Oggi 24 marzo la chiesa celebra santa Caterina di Svezia (al secolo Katarina Ulfsdotter), nacque nel 1331 in una cittadina presso il lago Boren (Svezia), era la secondogenita degli otto figli di santa Brigida, fondatrice dell’Ordine del Santissimo Salvatore (brigidine). Visse la sua fanciullezza e giovinezza nel castello di Ulfasa. La madre fu sempre molto attenta affinché tutti i membri della famiglia rispettassero usi e precetti della Chiesa cattolica. Inoltre si occupò in prima persona della formazione spirituale dei figli e della servitù. La giornata della famiglia era scandita dalla preghiera, dalla lettura della Bibbia, dalle biografie dei Santi oltre che da una efficace attività caritatevole verso i malati ed i poveri. All’età di 12 anni, per volere del padre, Caterina, contro il suo volere, venne promessa come sposa del nobile Egard Lydersson van Kyren. Il matrimonio non venne mai consumato e di comune accordo, i due sposi, fecero voto di castità. Intanto nell’autunno del 1349 Brigida partì per Roma, non solo per l’Anno Santo del 1350, ma anche per chiedere al Papa di dare il suo consenso all’approvazione del nuovo Ordine che desiderava fondare. Giunta a Roma, visse in un primo tempo all’ospizio dei pellegrini presso Castel Sant’Angelo e poi nel palazzo del cardinale Ugo Roger di Beaufort. Nel mese di agosto del 1350 Caterina, a 19 anni, raggiunse a Roma la madre dopo un viaggio lungo e pieno di insidie. Santa Brigida desiderava che la figlia presto tornasse in Svezia, ma Cristo in una visione le disse che era più utile per la figlia soggiornare a Roma, invece di prendere la via del ritorno. Caterina a Roma era stata raggiunta dalla notizia della morte del marito in Svezia, avvenuta il giovedì santo del 1350. Da questo momento la vita delle due sante scorre sullo stesso binario: la figlia partecipa con totale dedizione all’intensa attività religiosa di santa Brigida. Questa aveva creato in Svezia una comunità di tipo cenobitico, nella cittadina di Vadstena (Svezia), per accogliervi in separati conventi di clausura uomini e donne sotto una regola di vita religiosa ispirata al modello del mistico san Bernardo di Chiaravalle. Dopo la morte della madre, avvenuta il 23 luglio 1373, Caterina accompagnò le reliquie che vennero riportate a Vadstena; qui, nel 1375, entrò monaca nel monastero brigidino, di cui fu la prima Badessa. Fu di nuovo a Roma per ottenere l’approvazione della Regola dell’Ordine del Santissimo Salvatore e per partecipare al processo di canonizzazione di sua madre. Nel 1380 Caterina decise di ritornare a Vadstena, sia perché riteneva di aver portato a termine la sua missione, sia perché erano già comparsi i primi segnali della sua malattia. Morì il 24 marzo del 1381, a 49 anni.
24 marzo: beato Oscar Romero (Óscar Arnulfo Romero y Galdámez), nacque a Ciudad Barrios (El Salvador) il 15 agosto 1917, da una famiglia di umili origini. A 13 anni entra al seminario minore di San Miguel guidato dai Missionari Clarettiani; nel 1937, al seminario maggiore di San Salvador retto dai padri Gesuiti. I suoi superiori, notando la sua predisposizione agli studio, lo mandarono a Roma. Compì la sua formazione nella Pontificia Università Gregoriana negli anni dal 1937 al 1942. Ordinato sacerdote il 4 aprile 1942, a 25 anni. Rientrato in patria si dedica con passione all’attività pastorale come parroco, per pochi anni. In seguito fu segretario di Miguel Angel Machado, vescovo di San Miguel. Il 24 maggio 1967 è nominato vescovo di Tombee e, il 25 aprile 1970, vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di San Salvador. Il 15 ottobre 1974 venne nominato vescovo di Santiago de María, nello stesso Stato di El Salvador, uno dei territori più poveri della nazione. Il contatto con la vita reale della popolazione, stremata dalla povertà e oppressa dalla feroce repressione militare che voleva mantenere la classe più povera soggetta allo sfruttamento dei latifondisti locali, provocò in lui una profonda conversione, nelle convinzioni teologiche e nelle scelte pastorali. Il 3 febbraio 1977 è nominato vescovo di San Salvador, proprio quando nel paese infierisce la repressione sociale e politica. Sono ormai quotidiani gli omicidi di contadini poveri e oppositori del regime politico, i massacri compiuti da organizzazioni paramilitari di destra, protetti e sostenuti dal sistema politico. È il periodo in cui il generale Carlos H. Romero è proclamato vincitore, grazie a brogli elettorali, delle elezioni presidenziali. La nomina del nuovo vescovo non desta preoccupazione: Oscar, si sa, è “un uomo di studi”, non impegnato socialmente e politicamente, è un conservatore. Il potere confida dunque in una pastorale lontana da ogni compromesso sociale, una pastorale “spirituale” e quindi asettica, disincarnata. Oscar inizia il suo lavoro con passione e si schiera totalmente dalla parte dei poveri; rifiuta l’offerta della costruzione di un nuovo palazzo vescovile e decide di vivere in una piccola stanza nella sagrestia della cappella dell’Ospedale della Divina Provvidenza, dove erano ricoverati i malati terminali di cancro. L’assassinio del padre gesuita Rutilio Grande da parte dei sicari del regime è l’evento che dà inizio alla sua azione di denuncia profetica, Romero apre un’inchiesta sul delitto e ordina la chiusura di scuole e collegi per tre giorni consecutivi. Nei suoi discorsi mette sotto accusa il potere politico e giuridico di El Salvador. Istituisce una commissione permanente in difesa dei diritti umani; le sue omelie sono trasmesse dalla radio della diocesi, diffondendo la conoscenza della situazione di degrado che la guerra civile stava compiendo nel Paese. Il 23 marzo 1980 l’arcivescovo invitò apertamente gli ufficiali e tutte le forze armate a non eseguire gli ordini, se questi erano contrari alla morale umana. Disse: «Vi supplico, vi chiedo, vi ordino in nome di Dio: “Cessi la repressione!”». Il giorno dopo, mentre stava celebrando la messa nella cappella dell’ospedale della Divina Provvidenza, fu ucciso da un sicario su mandato di Roberto D’Aubuisson, leader del partito nazionalista conservatore ARENA (Alianza Republicana Nacionalista). Romero era un uomo scomodo perché non si era piegato alla dittatura che insanguinava El Salvador e denunciava le violazioni di diritti umani che subiva la popolazione, arrivando a sfidare la giunta militare come nessuno aveva fatto prima di lui. L’assassino sparò un solo colpo, che recise la vena giugulare mentre Romero elevava l’ostia nella consacrazione. Morì il 24 marzo 1980.