Oggi 2 giugno la chiesa celebra sant’Eugenio I, 75º papa della chiesa cattolica; nacque a Roma, venne eletto papa nel 10 agosto 654, per esplicita volontà dell’imperatore Costante II, mentre il predecessore Martino I era ancora vivo, privato del pallio, e in viaggio verso Costantinopoli dove avrebbe subito il processo e la condanna all’esilio nel Chersoneso dove morì il 16 settembre 655. Non è agevole comprendere i motivi per i quali né il clero e il popolo romano, né lo stesso Eugenio abbiano opposto resistenza alla prepotenza bizantina. Forse Eugenio, che era stato “apocrisario” (odierno Nunzio Apostolico) a Costantinopoli e conosceva dunque bene quegli ambienti in quel particolare momento storico, può aver pensato che un suo rifiuto avrebbe potuto portare sul soglio pontificio un papa monotelita (dottrina eretica consistente nell’affermazione che in Cristo esiste un’unica volontà), ed era dunque preferibile uno “sgarbo” al suo predecessore piuttosto che un papa eretico. In ogni caso, per più di un anno si verificò la contemporaneità di due pontefici regolarmente eletti e regnanti. Eugenio mostrò una maggior deferenza nei confronti dei desideri dell’imperatore, rispetto al suo predecessore, e non prese posizioni pubbliche contro il patriarca di Costantinopoli Pirro I, già scomunicato da papa Teodoro I, che aveva elaborato una formula teologica che completava quella già esposta nell’Ekthesis (è un editto emanato nel 638 dall’imperatore bizantino Eraclio I nel tentativo di porre fine alle dispute cristologiche che scuotevano la Chiesa in merito alla natura umana e divina del Figlio), per la cui accettazione già Pirro aveva ricevuto l’anatema dalla Chiesa di Roma. Anzi, si mostrò anche “benevolo” e disponibile ad una riammissione di Pirro nella comunità ecclesiastica, nel tentativo forse di salvare la vita di papa Martino I che invece, in assoluta coerenza con la linea seguita a suo tempo, si mostrò assolutamente contrario alla riabilitazione del patriarca. La soggezione a Costantinopoli non si attenuò però neanche quando il nuovo patriarca, Pietro, gli inviò nel 656 un documento “di compromesso” tra le posizioni di Roma e quelle monotelite: solo un’azione di forza del clero romano lo costrinse a rifiutarla. Morì il 2 giugno 657.
2 giugno: sant’Erasmo di Formia, nacque ad Antiochia (odierna Antykia, Turchia) nel III secolo, da una famiglia benestante. La Passio (attribuita a papa Gelasio II) che narra la vita di Erasmo risale al VI secolo, è sospesa fra storia e leggenda. Si narra che abbia studiato a Roma fin da piccolo e che la sua fede si forgiò, fortissima, fin dalla più tenera età. Intorno ai 40 anni divenne vescovo di Antiochia. Quando iniziarono le persecuzioni contro i cristiani, da parte di Diocleziano e Massimiano, egli si rifugiò dapprima per sette anni in una caverna del monte Libano, dove condusse una vita così pura, mortificata e santa che divenne l’ammirazione di tutto il popolo. Ritornato in città con l’intenzione di affrontare anche la morte pur di diffondere la fede in Cristo, fu arrestato e condotto al tribunale dell’imperatore che, alternando lusinghe a tormenti, cercò di persuaderlo a sacrificare agli dei e a rinunciare alla sua fede; ma Erasmo fu irremovibile e rimase saldo nella fede e, perciò, fu rinchiuso in carcere. Venne in seguito liberato miracolosamente, dall’intervento di un angelo, si recò nell’Illirico (Penisola balcanica) dove, in sette anni di infaticabile predicazione, convertì un numero altissimo di persone (il testo parla di quattrocentomila) e aver compiuto altri miracoli. Arrestato di nuovo, stavolta per ordine di Massimiano, fu condotto a Sirmio dove, in segno di sfida, abbatté un simulacro e convertì altre quattrocentomila persone, molte delle quali furono uccise. Erasmo, dopo essere stato ancora tormentato orribilmente, fu rinchiuso in carcere. Fu liberato allora dall’arcangelo Michele che lo condusse a Formia, e qui, spirò sette giorni dopo. Morì il 2 giugno 303 d.C.
2 giugno: santi Marcellino e Pietro, appartenevano al clero romano. Il primo era prete, l’altro esorcista. La più antica notizia sul loro martirio è stata tramandata dalla Passio scritta da papa san Damaso I, il quale attesta di averla appresa in gioventù dalla bocca dello stesso carnefice. Secondo la testimonianza del papa il giudice aveva ordinato che i due martiri fossero decapitati nel folto di una selva, chiamata Selva Nera (poi ribattezzato Silva Candida, sulla via Cornelia), affinché i loro sepolcri restassero sconosciuti. Condotti al luogo del supplizio essi si prepararono con le proprie mani la tomba, in cui i loro corpi rimasero ignorati finché la pia matrona Lucilla, venuta a conoscenza della cosa, si premurò di farli trasferire e di dare degna sepoltura a Roma sulla via Labicana (incrocia via Merulana, via che porta da San Giovanni in Laterano a Santa Maria Maggiore) nel cimitero Ad Duas Lauros (oggi a Torpignattara). La vicenda terrena dei due santi venne ulteriormente arricchita di elementi più o meno leggendari da una Passio del VI sec. Essa narra che Marcellino e Pietro vennero rinchiusi in una prigione sotto la sorveglianza di un certo Artemio, la cui figlia Paolina era posseduta dal demonio. Pietro, esorcista, assicurò ad Artemio che, se lui e sua moglie Candida si fossero convertiti, Paolina sarebbe immediatamente guarita. Dopo qualche perplessità, la famigliola si convertì e di lì a poco fu pure chiamata a testimoniare Cristo con il martirio, al 120 miglio della via Aurelia Artemio venne decapitato e Candida e Paolina vennero soffocate sotto un cumulo di pietre.
2 giugno: san Nicola il Pellegrino, nacque a Stiri (attuale Distomo, Grecia) nel 1075, da poveri agricoltori; non riceve alcuna istruzione e, all’età di 8 anni circa, è mandato a pascolare le pecore. Per via del suo lavoro da pastore, conduceva una vita solitaria e quasi eremitica che gli indusse una certa spiritualità. Aveva cominciato il suo cammino di fede proprio in quei luoghi recitando incessantemente: «Kyrie eleison». Proprio per questo recitare continuo era sbeffeggiato e deriso da tutti. Nella sua terra d’origine era considerato pazzo al punto che sua madre, esasperata, lo fece rinchiudere nel Monastero di San Luca di Stirio. All’inizio, sospettandolo posseduto dal demonio, i monaci lo bastonano: egli allora sta dinanzi alla porta del tempio, rivolgendosi a Dio senza mai stancarsi e gridando in preghiera: «Kyrie eleison!». Lo cacciano dal monastero, e Nicola torna a casa dalla madre. Nicola, prendendo un coltello, ogni giorno andava in montagna; tagliava legna da alberi di cedro, faceva delle croci e andava a piantarle ovunque. Un giorno Nicola prende con sé il fratello Giorgio, più piccolo di lui, e lo conduce in montagna. Ecco, appare un angelo del Signore, come una colonna di fuoco la cui sommità raggiungeva il cielo; prende entrambi e li porta in un luogo altissimo. Giorgio lascia il fratello e torna a casa; Nicola invece rimane dove l’ha portato l’angelo: si costruisce una capanna e intaglia croci di legno di cedro, innalzandole dappertutto. Nel suo cuore cominciò a farsi strada il sogno di recarsi in pellegrinaggio a Roma e fu così che si imbarcò alla volta della Puglia. Durante il viaggio fu gettato in mare per il suo solito e insistente ripetere Kyrie eleison, ma a sorpresa di tutti raggiunse la meta prima degli altri. Giunto a Otranto, fu accolto malamente dall’arcivescovo che era stato disturbato dal suo urlare Kyrie eleison. La stessa cosa accadde a Lecce e Taranto. Giunse infine a Trani il 20 maggio 1094 con il suo solito gridare Kyrie eleison, attirò subito intorno a sé un gran numero di bambini ai quali regalava ciliegie e altri frutti e andò per le vie della città lodando il Signore. L’arcivescovo lo mandò a chiamare e lo interrogò personalmente. Rimase così colpito dalla semplicità e ingenuità di questo giovane che gli offrì senza indugio vitto e alloggio per quanto ne avesse desiderato. Il 23 maggio Nicola si ammalò e fu accolto nella casa di un tale Sabino. Morì il 2 giugno 1094, a 19 anni.