Oggi 25 febbraio la chiesa celebra san Cesario di Nazianzo, nacque nella numerosa famiglia di san Gregorio Nazianzeno il Teologo, suo fratello maggiore. I suoi genitori, Gregorio e Monna, anch’essi santi, sono venerati dalla Chiesa. Per gran parte della sua vita restò un catecumeno, ma si fece battezzare quando sfuggì miracolosamente alla morte durante un terremoto a Nicea nel 368. Il fratello Gregorio ci documenta nella sua orazione funebre, la maggior parte delle informazioni in nostro possesso sulla vita del santo. Compì i propri studi dapprima a Cesarea di Cappadocia e poi ad Alessandria in Egitto, specializzandosi nella medicina. Tornato in patria si dedicò egregiamente all’esercizio di medico tanto da aggiudicarsi una grande fiducia dell’imperatore Costanzo che lo chiamò a Costantinopoli. Giuliano l’apostata, successo a Costanzo, confermò il suo incarico come medico di corte, sebbene Cesario rifiutasse di aderire al culto pagano. Nel 368 fu nominato questore della Bitinia dall’imperatore Gioviano. Qui si verificò l’episodio miracoloso che modificò la sua vita, una crisi spirituale che lo convinse ad abbandonare ogni incarico professionale e a dedicarsi assiduamente alla salvezza della propria anima. Nel 369, dopo essersi dedicato a lungo alla preghiera e alla penitenza, fu colto da morte precoce.
25 febbraio: san Nestore di Magydos, di origine incerta, visse nel II secolo in Asia Minore. Nestore era stato nominato vescovo di Magydos (nell’attuale Turchia) e subì il martirio durante le persecuzioni di Decio. Si racconta che Poplio (o Pollio) il magistrato romano della Panfilia in Asia Minore, che aveva ricevuto l’editto di persecuzione dell’imperatore Decio, così mandò i cavalieri per tutta la provincia, con il compito di obbligare tutti i cristiani ad abiurare la loro fede e a sacrificare agli dèi pagani. Nestore, avendolo saputo, fece mettere in salvo tutta la comunità cristiana, ma senza preoccuparsi di mettersi in salvo lui al sicuro. Quando giunsero i soldati, egli era preghiera nella sua casa, fu prelevato e condotto davanti al senato e al giudice (irenarca), Nestore li segue senza opporsi. Durante l’interrogatorio e nonostante le minacce, si rifiutò di obbedire all’editto imperiale e di sacrificare agli dei. Trasferito a Perge (Turchia), al tribunale del preside della provincia, per un giudizio superiore, durante il viaggio a terra venne scossa da un terremoto; giunto a Perge, subisce un nuovo interrogatorio dall’adiutor Urbano e nuovamente invitato ad abiurare, Al suo nuovo rifiuto, venne sottoposto a torture e infine e infine condannato dallo stesso prefetto alla crocifissione, perché, come afferma il Martirologio Romano, lui che aveva confessato il Crocifisso subisse lo stesso supplizio. Fu crocifisso e sotto il suo patibolo si radunò subito una grande folla di fedeli. Morì a Perge il 25 febbraio 251.
25 febbraio: beato Domenico Lentini, nacque a Lauria (Potenza) il 20 novembre 1770, da una famiglia di povere condizioni economiche, ma ricchi di fede e onestà. A 14 anni segue la vocazione del sacerdozio, la sua formazione culturale avvenne nel paese natio e al Seminario di Policastro. L’8 giugno 1794, fu ordinato sacerdote nella Cattedrale di Marsico Nuovo. Diventa un sacerdote con un grandissimo fervore di preghiere e di penitenza, e rimane per tutta la vita a Lauria, offrendo tutto se stesso nel ministero. Infiammato dallo Spirito Santo, rimane lunghe ore in preghiera e adorazione davanti al Santissimo Sacramento, celebrando l’Eucaristia con intensa partecipazione, si dà essere chiamato “un angelo all’altare”, anche a causa delle fre¬quenti estasi. Sempre disponibile al sacramento della Penitenza, ascolta assiduamente le confessioni dei fedeli di cui è direttore spirituale; al confessionale raccoglie frutti abbondantissimi di grazia divina. Si dedicò con tutte le forze all’evangelizzazione, alla predicazione e alla catechesi non solo in Lauria, ma anche nelle zone limitrofe. Rivive fortemente la passione di Cristo e questa fede pasquale infon¬de nei suoi uditori, sia nel predicare che nel confessare. Accanto a Gesù Crocifisso, Domenico ha una tenera devozione verso l’Addolorata, di cui diffonde il culto e fonda una Congregazione di impegno spirituale, penitenziale e caritativo. Domenico si trova ad opera¬re in tempi non facili e sereni per la Chiesa (rivoluzione francese, epoca napoleonica, restaurazione, primi moti risorgimentali). Promuove instancabilmente la pace fra le persone, le famiglie e le opposte fazioni politiche e sociali. Nella via dell’umiltà totale e assoluta vive in continua penitenza: cibi fru¬gali mortificazioni corporali, vesti logore, cilici e flagellazioni pochis¬simo sonno e il pavimento per giaciglio. Con queste ed altre opere penitenziali si offre a Dio Padre in espiazione e riparazione per rende¬re propizia ai peccatori la divina misericordia. Morì il 25 febbraio 1828.
Oggi 25 febbraio la chiesa celebra beato Sebastiano dell’Apparizione, nacque a A Gudiña (Spagna) il 20 gennaio 1502, da una povera famiglia di contadini. A 15 anni Sebastiano decise di andare peregrinante per la Spagna, in cerca di lavoro. A Salamanca trovò occupazione presso una vedova, nobile e bella, che possedeva una tenuta a pochi chilometri dalla città. Non rimase a lungo al suo servizio perché, essendosi invaghita di lui, la padrona avrebbe desiderato trasformarlo in un suo amante. Sebastiano che detestava sopra ogni cosa l’impudicizia, si trasferì a Zafra, dove si mise al servizio di un cavaliere, ma neanche qui durò molto. Si trasferì a Sanlùcar de Barrameda (Andalusia), dove restò molti anni intento alla coltivazione delle vigne e dei campi, ma anche alla propria santificazione offrendo a Dio le fatiche quotidiane. Di anno in anno vide migliorare la sua condizione economica motivo per cui non si scordava di aiutare i poveri e i malati nei quali vedeva impresso il volto di Cristo sofferente. Nel 1533, a 31 anni, Sebastiano concepì l’idea di trasferirsi in Messico. Si stabilì a Puebla de los Angeles appena fondata. Con il lavoro riuscì ad accumulare un cospicuo patrimonio, ma visse sempre in maniera ritirata, dedicandosi alle opere di pietà e alle pratiche religiose. All’età di 60 anni decise finalmente di sposarsi, una povera ragazza, solo per avere assistenza in vecchiaia e con l’intento di vivere in castità; la moglie morì presto ed egli contrasse nuove nozze, ma anche la seconda sposa si spense pochi mesi dopo il matrimonio. Entrambi i matrimoni, consensualmente, non vennero consumati. Colpito a 72 anni da una grave malattia, si riprese miracolosamente. Consigliato dal confessore, in segno di riconoscenza, donò i suoi terreni alle clarisse e i denari ai poveri e decise di dedicarsi a Dio e fu accolto come fratello laico nell’Ordine dei Frati Minori. Emise i voti solenni nel 1574. Per il suo fervore, la sua umiltà e la sua obbedienza, era considerato un esempio da tutti. Conosciuto per avere doni taumaturgici, godette spesso dell’assistenza speciale degli Angeli che lo accompagnavano ovunque. Fu assegnato al convento di Puebla de los Ángeles (Messico), dove svolse l’incarico di questuante. Morì il 25 febbraio 1600, con gli occhi fissi sul crocifisso che stringeva tra le mani e teneramente baciava, mentre i confratelli cantavano il Credo.
25 febbraio: santa Valpurga (Walburga) di Heidenheim, nacque nella contea del Wessex (Inghilterra) nel 710 circa, figlia di san Riccardo d’Inghilterra, un nobile inglese del Wessex, e Wuna Valpurga ebbe due fratelli santi, san Villibaldo e san Vinnibaldo. Fu badessa ad Heidenheim (Germania) dove, su richiesta di san Bonifacio, l’“apostolo della Germania”, dall’Inghilterra venne mandata nel cuore della Germania a convertire quelle popolazioni pagane e radicate in culti antichi. In Germania, Valpurga trova i suoi due fratelli: Villibaldo, che è vescovo di Eichstätt, nella Baviera; e Vinnibaldo, che dirige a Heidenheim un monastero “doppio”, formato cioè da una comunità maschile e da una femminile sotto un unico abate. Questa è una novità trapiantata dall’Inghilterra, e qui Valpurga diventa badessa dopo la morte del fratello nel 761. Guidata da lei, l’abbazia continua a essere un centro di forte irradiazione religiosa e culturale, e di aiuto alla gente del luogo, secondo la tradizione benedettina. Valpurga guida monaci e monache di Heidenheim per diciotto anni, fino alla sua morte, e subito dopo si diffonde intorno alla sua figura una venerazione popolare che dura nel tempo. Morì il 25 febbraio 779.