a cura di don Riccardo Pecchia
Oggi 25 ottobre: san Gaudenzio di Brescia, nativo di Brescia nel IV-V secolo. Dotato di una eccellente preparazione culturale, umanistica e religiosa, ci ha lasciato una serie di Trattati (i suoi sermoni e anche parte del suo epistolario), che confermano la sua fama di uomo dotto e che ci raccontano qualcosa sulla sua vita, inviati ad un meritevole concittadino che perché malato, non poteva recarsi ad ascoltarlo. Gaudenzio, per la suo umiltà, pensava di svolgere il suo ministero unicamente attraverso la predicazione. Verso il 386 intraprese un viaggio in Terra Santa e attraversando la Cappadocia si fermò a Cesarea in un monastero presieduto da due nipoti di san Basilio, dalle quali ricevette in dono reliquie dei quaranta martiri di Sebaste. Mentre si trovava in Oriente, morì a Brescia il vescovo Filastrio e clero e popolo elessero come successore Gaudenzio. I bresciani allora mandano in Palestina una delegazione per farlo rientrare al più presto. Lui accetta con qualche difficoltà, perché si considera scarso come scrittore di teologia, mentre questo all’epoca è compito fondamentale di ogni vescovo, con tanti punti di fede da precisare, con la varietà di dottrine e di dottrinari che ci sono in giro. Sant’Ambrogio e gli altri vescovi confinanti approvarono tale designazione e alla delegazione bresciana incaricata di raggiungerlo affidarono delle lettere in cui pregavano i vescovi orientali di negargli la comunione nel caso non avesse accettato. Fu consacrato nel 390 dallo stesso sant’Ambrogio, il quale tenne il discorso d’occasione. Fu l’ottavo vescovo di Brescia. Lui poi si recò a Milano e fu invitato da Ambrogio a rivolgere al popolo due discorsi dei quali ci rimane solamente il secondo, il De Petro et Paulo, tenuto il giorno della festa dei due Apostoli. Negli anni 400-402 egli consacrò la chiesa denominata Concilium Sanctorum (Concilio dei Santi, cioè riunione dei testimoni di Cristo), e vi pose le reliquie di san Giovanni Evangelista, degli apostoli Andrea e Tommaso e dell’Evangelista Luca. Nel 406 papa Innocenzo I e il Concilio romano da lui radunato mandarono a Costantinopoli una delegazione di 5 vescovi, tra cui Gaudenzio, per costringere Arcadio a esaminare la causa di Giovanni Crisostomo, vescovo di Costantinopoli, costretto all’esilio dall’imperatrice Eudossia. Ma l’iniziativa non ebbe successo; comunque il Crisostomo in una lettera espresse sentimenti di ammirazione e di ringraziamento al vescovo bresciano. Gaudenzio morì alla fine del 410 o all’inizio del 411.
25 ottobre: santi Crispino e Crispiniano, nativi nel III secolo. Stando a quanto si dice nei racconti agiografici, erano due fratelli di origine romana appartenenti ad una famiglia altolocata che ad un certo punto della loro vita decisero di farsi cristiani e di dedicarsi al Signore diffondendo il Vangelo e così, secondo la tradizione, di giorno predicavano e pregavano Gesù Cristo mentre di notte lavoravano per vivere. Come mestiere scelsero, umilmente, di fare i calzolai. I due cristiani vengono inviati, da Roma nella Gallia Belgica, come missionari, per diffondere la fede cristiana e stabilirono la loro dimora a Soissons, dove, sempre stando ai racconti agiografici, fecero tanti convertiti ed ottennero molte conversioni. Dopo alcuni anni di soggiorno in Francia, nel 287, furono scoperti e condotti davanti al Prefetto del Pretorio, Rizio Varo, acerrimo nemico del cristianesimo. Furono sottoposti a torture ma poiché le sopportarono con molta fermezza e non rinunciarono alla fede cristiana. In un eccesso d’ira per il fallimento, il prefetto si sarebbe ucciso gettandosi nel fuoco. L’imperatore Massimiano, per vendetta, condannò i due giovani cristiani a morte e decapitati. Narra la leggenda che quando ormai l’impero romano stava crollando ed i contadini fuggivano all’incalzare delle orde di Attila, Crispino e Crispiniano una notte di Natale, tremanti di freddo, bussarono alla porta di una misera casetta di Crespy en Valois. Comparve una donna in lacrime, con voce rotta dai singhiozzi, narrò che pochi giorni prima, suo marito era stato ucciso dai Vandali. Ora le rimaneva solo un bambino di due anni che piangeva in una culla. I due santi, commossi, andarono ad abbattere un albero nel bosco vicino e intagliarono due rozzi sandaletti che posarono davanti al focolare spento. Poi si inginocchiarono in preghiera. Ed ecco che miracolosamente i trucioli che avevano gettato nel camino si misero a danzare e a brillare. Non erano più trucioli di legno, ma pepite d’oro; patroni dei calzolai