a cura di don Riccardo Pecchia
Oggi 31 dicembre la chiesa ricordala Sacra Famiglia, la festa della Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe cade nel Tempo di Natale. Secondo il calendario del rito romano nella domenica che intercorre tra il Natale ed il Capodanno; in assenza della domenica la si festeggia il 30 dicembre. Nella liturgia cattolica si cominciò a celebrare la festa della Sacra Famiglia, localmente, nel XVII secolo; più tardi fu fissata alla terza domenica dopo l’Epifania, nel1893 da Leone XIII, infine nella domenica all’interno dell’ottava dell’Epifania, nel 1921 da Benedetto XV. Nel Vangelo di Matteo, dopo l’adorazione dei Magi, un angelo avverte Giuseppe di fuggire in Egitto poiché Erode vuole uccidere il bambino Gesù; la sacra famiglia quindi permarrà in Egitto fino alla morte del re, il quale aveva ordinato di uccidere tutti i neonati maschi di Betlemme nel vano intento di liberarsi di Gesù. Morto Erode, la sacra famiglia fece ritorno a Nazareth. Nel Vangelo di Luca si trovano invece l’episodio della circoncisione del bambino secondo la legge di Mosè, e lo smarrimento e ritrovamento di Gesù dodicenne al tempio di Gerusalemme; ritrovato dopo tre giorni di ricerca, la santa famiglia fece ritorno a Nazareth dove Gesù crebbe sottomesso ai genitori. Nella dottrina cristiana la Sacra Famiglia è stata sempre ritenuta un modello fondamentale della famiglia umana. I legami di affetto, di amore, di comprensione che le famiglie umane sono chiamate a rinnovare continuamente, sono particolarmente espressi e vissuti nella Sacra Famiglia.
31 dicembre: san Silvestro I, 33° vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica, la sua data di nascita è ignota, si sa solo che era figlio di Rufino, di origini romane, e di una certa Giusta. Dopo la morte di papa Milziade Silvestro fu consacrato vescovo di Roma, posizione che occupò per più di venti anni, nel periodo di passaggio tra le persecuzioni cristiane e la venuta dell’imperatore Costantino. Fu il primo papa ad affrontare un cambiamento epocale: Roma si trasformava da città pagana in città cristiana. L’incidenza politica di Silvestro fu debolissima, complice anche, di contro, la vastissima popolarità e l’altissima personalità di Costantino. Fu l’imperatore a gestire, di fatto, il potere e le attività della Chiesa per tutto l’arco della vita di Silvestro e oltre. Il papa fu, in un certo senso, l’“uomo di Costantino” il quale, consapevole della forza che ormai stava assumendo il cristianesimo, orientò i suoi sforzi in direzione della sostituzione degli apparati pagani dello Stato con quelli cristiani. Silvestro prese parte ai negoziati sull’Arianesimo e sul Concilio di Nicea del 325. Fu il primo concilio ecumenico, indetto per combattere l’eresia di Ario sulla natura divina di Gesù. Il concilio stabilì che Cristo era di natura divina. Il pontefice inviò i suoi legati al primo concilio ecumenico, non si sa però di certo se Costantino avesse concordato in anticipo con Silvestro la convocazione del concilio, né se, oltre alle firme dei suoi legati in calce ai documenti conciliari, ci fosse una espressa conferma papale alle deliberazioni. Fu confermata la condanna dell’arianesimo, fortemente ribadita dalla prima formulazione del “Simbolo niceno” (il Credo dei cristiani) che però non bastò ad estirpare il movimento eretico in Oriente. Anzi lo stesso imperatore, indubbiamente non esperto di questioni teologiche, ma preoccupato soprattutto della stabilità politica, sostituì a breve il suo consigliere per le questioni ecclesiastiche Osio con l’ariano Eusebio di Nicomedia. Questi riuscì ad ammettere lo stesso Ario alla presenza di Costantino, il quale, fidandosi del suo nuovo consigliere, ritenne che una riabilitazione e un rientro di Ario nella Chiesa sarebbe servita ad una riconciliazione tra la Chiesa di Roma e quella d’Oriente. Al rifiuto di sant’Atanasio, vescovo di Alessandria, senza neanche concordarlo con Silvestro, Costantino convocò nel 335, a Tiro, un nuovo concilio di soli vescovi ariani, che deposero Atanasio. Le rimostranze di Silvestro, che morirà in dicembre di quello stesso anno, saranno del tutto inutili. Silvestro incoraggiò e sostenne la costruzione di grandi basiliche nella città di Roma, in particolare su suggerimento del papa fondò la basilica di San Pietro sul Colle Vaticano, dove si trovavano i resti di un tempio dedicato al dio Apollo, e dove fu tumulato, in un sarcofago di bronzo, il corpo del martire cristiano e primo papa della chiesa di Roma, l’apostolo Pietro. Sempre per merito di Silvestro furono fondate, vicino all’ex palazzo imperiale dove viveva il papa, la Basilica ed il Battistero del Laterano, la Basilica del palazzo Sessorium (basilica di Santa Croce in Gerusalemme), la Basilica di San Paolo fuori le mura e un numero elevato di chiese cimiteriali nel luoghi di martirio dei cristiani, fece anche costruire, presso le catacombe di Priscilla sulla Via Salaria una chiesa cimiteriale, ritrovata verso la fine dell’800, dove fu sepolto come da suo desiderio. Morì il 31 dicembre 335.
31 dicembre: san Giovanni Francesco Regis, nacque a Fontcouverte (Francia) il 31 gennaio 1597, di umili origini, ancora adolescente dimostrò un grande amore per lo studio e molta propensione ed assiduità alle pratiche religiose, così ottenne, nel 1616, una borsa per entrare nel collegio dei Gesuiti di Béziers. Qui, il Signore gli fece conoscere la sua vocazione: doveva essere gesuita. Appena Francesco riconobbe quale fosse la volontà di Dio a suo riguardo, si applicò ad eseguirla con tale slancio e ardore che perfino i suoi superiori se ne stupivano. Dopo un breve periodo passato in famiglia, si recò a Tolosa per incominciare il noviziato. Viene inviato a Cahors, dove emette i primi voti religiosi. Dopo tre anni è inviato a Tournon per perfezionare gli studi di filosofia, e poi di nuovo a Tolosa per quelli di Teologia. Nel 1630 dopo aver ricevuto l’ordinazione sacerdotale, si dedicò alla predicazione. Scoppiò un’epidemia di peste, e Francesco si diede subito con zelo instancabile a curare gli appestati, dimenticandosi perfino di mangiare. Grazie alla sua mansuetudine riuscì a convertire molti eretici e sottrae dal disonore e dalla disonestà molte persone, raccogliendole in case apposite. Appena il contagio cessò, Francesco cominciò le sue missioni fra i poveri di campagna, che divennero poi il suo apostolato specifico. Percorse così, predicando, quasi mezza Francia, raccogliendo ovunque testimonianze di gratitudine. Passava delle giornate intere nel “santo tribunale di penitenza” e per fargli prendere un pò di cibo gli si doveva fare dolce violenza. Il Signore gli fa conoscere che la sua ultima ora si avvicina, ma lui nonostante sia fragile e compromesso nella salute, decide di andare in missione. Purtroppo, durante il viaggio viene colto dalla febbre e intirizzito dal freddo, trova rifugio in una capanna fino all’alba. Il 24 dicembre 1640, riesce a raggiungere Lalouveche nel Sud della Francia, il paese dove era atteso per le celebrazioni natalizie. Nonostante le cattive condizioni di salute, volle ancora predicare, ma deve essere messo a letto, che non lasciò più. Ricevuti i Sacramenti e assistito da due confratelli sacerdoti, visibilmente consolato da Maria, morì il 31 dicembre 1640, aveva 43 anni.
31 dicembre: beato Alano di Solminihac, nacque a Belet (Francia) il 25 novembre 1593, la famiglia risiedeva a quel tempo presso il castello di Belet, qui Alano trascorse la sua giovinezza. Ad un certo punto della sua vita desiderò in un primo momento di unire la consacrazione a Dio con alti sentimenti cavallereschi, e meditò di aggregarsi ai Cavalieri di Malta; ma non era questa la sua via. Un suo zio, Arnaldo, era abate del monastero di Chancelade dei Canonici Regolari di Sant’Agostino. L’anziano zio si diede da fare perché il governo dell’abbazia fosse rimesso al nipote, che aveva appena 20 anni. Alano si dedicò allo studio della filosofia e della teologia a Parigi, dove ebbe occasione di fare conoscenza e stringere amicizia con san Vincenzo de Paoli, Giovanni Giacomo Olier, Carlo Faure fondatore della Congregazione canonicale di Francia. Alano fu ordinato sacerdote il 22 settembre 1618. Dopo quattro anni di soggiorno a Parigi, nel settembre 1622 ricevette la benedizione abbaziale. Possedeva ormai i requisiti necessari per affrontare la grande impresa di una vita nell’ambito dell’Ordine dei Canonici Regolari. Con la tenacia che gli era propria si dedicò alla ricostruzione della chiesa e del monastero di Chancelade. La sua prima comunità risultò formata da tre novizi ed un sacerdote religioso. Cominciò subito a rivivere la vita comune; nella chiesa abbaziale ripresero i canti dell’Ufficio corale; prese nuovo sviluppo anche la cura d’anime, caratteristica dei Canonici Regolari. Nel 1623 Alano pubblicò le Costituzioni, che prescrivevano un ritorno alla vita regolare austera: a mezzanotte mattutino (l’attuale ufficio delle letture), un’ora di meditazione, giuramento di non cercare né accettare benefici ecclesiastici allo scopo di rispettare la povertà. Nel giro di cinque anni a Chancelade si era ripreso a vivere la vita religiosa con tale autenticità, che molte vocazioni vi accorrevano. Alano fu nominato Visitatore di monasteri appartenenti all’Ordine Canonicale e ad altri Istituti religiosi. Alano ebbe molto a soffrire per la sua Congregazione in fiorente sviluppo. Carlo Faure, suo confratello che a Parigi lo aveva iniziato alla vita canonicale, ricevette l’incarico dal cardinale Francesco de la Rochefoucauld di unire nella Congregazione di Francia tutte le case dei Canonici Regolari esistenti nel regno. Alano si oppose a tale progetto che avrebbe messo in serio pericolo la sua opera. Sorsero così dei penosi contrasti. Un’ordinanza regia del 1636 impose la fusione delle due Congregazioni. Alano non era più uno sconosciuto, la sua attività e la sua fama erano giunte anche alla corte di Parigi. Più volte gli fu offerto il governo di una diocesi, ma egli declinò l’invito, ritenendosi chiamato a completare la riforma della sua Congregazione. Nel 1636 fu nominato vescovo di Cahors. Questa volta non poté sottrarsi all’impegno e dovette accettare. Il neoeletto volle rimanere religioso anche nella forma esterna di vita, continuò a portare l’abito bianco dei Canonici Regolari, mentre irrigidì il metodo di vita austera e mortificata. La sua carità non conobbe limiti né barriere; si dedicò all’assistenza dei poveri, dei malati e degli orfani: per loro fece costruire ospedali ed asili adeguati. Grande importanza rivestì la fondazione del seminario diocesano, alla direzione del quale egli chiamò i Preti della Missione. I 23 anni di episcopato svolti tra fatiche e penitenze continue lo indebolirono grandemente; nel 1659 si trovò costretto ad interrompere una visita pastorale, le sue forze fisiche non reggevano più il cumulo di impegni che si era prefisso. Morì il 31 dicembre 1659.
31 dicembre: Servo di Dio Gaetano Mauro, nacque a Rogliano (Cosenza) il 13 aprile 1888, da una famiglia profondamente religiosa. Fu avviato dal parroco don Michele Caruso agli studi che continuò poi nel Seminario Arcivescovile di Cosenza. Il 14 luglio 1912 fu ordinato sacerdote a Cosenza. Non dimenticò mai la prima Messa tra lacrime di gioia, il saluto a Bartolo Longo nel Santuario di Pompei e l’udien¬za di papa Pio X. Il 28 giugno 1914 venne assegnato come parroco a Montalto Uffugo, dove la situazione religiosa era drammatica, qui ottenne dal conte Ferdinando Caracciolo le rovine del convento di San Francesco di Paola, in cui volle istituire un ricreatorio per i giovani. Il 23 maggio 1915 interrompe la sua attività e partì per il fronte, dove prestò servizio nella Sanità con altri sacerdoti. Un anno dopo è nominato parroco di Viscone del Torre (Gorizia). Qui lavora tra i fedeli e anche tra i soldati che a Viscone trascorrono il tempo del riposo di ritorno dalle prime linee. Trascorse poi un periodo di prigionia nel campo di concentramento di Katzenau (Austria), dove si ammalò di tubercolosi. Al ritorno riprende in Montalto la sua attività in modo particolare i fanciulli e i giovani furono i preferiti nel suo lavoro. In particolare fiorirono l’Azione Cattolica, la congregazione mariana Le Figlie di Maria e gli Esploratori. Tornò in Calabria nel 1919 e lo colpì lo stato di miseria, di ingiustizia, di abbandono, di solitudine e di ignoranza religiosa e culturale dei contadini e della gente dei campi. È la folgorazione dell’ispirazione del carisma: l’evangelizzazione e la promozione umana del mondo rurale. Sorse nel mese di agosto 1925 l’A.R.D.O.R. (Associazione Religiosa degli Oratori Rurali), composta da sacerdoti e laici per l’insegnamento della dottrina cristiana nelle campagne. L’8 dicembre 1928 fondò la Congregazione dei Catechisti Rurali (missionari ardorini). La crisi vocazionale degli anni sessanta non risparmierà la nascente Opera, ritardandone la crescita. L’intensa attività apostolica di Gaetano subì un arresto improvviso, il 9 maggio 1934, quando, colpito da paralisi, stette tutto il giorno tra la vita e la morte. Vinse la vita. Egli ha sempre ricordato questa data come un miracolo della Madonna e come l’inizio di una seconda vita. Il 28 giugno 1943, la Santa Sede decise di accorpare alla giovane Congregazione dei Catechisti Rurali quella dei Pii Operai, fondata a Napoli nel 1602 dal Venerabile Carlo Carafa, di cui sopravviveva un solo membro, e che aveva sostanzialmente lo stesso fine. L’istituto derivato assunse il nome di Congregazione dei Pii Operai Catechisti Rurali e venne elevato a congregazione clericale di diritto pontificio. Gaetano ne fu il primo superiore generale. Le condizioni di salute di Gaetano, che mai si erano ristabilite completamente dopo il 1934, peggiorarono sensibilmente tanto da ri¬chiedere assistenza continua. Morì il 31 dicembre 1969.