a cura di don Riccardo Pecchia.
Oggi 27 settembre la chiesa festeggia san Vincenzo de Paoli, nacque a Pouy (Francia) il 24 aprile 1581. Le origini contadine del ragazzo lo portarono a doversi occupare dei porci e delle greggi della famiglia, fino a quando, accortisi delle sue capacità intellettive, i genitori decisero di farlo studiare affidandolo, nel 1595, ad un collegio di francescani, l’Ecole des Cordeliers, di Dax. Vincenzo vi rimase tre anni frequentando con successo i corsi di grammatica e latino. Fu per i suoi compagni un esempio di generosità, tanto che dopo un breve periodo di tempo, il signor de Comet, un amico di famiglia, gli chiese di diventare tutore dei figli. Da lì a poco, manifestò il desiderio di diventare sacerdote. Ricevuta la tonsura e gli ordini minori nel 1596 studiò teologia a Tolosa e il 23 settembre 1600, non ancora terminati gli studi, fu ordinato sacerdote. Lo stesso anno dell’ordinazione si fece largo per ottenere, nella sua diocesi, un beneficio ecclesiastico e con l’appoggio del signor de Comet fu nominato parroco di Tilh, ma dovette rinunciarvi per dedicarsi allo studio perché la stessa nomina era già in possesso di un altro prete che gli contestò la legittimità di quel beneficio. Nel 1604 terminò gli studi acquisendo il grado di baccelliere. Vincenzo visse, nel 1609, durante il soggiorno a Parigi, una delle umiliazioni più dura della sua vita, l’accusa di furto, a cui reagì con grande virtù ed umiltà. In quell’occasione conobbe il cardinale Pierre de Bérulle, personaggio di spicco della spiritualità francese di quel tempo che, pochi anni dopo Vincenzo scelse come suo direttore spirituale. Nel 1612 il Bérulle, dovendo trovare un curato per la parrocchia di Clichy, alla periferia di Parigi propose l’incarico a Vincenzo che accettò con gran entusiasmo. Prese possesso della parrocchia il 2 maggio dello stesso anno. L’anno successivo il cardinale Bérulle lo invitò a lasciare Clichy per entrare, come precettore, in una delle più illustri famiglie di Francia: i Gondi, famiglia di banchieri fiorentini che avevano fatto fortuna con Caterina de Medici. Vincenzo accettò il nuovo incarico anche se mantenne la cura della parrocchia di Clichy fino al 1626, in segno di riconoscenza per i suoi favori spirituali, i Gondi lo nominarono cappellano dei loro feudi. Finalmente si realizzava il suo sogno tanto ambito: una carica ecclesiastica presso la nobiltà francese che gli assicurasse una vita agiata e senza problemi. Nel 1617 è nominato parroco a Chatillon-les-Dombes, vicino a Lione e, il 20 agosto dello stesso anno, fondò la prima Compagnia della Carità, un gruppo di signore che si misero insieme per l’assistenza delle famiglie povere attraverso la visita personale a domicilio. In seguito, fu nominato Cappellano generale delle galere di Francia e in tale veste svolse un’opera continua e preziosa di assistenza per i condannati. È del 1625 la fondazione della Congregazione della Missione, l’opera che riuniva un gruppo di sacerdoti e che si proponeva la predicazione della fede tra i poveri e nelle campagne. La Congregazione prendeva fissa dimora a Parigi nel 1632 nel grande Priorato di San Lazzaro e si diffuse in molte parti dell’Europa, occupandosi anche della formazione del clero. Del 1633 fu ancora la creazione delle Figlie della Carità con la collaborazione di santa Luisa de Marillac, che assunsero il compito di sostenere l’attività delle Compagnie della Carità. Erano suore non più chiuse nei conventi, ma sparse nel mondo a servizio dei poveri ovunque si trovassero. Il 27 settembre 1660 Vincenzo muore, le sue ultime parole furono: «Gesù», era seduto su una sedia, vicino al fuoco come in attesa di qualcuno.
27 settembre: Venerabile Ignazio Eustachio Capizzi, nacque a Bronte (Catania) il 20 settembre 1708, di umilissime origini, restò orfano di padre e già ad appena otto anni faceva da piccolo pastore alle pecore ed agli agnelli nella mandria dello zio. Ad 11 anni, ancora analfabeta, iniziò i primi studi a Bronte, nell’Oratorio di San Filippo Neri, sotto la guida di due preti, don Giuseppe Mario Fransone e da don Pietro Politi, e con estremi sacrifici, li continuò a Caltagirone prima (per tre anni) e poi a Lipari. A 18 anni, per proseguire gli studi di filosofia e teologia nelle isole Eolie, fece da domestico (chierico di camera) al Vescovo di Lipari. Trasferitosi nel 1732 a Palermo per pagarsi gli studi lavora come sguattero e da infermiere nell’Ospedale Grande e Nuovo; inizia a studiare medicina e nel 1734 abbraccia la professione medica, ma il suo sogno resta il sacerdozio. Continua a Palermo gli studi religiosi e, dopo anni di stenti, di umiliazioni e di sacrifici, nel 1735 consegue la laurea in Teologia nel Collegio Massimo di Palermo; il 17 dicembre viene ordinato diacono e, all’età di 28 anni, il 26 maggio del 1736 viene ordinato sacerdote. Fu un uomo virtuoso, caritatevole, dedito alla povertà, sempre umile. Organizzatore infaticabile, colto predicatore e scrittore, dedicò gran parte della sua vita a favore degli ammalati e dei poveri e della gioventù incolta e senza guida per la cui elevazione sociale, morale e culturale, spese le sue energie e la sua vita. Parecchi paesi della Sicilia e specialmente Palermo e Bronte, furono testimoni della sua feconda attività apostolica e di coraggiose ed ardite iniziative sociali quali l’edificazione di opere di pubblico vantaggio (collegi, convitti, istituti). A Palermo, a contatto con collegi e istituti scolastici, matura l’idea di fondare una scuola destinata alla formazione dei secolari, ma anche dei nuovi sacerdoti nel suo paese natale, privo di scuole, dove l’analfabetismo era dominante e che era stato costretto a lasciare per darsi un’istruzione. Ignazio, povero, umile ma colto e formidabile organizzatore, progettò questa sua idea e vi lavorò ininterrottamente con tenacia ed entusiasmo per oltre 15 anni ed alla fine, dopo la posa della prima pietra, riuscì a costruire il maestoso “Real Collegio Capizzi” in pochi anni. Per realizzare l’opera superò moltissime difficoltà, ostracismi, contrasti e calunnie di ogni genere. Il Capizzi elemosinò le risorse necessarie in ogni luogo. Ignazio morì nel convento dell’Olivella a Palermo il 27 Settembre 1783, dove fu sepolto