Oggi 16 aprile la chiesa celebra la Pasqua di Resurrezione del Signore, è l’evento dominante della narrazione dei Vangeli e degli altri testi del Nuovo Testamento: il terzo giorno dopo la sua morte in croce Gesù risorge lasciando il sepolcro vuoto e apparendo inizialmente ad alcune discepole, per poi presentarsi anche agli apostoli e ad altri discepoli. La Pasqua è la solennità cristiana che celebra la risurrezione di Gesù, con l’instaurazione della Nuova alleanza e l’avvento del Regno di Dio. Dal punto di vista teologico, la Pasqua racchiude in sé tutto il mistero cristiano: con la passione, Cristo si è immolato per l’uomo, liberandolo dal peccato originale e riscattando la sua natura ormai corrotta, permettendogli quindi di passare dai vizi alla virtù; con la risurrezione ha vinto sul mondo e sulla morte, mostrando all’uomo il proprio destino. La Pasqua si completa con l’attesa della Parusia, la seconda venuta, che porterà a compimento le Sacre Scritture. Il cristianesimo ha ripreso i significati della Pasqua ebraica nella Pasqua cristiana, seppur con significativi cambiamenti, che le hanno dato un volto nuovo. Le Sacre Scritture hanno infatti un ruolo centrale negli eventi pasquali: Gesù, secondo quanto è stato tramandato nei Vangeli, è morto in croce nel venerdì precedente la festa ebraica, che quell’anno cadeva di sabato, ed è risorto il giorno successivo, in seguito chiamato Domenica. Inoltre, questo evento venne visto dai primi cristiani come la realizzazione di quanto era stato profetizzato sul Messia. Questo concetto viene ribadito più volte sia nella narrazione della Passione, nella quale i quattro evangelisti fanno continui riferimenti all’Antico Testamento, sia negli altri libri del Nuovo Testamento, come nella prima lettera ai Corinzi, di san Paolo di Tarso. Il rapporto con la festa ebraica è rimasto nelle letture liturgiche del Sabato Santo che sono proprio quelle della Pesach (Pasqua), ma la festa più importante, la vera Pasqua cristiana è il giorno successivo in cui gli ebrei celebrano l’offerta del primo covone d’orzo e i cristiani la risurrezione di Gesù. Il fatto che Gesù sia risorto nel primo giorno della settimana ebraica sembrò doppiamente simbolico: in questo giorno Dio aveva creato l’universo e ora nello stesso giorno aveva inizio una nuova creazione. La Pasqua è preceduta da un periodo preparatorio di astinenza e digiuno della durata all’incirca di quaranta giorni, chiamato generalmente Quaresima, che nel rito romano ha inizio il Mercoledì delle Ceneri. Nella forma ordinaria del rito romano, l’ultima settimana del tempo di Quaresima è detta Settimana Santa, periodo ricco di celebrazioni e dedicato al silenzio e alla contemplazione. Comincia con la Domenica delle Palme, che ricorda l’ingresso di Gesù in Gerusalemme, dove fu accolto dalla folla che agitava in segno di saluto delle foglie di palma. Per questo motivo nelle chiese cattoliche, durante questa domenica, vengono distribuiti ai fedeli dei rametti di ulivo benedetto (segno della passione di Cristo). Gli ultimi giorni della Settimana Santa segnano la fine del tempo di Quaresima e l’inizio del Triduo Pasquale. A Pasqua c’è l’abitudine di regalare uova di cioccolata. In realtà questa consuetudine è nata con il tempo, ma all’inizio si regalavano uova vere, con il guscio colorato, con il significato di rinascita e che la vita ricomincia.
16 aprile: santa Bernadette Soubirous, (Marie-Bernarde Soubirous), nacque a Lourdes (Francia) il 7 gennaio 1844, da una povera famiglia. Nel 1848 la famiglia Soubirous si trovò a gestire il mulino lasciato dalla famiglia Castérot, gli affari però non andarono per il meglio. Bernadette e la sua famiglia conobbero la miseria e, trovandosi nell’impossibilità di pagare l’affitto del mulino, furono costretti a stabilirsi in una capanna di proprietà di un parente, dove vissero in estrema povertà. Di salute fragile, a causa dell’asma per le continue inalazioni dell’aria malsana dell’abitazione. I suoi sentimenti religiosi erano forti sebbene ella non conoscesse per nulla il Catechismo, essendo analfabeta. Per contribuire al mantenimento della famiglia Bernadette fu affidata a una famiglia di amici presso Bartrès, impiegata al pascolo delle greggi e come cameriera presso la loro taverna. Pur di frequentare la scuola e il catechismo, la ragazza, nel gennaio 1858, preferì ritornare dai suoi genitori. La mattina dell’11 febbraio 1858, Bernadette dopo le tante raccomandazioni della madre, uscì di casa in compagnia di Jeanne Baloum e della sorella Toinette per andare a raccogliere legna da ardere in un boschetto vicino alla grotta di Massabielle (poco fuori Lourdes), Bernadette avrebbe avuto la prima visione di ciò che descrisse come “una piccola signora giovane vestita di bianco” in piedi in una nicchia della roccia, aveva compiuto 14 anni da poco più di un mese. Istintivamente Bernadette s’inginocchiò e cominciò a recitare il rosario. Al termine della recita del rosario la Signora scomparve. L’apparizione nei mesi successivi si ripeté per altre 17 volte. Bernadette affermò che la “bellissima signora” le aveva chiesto di tornare alla grotta ogni giorno per 15 giorni e riferì anche che la signora vestiva un velo bianco, una cinta blu e una rosa dorata su ogni piede e teneva nelle mani un Rosario. La fanciulla per tre volte chiese alla Signora chi fosse e nell’apparizione del 25 marzo 1858, si sentì rispondere: «Io sono l’Immacolata Concezione». Quattro anni prima, papa Pio IX aveva dichiarato l’Immacolata Concezione di Maria un dogma, ma questo Bernadette non poteva saperlo. La notizia dei fatti di Lourdes si diffuse rapidamente, il commissario Dominique Jacomet intervenne interrogando Bernadette, che non ritirò nulla di quanto aveva detto, anzi corresse le volute imprecisioni del commissario. Anche l’autorità ecclesiastica istituì una commissione per constatare l’autenticità e la natura dei fatti avvenuti alla grotta di Massabielle; alle domande Bernadette rispose sempre con limpida franchezza, distinguendo chiaramente quello che sapeva da quello che aveva dimenticato. Subisce numerosi interrogatori ufficiali perché è sospettata di impostura. Vogliono farla crollare, ma sono tutti sconcertati dalla sua limpidezza. Nelle sue risposte non si confonde mai e non si contraddice. Di fronte agli scettici irriducibili si limita a dire: «Non sono stata incaricata di farvi credere. Sono stata incaricata di riferire». Fin dai tempi delle apparizioni esprime la volontà di farsi suora. Diventa suora della Congregazione delle Suore della Carità di Nevers. Fin dai tempi del noviziato Bernadette è stata una presenza costante in infermeria, malata al punto da essere ammessa a fare la professione in articulo mortis, il 25 ottobre 1866. Ci rimarrà 13 anni. Costretta a letto da asma, tubercolosi e un tumore osseo al ginocchio, non le permise più di muoversi. Morì il 16 aprile 1879, a 35 anni; patrona dei pastori e degli ammalati.
16 aprile: san Benedetto Giuseppe Labre (Benoît-Joseph Labre), nacque ad Amettes (Francia) il 26 marzo 1748, in una famiglia numerosa, nella quale i genitori riuscivano a tirare avanti a fatica coltivando un pezzetto di terra e gestendo una piccola merceria. Il padre sognò il sacerdozio per quel suo figliuolo che fin dall’infanzia dava segni di tenera devozione. A 12 anni lo affidò alle cure di suo fratello, don Francesco, parroco di Erin, perché lo preparasse alla prima comunione e allo studio del latino. A 16 anni, Benedetto comunicò ai genitori il desiderio di farsi trappista, che aveva concepito alla lettura dei dieci tomi dei “Sermoni” del padre Jean Le Jeune detto il Cieco, oratoriano cieco, che a 80 anni si era lasciato divorare dai pidocchi per spirito di penitenza. Fece domanda per entrare in un monastero trappista ma non fu accolto, provò con altri monasteri ma fu sempre respinto, fece un mese di prova in un monastero certosino e poi fu giudicato non idoneo. Riuscì ad entrare come novizio nella Trappa di Sept-Fonts, l’11 novembre prende l’abito di novizio con il nome di frate Urbano, ma dopo 8 mesi fu obbligato a lasciare il monastero. Un soggiorno in infermeria, poi all’ospedale esterno, dopo di che il padre abate gli comunica: «Voi non siete fatto per noi, Dio vi attende altrove». Benedetto uscirà così per sempre dal monastero, incerto e confuso. Si ricordò allora di un’espressione ricorrente nel linguaggio del popolo della sua terra natale: «Bisogna andare a servire», cioè bisogna intraprendere un pellegrinaggio. Benedetto non sapeva ancora che avrebbe scoperto la volontà di Dio pellegrinando per 15 anni da un santuario all’altro in Francia, Italia, Germania e Spagna, mendicando la sua vita, scambiato talora per una spia, un ladro, un eretico o per lo meno un ipocrita. Camminava infatti con una fune ai fianchi, perché terziario francescano, una ciotola di legno all’anca, un crocifisso sul petto, una grossa corona del rosario al collo, un cappelluccio a tre corni di feltro nero in capo e a tracolla un sacco dov’erano l’Imitazione di Cristo, il Nuovo Testamento, il Breviario che recitava ogni giorno e il Memoriale della vita cristiana di Luis de Granada. Dopo aver venerato la santa Casa a Loreto e la tomba di san Francesco ad Assisi, Benedetto giunse a Roma il 3 dicembre 1770, per la prima volta a Roma dove si fermò stabilmente dal 1777, si stabilì sotto il 43° arco del Colosseo, come dimora, dormendo sotto, alla V stazione della Via Crucis: forse non a caso, quella in cui Simone di Cirene aiuta Gesù a portare la croce. Il “povero del Colosseo” o il “povero delle Quarantore”, così prese a chiamarlo la gente, di giorno andava a pregare nelle chiese. Lo si poteva incontrare nelle chiese dove si svolgevano le quarantore. Viste le condizioni di stenti in cui era vissuto la sua salute peggiorò e il 16 aprile 1783, mercoledì santo, a soli 35 anni, dopo aver ascoltato due Messe, si sentì male nella chiesa di Santa Maria ai Monti, fu trasportato nel retrobottega del macellaio Francesco Zaccarelli, suo amico, di Via dei Serpenti dove la sera stessa mancò. Morì il 16 aprile 1783, a 35 anni; patrono dei barboni.