a cura di don Riccardo Pecchia
Oggi 25 settembre si celebra san Firmino di Amiens, nacque a Pompaelo (attuale Pamplona) nel 272 d.C., figlio di un senatore pagano di nome Firmo, un alto funzionario romano che governò Pamplona nel III secolo. L’insegnamento di san Onesto, che era arrivato alla penisola dopo esser stato miracolosamente liberato dalla sua prigione a Carcassonne, commosse i genitori, che ebbero modo di ascoltare la sua predicazione. La curiosità li spinse a fermarsi per ascoltare il sacerdote, furono rapiti dalla dolcezza e dalla modestia, ma ancor più commossi dalle verità che egli annunciava al popolo, ma non si convertirono fino a quando sentirono non sentirono san Saturnino vescovo di Tolosa. Firmino che era il figlio maggiore, fu affidato alle cure del prete Onesto, che lo battezzò e lo istruì nella fede cristiana. Il santo avrebbe battezzato Firmino e i suoi genitori. Sotto la guida di Onesto il giovane Firmino fu cresciuto nella fede. A 18 anni di età fu mandato a Tolosa, dove fu ordinato sacerdote da Onorato, successore di san Saturnino, e dopo qualche anno vescovo; sembra che Firmino rimase a Pamplona, dove una tradizione locale, lo considera primo vescovo della città; poi passò ad evangelizzare in Francia nelle regioni dell’Aquitania, Alvernia, Anjou e altre del nord-est, i risultati della sua opera furono strepitosi, malgrado l’opposizione pagana. Gli Atti dicono che fu pure arrestato per ordine del governatore romano Valerio, frustato e poi liberato. Nel suo tragitto, alla fine, si fermò ad Amiens, antica Samobriva Ambianorum, dove fu vescovo con grande successo, per molti anni. Proprio il grande successo del suo operato ebbe la riapertura delle ostilità ad opera dei magistrati Longulo e Sebastiano, i quali non ebbero esitazione alcuna di nuovo ad incarcerarlo nei primi anni del secolo IV ed invitarlo ad abiurare; ma Firmino rifiutò rimanendo fermo nella sua fede, ed allora i magistrati, per evitare una reazione popolare, lo fecero decapitare in carcere. Morì il 25 settembre di un anno imprecisato fra il 290 e il 303.
25 settembre: san Sergio di Radonež, nacque a Rostov (Russia) nel 1322, da una famiglia dell’alta aristocrazia russa. All’età di 7 anni, Bartolomeo (prese il nome di Sergio alla tonsura monastica) fu mandato a scuola. Nonostante avesse difficoltà di apprendimento, il suo animo era attratto dallo studio; Bartolomeo pregava Dio di aprire la sua mente al sapere. Un giorno, vagando alla ricerca di alcuni cavalli fuggiti nei campi, al giovane apparve un vecchio monaco, raccolto in preghiera sotto un albero. Il ragazzo si avvicinò al monaco e parlò a lui del suo voto e della sua speranza. Dopo avere ascoltato, il monaco recitò una preghiera per il giovane, affinché la sua mente fosse illuminata. Trasse poi una particola di Pane Eucaristico e con esso benedì il ragazzo, dicendo: «Prendi, e mangiane, questo ti è dato come segno della grazia di Dio, e come aiuto nella comprensione delle Scritture». E Bartolomeo ricevette la grazia dell’apprendimento e fu in grado di imparare, leggere e memorizzare con facilità. L’esperienza con il monaco fece crescere in Bartolomeo il desiderio di servire Dio; il giovane desiderava trascorrere la vita nell’isolamento e nella preghiera, ma questa vocazione fu per qualche tempo frenata dall’amore per la propria famiglia. Bartolomeo era buon carattere e di indole ascetica: umile e gentile, non si irritava mai; si cibava di pane ed acqua, astenendosi da ogni cibo e bevanda nei giorni di digiuno. Dopo la morte dei genitori, Bartolomeo rinunziò all’eredità in favore del fratello minore Pietro e assieme al fratello Stefano si stabilì in una foresta isolata a circa 10 chilometri da Radonez. I fratelli costruirono una casetta in legno ed una cappella, che fu dedicata alla Santa Trinità. Stefano lasciò presto il fratello per diventare igumeno (abate) del monastero Bogojavlenskij di Mosca: Bartolomeo, diventato Sergio, dopo la tonsura monastica, restò solo nella foresta. La vita non fu facile, tra le tentazioni, e in mezzo a branchi di lupi ed orsi. Un giorno l’anacoreta (l’eremita) nutrì un grande orso ponendo un pezzo di pane sul ceppo di un albero. L’orso ne mangiò, e da quel momento si affezionò a Sergio e visse nei pressi del suo rifugio. Nonostante i tentativi di Sergio di vivere nell’isolamento, il suo stile di vita e di preghiera attrasse molti monaci, che vollero porsi sotto la sua direzione spirituale. Nel 1354 questi convinsero Sergio a diventare il padre superiore, del monastero che era venuto formandosi. Sergio si dimostrò dapprima titubante di fronte a una scelta che andava profondamente a turbare i propri intenti eremitici ma poi, dopo aver ricevuto l’approvazione del Patriarca di Costantinopoli e del Metropolita di Mosca, acconsenti a guidare il cenobio che si stava costituendo. Ciò portò anche allo stesso monastero qualche vantaggio e maggiore sostentamento. Ciò consentì di distribuire elemosine e di praticare l’ospitalità ai viandanti e ai bisognosi. Sergio fu un modello di ascetismo e di umiltà. La sua fama giunse a Costantinopoli, e il Patriarca Filoteo gli inviò la propria benedizione e approvò il sistema di vita cenobitica inaugurato da Sergio. Il Metropolita Alessio di Mosca era molto attaccato a Sergio, e si avvaleva di lui per ricomporre le controversie tra principi e governanti. Volle anche designarlo come proprio successore, ma Sergio rifiutò sempre questa offerta. Il Monastero della Trinità fu casa madre di molte altre fondazioni. Morì il 25 settembre 1392, a 78 anni; patrono della Russia