Oggi 27 dicembre la chiesa celebra san Giovanni evangelista, era figlio di Zebedeo e fratello di san Giacomo apostolo. I due fratelli sono detti Βοανηργές “figli del tuono” (Mc 3,17); di entrambi, nei Vangeli sinottici, Gesù deve talvolta frenare lo zelo intemperante e l’ambizione. Ma il Quarto Vangelo, secondo l’opinione tradizionale, ci presenta come proprio autore “il discepolo che Gesù amava”, che nel corso dell’Ultima Cena appoggia il capo sul petto di Gesù, e nonostante fosse scappato con gli altri apostoli durante l’arresto nel Getsemani, è l’unico dei discepoli presenti durante la crocifissione di Gesù, al quale affida sua madre Maria (Gv 19,26-27); a Pietro e a lui, dopo la risurrezione, Maria Maddalena annuncia che la pietra del sepolcro è tolta, così che entrambi vi accorrono, ma il discepolo arriva per primo (Gv 20,3-8). Si tratta dunque di un apostolo, strettamente legato a san Pietro. Ed è Pietro infatti che, sul Lago di Tiberiade, dove tra i presenti sono ricordati i figli di Zebedeo, dopo aver ricevuto l’incarico e la profezia che lo riguardano, domanda al Risorto che sarà di costui, e Gesù risponde: «Se io voglio ch’egli rimanga finché io venga, a te che importa?»; ma il testo sottolinea che questa risposta non significa, come alcuni credevano, che il discepolo non sarebbe morto. Si discute se sia anche da identificare, come parecchi credono, con “il discepolo” conosciuto dal sommo sacerdote che accompagna Pietro e gli fa aprire la porta (Gv 18,15-16) e con il compagno di Andrea che abbandona san Giovanni il Battista per seguire Gesù (Gv 1, 37-41). Ma accanto a Pietro, Giovanni appare anche negli Atti degli apostoli (3,3-11; 4, 13) dove è uno degli apostoli più importanti; e tra le “colonne” della Chiesa, con Giacomo e Cefa (san Pietro), è ricordato inoltre da san Paolo (Galati 2,9). La tradizione, attestata soprattutto da sant’Ireneo e dalle notizie conservate da Eusebio di Cesarea, aggiunge che fu relegato nell’isola di Patmos, dov’ebbe le rivelazioni esposte nel Libro dell’Apocalisse, e che visse a lungo a Efeso, fino ai tempi di Traiano. D’altra parte, la profezia di Gesù ai figli di Zebedeo, «berrete la coppa che io bevo e sarete battezzati del battesimo di cui io sono battezzato» (Mc 10,39), e che appare realizzata nel martirio di san Giacomo (Atti 12, 2), ha indotto molti studiosi a pensare che anche Giovanni subisse la sorte del fratello.
27 dicembre: santa Fabiola di Roma, faceva parte del gruppo delle donne che, sotto l’influenza di san Girolamo, avevano deciso di dedicarsi alla vita ascetica e all’attività caritativa: fu proprio Girolamo a tramandarne la memoria, descrivendone la vita in una lettera (Epistola LXXVII) indirizzata nel 400 al suo parente Oceano. Patrizia romana, apparteneva alla gens Fabia. Si sposa, ancora giovane, con un uomo che, ben presto, delude ogni sua aspettativa. Il matrimonio è un fallimento. Le continue liti e incomprensioni, ma, soprattutto, le violenze subite e la condotta dissoluta del marito, rendono il rapporto coniugale impossibile. Fabiola non sa cosa fare. Poi si decide e ottiene il divorzio civile, cosa non difficile secondo la legge romana di allora, tanto più che, a chiederlo, è una matrona importante e facoltosa. L’irrequieto cuore della giovane donna la spinge a sposarsi una seconda volta, mentre il primo marito è ancora in vita, e questo matrimonio, consentito dalla legge laica, contravviene alla legge divina ed ecclesiastica. Praticamente diventa una “divorziata risposata”, come oggi sarebbe definita. Lo scandalo tra la comunità cristiana di Roma è grande, al punto che Fabiola è additata come pubblica peccatrice. Questa situazione di aperta irregolarità matrimoniale e morale non dura molto, perché, poco dopo, le muore il secondo marito. Ma, dietro quella perdita e in quella sofferenza, ha il coraggio e l’umiltà di riflettere seriamente sulla sua vita e i propri errori. La vigilia di Pasqua, si veste di sacco, si presenta a papa Siricio nella Basilica del Laterano per chiedere perdono e confessare pubblicamente il suo errore, tornò così in piena comunione con la Chiesa. Come espiazione fondò il primo Hospitium (ospedale) romano per assistere e curare malati e abbandonati. Si tratta del primo ospedale cristiano in occidente, dove Fabiola si presta a curare con le sue mani i malati nel corpo e nello spirito. La sua azione sociale e cristiana non si arresta. Nel 394 si reca in pellegrinaggio in Palestina, desiderosa di vedere e toccare i luoghi sacri che furono di Gesù. Finisce per stabilirsi a Betlemme, ospite di san Girolamo, che diventa la sua guida spirituale e il suo maestro, qui visse nel monastero fondato da santa Paola, dedicandosi alla lettura ed alla meditazione della Bibbia. Vorrebbe fermarsi più a lungo a Betlemme, ma gravi avvenimenti stanno accadendo in Palestina e Fabiola preferisce ritornare a Roma. Qui ricomincia a far brillare la carità, fondando un ospizio per i pellegrini a Portus (oggi Fiumicino), sulla foce del Tevere, che offriva ospitalità gratuita e cure mediche ai pellegrini poveri. Morì il 27 dicembre 399; patrona delle vedove e dei divorziati.