a cura di don Riccardo Pecchia
Oggi 26 dicembre la chiesa ricorda santo Stefano protomartire, si ignora il luogo e l’anno di nascita, l’unico dato certo è la sua origine greca, appunto il significato del suo nome, dal greco, significa “coronato”. Denominato Protomartire (primo martire) perché è stato il primo cristiano ad essere ucciso per testimoniare la propria fede in Cristo e per la diffusione del Vangelo. Fu uno dei primi giudei a diventare cristiano e a seguire gli apostoli. Il giovane Stefano apparteneva alla prima comunità cristiana, sorta dopo la morte di Gesù, che applicava integralmente la “carità fraterna”, infatti i suoi appartenenti mettevano i loro beni in comune con gli altri e ad ognuno veniva distribuito equamente quanto bastava per il loro sostentamento. Quando la comunità crebbe, gli Apostoli nominarono sette ministri della carità chiamati Diaconi ai quali affidarono il servizi di assistenza giornaliera e Stefano fu il primo dei sette diaconi (Stefano, Filippo, Procoro, Nicanore, Timone, Parmenas e Nicola di Antiochia) scelti dagli apostoli perché li aiutassero nel ministero sacerdotale. Tra questi spiccava il giovane Stefano che, oltre ad occuparsi dell’amministrazione dei beni comuni, si prodigava nella propagazione della fede predicando e parlando ai suoi concittadini. Naturalmente come prima di lui Gesù si fece molti nemici, in modo particolare fra i sacerdoti del Tempio di Gerusalemme. Il luogo del martirio di Stefano a Gerusalemme è tradizionalmente collocato poco fuori della Porta di Damasco. Dagli Atti degli Apostoli risulta che alla morte di Stefano, intorno al 36 d.C., fu seguita da una persecuzione locale contro i discepoli di Gesù, la prima verificatasi nella storia della Chiesa che spinse il gruppo dei cristiani giudeo-ellenisti a fuggire da Gerusalemme e a disperdersi. Cacciati da Gerusalemme, essi si trasformarono in missionari itineranti: «Quelli che erano stati dispersi andavano per il paese e diffondevano la Parola di Dio» (At 8,4). La persecuzione e la conseguente dispersione diventano Missione ed il Vangelo si propagò nella Samaria, nella Fenicia e nella Siria fino alla grande città di Antiochia, dove secondo l’evangelista Luca, risuonò per la prima volta il nome di «cristiani» (At 11,26). Da allora il 26 dicembre, giorno dopo Natale, divenne la festa del Primo Martire, primo fra coloro che ne rese testimonianza.
26 dicembre: san Dionisio papa, nacque probabilmente a Terranova da Sibari (Cosenza). Durante il pontificato di papa Stefano I sembra che Dionisio fosse un presbitero della Chiesa di Roma e come tale prese parte nella controversia sulla validità del battesimo dei lapsi (cristiani che, sotto la minaccia delle persecuzioni, compirono atti di adorazione verso gli dei pagani). Questo fatto spinse Dionisio, Patriarca di Alessandria d’Egitto, a scrivergli una lettera sull’argomento, nella quale viene descritto come uomo eccellente e dotto. La questione venne comunque definitivamente chiusa, con l’affermazione della posizione della Chiesa di Roma. Dopo il martirio di papa Sisto II, il 6 agosto 258, la sede di Roma rimase vacante per quasi un anno a causa della violenza della persecuzione che rendeva impossibile eleggere un nuovo vescovo. A Dionisio, che fu elevato all’ufficio di vescovo di Roma, il 22 luglio 259, solo quando, essendo l’imperatore Valeriano occupato in altre questioni, la persecuzione iniziò a perdere di vigore, toccò il compito di riorganizzarne la chiesa, che era caduta in grave disordine. Alcuni mesi più tardi il nuovo imperatore Gallieno pubblicò il suo editto di tolleranza che fece terminare la persecuzione e diede un assetto legale alla Chiesa. In questo modo, la Chiesa di Roma rientrò in possesso dei suoi luoghi di culto, dei suoi cimiteri, e delle altre proprietà, e Dionisio fu in grado di rimettere ordine nella sua amministrazione. Tra l’altro, seguendo le antiche tradizioni della Chiesa romana Dionisio estese le sue cure anche ai fedeli di terre distanti. Quando i cristiani di Cappadocia erano in grande angoscia per le incursioni dei Goti, il papa indirizzò una lettera consolatoria alla Chiesa di Cesarea e spedì una ingente somma di denaro per riscattare i cristiani che erano stati presi in ostaggio e per incentivare la ricostruzione dei molti luoghi di culto andati distrutti. In quegli anni presero forma nuove controversie teologiche, tra le quali il Sabellianismo, che poneva forti dubbi sulla questione della Trinità. Un concilio indetto a Roma nel 262 definì la dottrina della Trinità e dichiarò eretica la posizione di Sabellio. Furono inoltre rifiutate le false opinioni di coloro che, come i Marcioniti, in modo analogo separavano la Trinità in tre esseri completamente distinti o che consideravano il Figlio di Dio come un essere “creato”, anziché “generato” come dichiaravano le Sacre Scritture. A margine di questa questione era sorto anche il caso del vescovo di Alessandria Dionisio il quale, pur avendo preso posizione in favore del riconoscimento della Trinità, si era espresso in termini tutt’altro che ortodossi riguardo al Logos e alla sua relazione con Dio Padre. Papa Dionisio lo convocò a Roma, invitandolo a spiegare il suo punto di vista, cosa che Dionisio di Alessandria fece con il suo “Apologia”. Un’altra questione spinosa riguardò il vescovo di Antiochia Paolo di Samosata, al quale la regina di Palmira, Zenobia, aveva affidato il governo della città, oltre alla cura degli affari spirituali. Per sdebitarsi con la regina, il vescovo assecondò le sue pretese in materia teologica, promulgando l’idea di un Cristo divenuto gradualmente Dio e per adozione da parte del Padre. Tre sinodi indetti ad Antiochia tra il 264 e il 268 non furono in grado di dichiarare eretico Paolo, che presentò sempre argomenti a sua discolpa. Ci riuscì il sacerdote e retore Malchione, che ne ottenne dunque la scomunica e la sostituzione con Domno. Il Sinodo che depose Paolo di Samosata inviò una lettera a papa Dionisio ed a Massimo, vescovo di Alessandria, per renderli edotti sui suoi lavori, ma nel frattempo papa Dionisio era morto. Morì il 26 dicembre 268.
26 dicembre: beato Secondo Pollo, nacque a Caresanablot (Vercelli) il 2 gennaio 1908; fu alunno dei Fratelli delle Scuole Cristiane a Vercelli; ad 11 anni entrò nel seminario diocesano seguendo i corsi di ginnasio e liceo. Gli studi li proseguì a Roma nel Seminario Lombardo, quattro anni di teologia e poi ricevette gli Ordini Minori, fino al diaconato. Ottenne la laurea in filosofia nel 1931 alla Pontificia Accademia di San Tommaso e in teologia alla Pontificia Università Gregoriana. Il 15 agosto 1931 venne ordinato sacerdote a Sostegno (Vercelli), per sei anni fu professore e direttore spirituale nel Seminario Minore e ancora dal 1936 al 1940 fu insegnante di filosofia e teologia nel Seminario Maggiore di Vercelli, essendo nel contempo Assistente diocesano dei Giovani d’Azione Cattolica. Con l’inizio del conflitto mondiale decide di seguire i giovani nella bufera della guerra con i quali aveva operato e pur con una rilevante menomazione all’occhio sinistro chiede di diventare cappellano degli Alpini. Fu nominato tenente cappellano del 3° battaglione alpini “Val Chisone” della Divisione Alpina Alpi Graie e divenne compagno e padre di tanti giovani impegnati nelle operazioni belliche del 1940-41, dedicando loro tutto se stesso; pur essendo di aspetto gracile, si elevava al disopra di loro per la sua ascetica e la pazienza conformata alla Croce. Verso la fine del 1941 il suo battaglione fu inviato nel Montenegro a Cervice; il 26 dicembre durante un attacco nella zona Dragali (Montenegro), don Secondo si apprestava a soccorrere un ferito, quando un proiettile gli recise l’arteria femorale sinistra, che gli procurò la morte per dissanguamento, aveva 33 anni, nelle sue mani aveva la corona del rosario e i Santi oli. Morì il 26 dicembre 1941