a cura di don Riccardo Pecchia
Martedì 26 luglio si festeggia santi Gioacchino e Anna, sono nella tradizione i genitori della beata Vergine Maria e i «nonni materni» di Gesù, i loro nomi non compaiono nel Nuovo Testamento; dopo il Concilio Vaticano II la liturgia ha riunito in uno stesso giorno le memorie di Gioacchino e Anna, fino ad allora commemorati in giorni diversi. Il vangelo apocrifo (testo religioso che si riferiscono alla figura di Gesù e che sono stati esclusi dal canone della Bibbia cristiano) Protovangelo di Giacomo afferma che Gioacchino era un anziano sacerdote e viveva con la moglie Anna a Gerusalemme; un giorno mentre stava portando le sue offerte al Tempio come faceva ogni anno, il gran sacerdote Ruben respinse l’offerta, perché Gioacchino ed Anna erano sposati da vent’anni e non avevano ancora generato un figlio; secondo la mentalità ebraica del tempo, il gran sacerdote scorgeva la maledizione divina su di loro, perciò erano sterili. Questi ne fu profondamente umiliato, ma pochi giorni dopo, mentre era nei campi al lavoro, gli apparve un angelo che gli annunziò la nascita di un figlio, anche Anna ebbe la stessa visione e non molto tempo dopo diedero alla luce Maria, la futura madre di Gesù; non sappiamo quando morirono e se fossero in vita quando la figlia Maria dette alla luce Gesù.
26 luglio: santa Bartolomea Capitanio, religiosa bergamasca e fondatrice insieme a santa Vincenza Gerosa della congregazione delle Suore di Carità dette comunemente di Maria Bambina; trascorre quattro anni nell’educandato delle Clarisse per completare gli studi e altri due come educatrice, pur essendo attratta dalla vita claustrale, ritorna in famiglia dopo due anni e aprì una piccola scuola per bambine povere nella sua casa, elaborando un metodo didattico che associava l’insegnamento scolastico a quello spirituale, fondò un oratorio e una congregazione, sotto la protezione di Maria Bambina, imponendosi un severo programma di vita ascetica; inoltre la giovane Bartolomea dedicò la sua opera al piccolo ospedale per i poveri, fondato in Lovere dalle sorelle Caterina (che assunse poi in religione il nome di Vincenza) e Rosa Gerosa, dove era stata chiamata in qualità di direttrice ed economa. Dopo l’inaugurazione dell’ospedale eretto in Lovere con donazioni testamentarie lasciate da Ambrogio, zio di Vincenza Gerosa, confortata dalla sapiente guida di don Angelo Bosio, sacerdote colto, pastore delle anime, comprende che la sua strada della santità varcherà i confini di Lovere per aprirsi al mondo. Bartolomea, da parte sua, attendeva alle sue opere: dall’ospedale all’oratorio, dalle congregazioni alla scuola, infittiva la corrispondenza con le amiche, dettava preghiere e novene e invitava Caterina Gerosa a pregare per lei; durante gli esercizi spirituali scrisse le regole della nuova istituzione, alla quale aveva guadagnato anche l’adesione di Caterina Gerosa. Preoccupazione non lieve era la ricerca, la scelta e l’acquisto di una casa: le difficoltà erano molte e provenivano dai parenti, dalle autorità e dalla insufficienza di mezzi, si stipulò il contratto di compera della Casa Gaia, un antico edificio in abbandono e alla presenza delle due fondatrici, del parroco di Lovere, di don Bosio, di parenti ed amiche, avvenne la cerimonia dell’erezione dell’Istituto, nella nuova casa chiamata il “Conventino”, l’Istituto sarà tutto fondato sulla Carità, fondato sulla norma e sugli esempi lasciati da Nostro Signore Gesù Cristo, fondato sui voti di castità, obbedienza e povertà; la Capitanio, dopo l’offerta di se stessa a Gesù crocifisso e l’offerta d’immolazione di sé stessa, morì all’età di 26 anni.