a cura di don Riccardo Pecchia
Oggi 23 gennaio si celebra san Ildefonso di Toledo, nacque a Toledo (Spagna) nel 607, durante il regno di Viterico, di stirpe germanica, era membro di una delle distinte famiglie reali visigote. Secondo una tradizione che raccoglie Nicolás Antonio (Bibliotheca Hispana Vetus), fu nipote dell’arcivescovo di Toledo, sant’Eugenio III, che gli fornì la prima istruzione. Nel monastero dei Santi Cosma e Damiano, vicino a Toledo, dove s’era rifugiato in quanto non intendeva intraprendere la carriera voluta dalla famiglia, continua gli studi fino al diaconato, e qui si ferma. Secondo la sua stessa testimonianza fu ordinato diacono, nel 632-633 circa, da Eladio, arcivescovo di Toledo. Per lo stile dei suoi scritti e per i giudizi emessi nel suo “De viris illustribus” sui personaggi che menziona, si deduce che ricevette una brillante formazione letteraria; infatti, anche se era soltanto diacono, i confratelli lo eleggono ugualmente abate nella loro comunità, perché ha tutto: pietà, cultura, energia, un parlare piacevole. Ed è anche uno scrittore di grande efficacia. Sui cinquant’anni deve, però lasciare il monastero: è morto Eugenio II, il vescovo di Toledo, e al suo posto si vuole lui, Ildefonso; per convincerlo si muove il re visigoto in persona, Recesvinto. Così, nel 657, eccolo vescovo di quella che al tempo è la capitale del regno. Ora non ha più molto tempo da dedicare ai libri, impegnato com’è a scrivere tante lettere, e non proprio allegre. Si hanno, di lui, pagine angosciate sugli scandali ad opera di certi cristiani influenti e falsi, sui conflitti duri con il re, che pure lo stima, e su tanti ecclesiastici che s’immischiano troppo negli affari di Stato. Era davvero meglio il monastero: pregare con gli altri, studiare, scrivere. Ildefonso ha lasciato molti scritti di ordine dottrinale e morale, fra cui: Sopra la verginità perpetua di Santa Maria contro tre infedeli; Commentario sopra la conoscenza del battesimo; Sopra il progresso del deserto spirituale; Sopra gli uomini illustri. Ildefonso non può vivere senza insegnare, convinto anche lui che il sapere «è un dono comune, non privato», e che perciò deve essere distribuito a tutti. Colpisce i fedeli la sua devozione mariana, suscitando anche racconti di fatti prodigiosi: la notte del 18 dicembre 665 Ildefonso, insieme con i suoi chierici e alcuni altri, andò in chiesa per cantare inni in onore della Vergine Maria. Trovarono la cappella che brillava di una luce tanto abbagliante che provarono timore; tutti fuggirono tranne Ildefonso e i suoi due diaconi. Questi entrarono e si avvicinarono all’altare. Davanti a loro si trovava la Vergine Maria, seduta sulla cattedra del vescovo, circondata da una compagnia di vergini che intonavano canti celestiali. Maria fece un cenno con il capo perché si avvicinassero. Dopo che ebbero obbedito, la Vergine fissò i suoi occhi su Ildefonso e disse: «Tu sei il mio cappellano e notaio fedele. Ricevi questa casula che mio Figlio ti manda dalla sua tesoreria». Ildefonso morì a Toledo il 23 gennaio 667.
23 gennaio: santa Emerenziana di Roma, le poche notizie biografiche sul conto di Emerenziana si devono in gran parte ad un racconto agiografico della passio latina di sant’Agnese, opera di un ignoto autore del V secolo, che narra le vicende successive alla morte della santa. Secondo questo racconto, Emerenziana era una giovinetta avente la stessa età di Agnese, di cui era “sorella di latte”, il che non farebbe comunque pensare ad un vero e proprio legame parentale con la santa. Attestando che la morte di Agnese si collochi all’incirca nel 304, la nascita di Emerenziana sarebbe dunque da collocare intorno al 291-292. Al contrario della coetanea, la santa, pur essendo cristiana, era ancora catecumena poiché non aveva ancora ricevuto il sacramento del battesimo. Secondo il racconto della passione di sant’Agnese, Emerenziana era tra i fedeli che parteciparono ai funerali della giovane martire. Un’improvvisa aggressione da parte di pagani fanatici disperse i cristiani accorsi per accompagnare Agnese alla sepoltura. Emerenziana, invece di fuggire, apostrofò coraggiosamente gli assalitori, finendo però lapidata. I genitori di sant’Agnese ne seppellirono il corpo nei pressi sui limiti della loro proprietà. Purtroppo il racconto non è attendibile. Gli unici elementi del racconto relativi a Emerenziana sono il nome della santa, il suo martirio, quale che ne sia stata la forma, la sua sepoltura nei pressi del sepolcro di sant’Agnese, a Roma sulla via Nomentana nel cimitero presso il quale Costanza, figlia di Costantino fondò una basilica in suo onore, poco lontano dal sepolcro di sant’Agnese. Non c’è dubbio, conclude l’autore della leggenda, scritta nel V secolo, enunciando la dottrina sul Battesimo di sangue, che Emerenziana sia stata battezzata nel suo sangue, essendo morta per la difesa della giustizia, confessando il Signore. Invocata contro il mal di ventre e le malattie degli intestini.