello di espiare la colpa di aver ucciso il suo miglior amico e dopo un periodo di prova fu accolto e prese i voti, ma non il intraprese il sacerdozio, dedicandosi così a vita umile. Egli voleva essere il minore dei minori, tanto che Giansante, si occupava della cucina, tagliava la legna nel bosco, spesso andava nella vicina Mombaroccio a chiedere l’elemosina e racimolare del pane da portare al convento. I viaggi di Giansante accompagnato dal suo asinello che portava le sacche ricordavano molto il Santo fondatore dei francescani; così come anche altri aspetti della sua vita. Giansante scelse di vivere in totale povertà, spesso si nutriva di sole erbe. Visse una vita di penitenza ed umiltà e tanta devozione per la Santa Messa, la Vergine e l’Eucaristia. Ebbe il compito di maestro dei novizi. Per accentuare la sua espiazione chiese a Dio di soffrire i dolori patiti dal suo amico nello stesso punto cui l’aveva colpito. Infatti una piaga si aprì alla gamba destra dalla quale non guarì più e che lo fece soffrire moltissimo per tutta la vita. All’età di 51 anni, la ferita nella coscia si aggravò, arrivò la febbre, e il suo corpo, già gracile, non riuscì ad affrontare questa ennesima crisi. Era sorridente e accolse la morte con serenità. Con le sue ultime parole cercò di consolare i frati che piangevano intorno a lui e chiese di essere sepolto con il suo saio, logoro, sporco e rattoppato, che aveva indossato per anni. Morì il 14 agosto 1394.
14 agosto: Venerabile Michael McGivney, nacque a Waterbury (Stati Uniti d’America) il 12 agosto 1852, da una famiglia d’immigrati irlandesi. Nel 1869 Michael entrò nel seminario di Saint-Hyacinthe (Canada), proseguì gli studi presso la Niagara University, tenuta dai padri Lazzaristi, e nel seminario arcivescovile di Baltimora. Il 22 dicembre 1877 fu ordinato sacerdote. Quando era viceparroco a New Haven, il 2 febbraio 1882 Michael fondò i Cavalieri di Colombo, come società di mutuo soccorso, per fornire assistenza finanziaria In caso di morte degli uomini alle loro vedove e orfani. Se il capofamiglia moriva, la moglie e i figli si trovavano davanti a una vita di povertà e anche alla disgregazione dell’intera famiglia. Infatti, i bambini sarebbero stati affidati a parenti in grado di sostenerli, o ancor peggio, inviati a istituzioni statali proprio per gli indigenti. Quindi Michael riteneva che i Cavalieri di Colombo fossero una vera e propria risposta per aiutare coloro che avevano bisogno. Perciò i Cavalieri si sono organizzati per tutelare l’integrità della vita familiare cattolica e anche i più emarginati e vulnerabili della società, le vedove e gli orfani. Colpito da tubercolosi. Morì il 14 agosto 1890, a 38 anni