a cura di don Riccardo Pecchia
Oggi 14 novembre la chiesa celebra san Serapio d’Inghilterra, nacque a Londra nel 1179, da una famiglia nobile legata ad Enrico II d’Inghilterra. Ben presto si arruolò come militare nella corte d’Austria dove partecipò alla crociata in Terra Santa nel 1217, durante le quali venne fatto prigioniero a seguito di un naufragio, di conseguenza fu destinato ad andare in Spagna a combattere contro i musulmani. Nel 1221 a Barcellona conobbe san Pietro Nolasco, attratto dalla eroica carità del fondatore, entrò nell’Ordine di Santa Maria della Mercede (mercedari). Nel 1222 chiese di ricevere l’abito come cavaliere laico dell’Ordine. San Pietro Nolasco decise così di nominarlo maestro dei novizi, incarico che cercò di rifiutare ritenendosi indegno, ma infine, non potendo fare altrimenti, accettò affidandosi al Signore e alla Vergine della Mercede. Insegnò più con la vita, che con le parole, infatti dalla sua scuola uscirono religiosi illustri, il più importante è san Raimondo Nonnato. Realizzò varie redenzioni, qual’era suo vero desiderio, e sebbene non fosse sacerdote, ardente di zelo per la salvezza delle anime, riuscì a portarne moltissime a Cristo. Si dedicò all’opera di liberazione degli schiavi cristiani catturati dai saraceni e per questo compì numerosi viaggi in Algeria. Un giorno durante una di queste missioni dovette restare in pegno per alcuni schiavi in pericolo, ma la somma pattuita per il riscatto non arrivò in tempo e morì inchiodato ad una croce come quella di sant’Andrea squartandolo crudelmente. Morì il 14 novembre 1240; invocato contro l’artrosi.
14 novembre: san Gregorio Palamàs (Γρηγόριος Παλαμάς), nacque a Costantinopoli nel 1296, da una nobile famiglia originaria dell’Asia Minore che era emigrata a Costantinopoli prima dell’invasione turca. Gregorio, pur in tenera età, fu avvicinato dai genitori all’ambiente monastico, a maestri e padri spirituali e questa sua prima formazione pose le basi per tutta la sua vita futura. Fu avviato agli studi di retorica e filosofia presso il filosofo Teodoro Metochita con ottimi risultati che gli aprivano una sicura carriera nell’amministrazione imperiale. Tuttavia, egli sentiva che la sua vita poteva trovare una pienezza adeguata a quanto cercava solo in ambiente monastico e, verso il 1316, decise di abbandonare il mondo risolvendo in un modo tutto medioevale e bizantino gli ostacoli familiari che gli si presentavano: propose alla madre, alle due sorelle, ai due fratelli e alla servitù di entrare in monastero. Così, si ritirò sul Monte Athos ed ebbe come primo maestro spirituale Theolepto che in seguito fu metropolita di Filadelfia (Turchia). Fu molto influenzato da questo maestro che lo introdusse alla pratica della “preghiera del cuore”. Gregorio, a 20 anni, si spostò presso un monastero del monte Papikion in Macedonia, dove visse come monaco. In quei luoghi esisteva una comunità monastica di messaliani (adepti di una confessione cristiana diffusa in Mesopotamia) con cui ebbe contatti e dove riuscì a convertire alcuni di loro. Nel 1317, assieme a due suoi fratelli, ritornò sulla “Santa Montagna”, prima sotto la guida dell’anacoreta (eremita) Nicodemo, poi presso la Grande Lavra (monastero), in seguito presso la comunità eremitica chiamata Glossia, dove si trovavano Gregorio Sinaita e Callisto, quest’ultimo diverrà in seguito patriarca di Costantinopoli. Nel 1325 abbandonò la penisola atonita a causa delle scorribande dei pirati. Egli avrebbe voluto trasferirsi a Gerusalemme, ma il suo viaggio finì a Tessalonica, dove nel 1326 venne ordinato sacerdote. Dopo vari trasferimenti in monasteri greci nel 1331 tornò al Monte Athos, presso la Grande Lavra. Fu per un breve periodo igumeno (abate) del monastero di Esphigmenou, che ai tempi contava una comunità di duecento monaci. Nel 1335 mentre si accendeva la “controversia esicasta” con Barlaam di Calabria, filosofo e vescovo cattolico, tornò alla skiti di San Sabba. Nel 1342 durante un viaggio a Costantinopoli venne arrestato e sottoposto a un processo, in cui venne condannato per i suoi scritti. Rimase nelle prigioni imperiali per 4 anni. Durante la prigionia scrisse molte delle sue opere. Nel 1347 venne convocato un sinodo dall’imperatrice Anna, in cui le idee di Barlaam e di altri filosofi vennero condannate, mentre Gregorio venne riabilitato. In quello stesso anno Gregorio venne consacrato arcivescovo di Tessalonica. Riuscì a insediarsi nella città di Tessalonica solo alla fine del 1350 o agli inizi dell’anno successivo dopo che terminarono i moti insurrezionali fomentati dagli zeloti di Tessalonica, una specie di partito indipendentista del tempo nelle cui file militavano pure monaci. La polemica attorno alle teorie del filosofo non si spense e nel 1351 venne indetto un altro sinodo che riaffermò l’ortodossia delle idee di Gregorio. In seguito fu fatto prigioniero per un anno dai turchi e, su pagamento di un riscatto pagato dai serbi, venne rilasciato. Nel 1355 fece ritorno a Tessalonica, dove rimase fino alla morte. Morì nel 1359.
14 novembre: beato Giovanni Liccio, nacque a Caccamo (Palermo) nell’aprile del 1426, da umili contadini. La madre morì dopo averlo dato alla luce e il padre in dal dolore lo affidò alla sorella, che non avendo figli e vivendo nella miseria, non poté che nutrirlo che con il succo di melagrana, ma il piccolo andava deperendo di giorno in giorno, finché una giovane mamma, una vicina di casa, mossa a compassione si offrì di allattare il bambino. Dopo pochi giorni il papà, ritornato in paese, decise di riportarlo in casa con se, non per molto dato che anche lui morì. Il piccolo così rimase orfano e sua zia decise di prendersene cura definitivamente. Giovanni cresceva, ed era buono, affettuoso verso la zia, la quale lavorava affinché non mancasse nulla al nipotino. La zia si prodigò di infondere nell’animo i primi sentimenti religiosi, l’avviò alle pratiche devote e lo mandò a scuola per far sì che egli imparasse le nozioni basilari del sapere. Giunto all’età di 15 anni, sentendosi attirato dalla vita monastica decise di farsi frate domenicano. Abbracciò la zia, addolorata per la partenza del nipote, ma gioiosa per la vocazione, e si avviò verso Palermo. Giunto a Palermo si diresse verso il convento di Santa Zita dove intorno al beato Pietro Geremia, il quale ancora vivente godeva fama di santità, viveva un gruppo di ferventi figli di San Domenico. Trascorso l’anno del noviziato, Giovanni fu ammesso alla professione. Iniziò allora a studiare lettere, filosofia e teologia e da tali studi ricavò tale profitto da essere stimato degno di salire agli onori della cattedra divenendo docente di Teologia presso lo Studium dei domenicani di Palermo. Ordinato sacerdote, Giovanni avrebbe voluto dedicarsi alla vita contemplativa, ma i superiori gli ordinarono di darsi alla predicazione. Così la fama di Giovanni si divulgò per tutta la Sicilia al punto che era chiamato l’Apostolo di Sicilia. Nel 1466 fu mandato a predicare nel nord Italia, a Vicenza nella chiesa della Santa Corona. La predicazione lo volle ancora lontano dalla Sicilia e così, nel 1479, venne assegnato al convento San Domenico Maggiore di Napoli. Il maestro Generale dell’ordine quando nel 1479 lo inviò, per obbedienza a Napoli, sapeva bene ciò che stava facendo volendosi avvalere della santità di questo ardente siciliano. Giovanni rimase così a Napoli fino alla morte del Maestro dell’ordine, fra Leonardo de Mansuetis. Nel 1481 fu richiamato al convento di San Domenico di Palermo divenendo successivamente vicario e visitatore canonico dei conventi domenicani riformati in Sicilia. Giovanni sperava di trascorrere in pace e nel riposo dell’anima gli ultimi anni della sua vita; ma diversamente Iddio per lui aveva disposto. Una notte del 1487 mentre era immerso in profonda orazione, gli apparve la Vergine Maria, e gli ordinò di recarsi nella sua terra natìa, dove con l’aiuto del cielo avrebbe fondato una chiesa ed un convento dell’ordine domenicano. Il mattino seguente Giovanni riferì la visione al suo priore, e, col permesso di lui, partì alla volta di Caccamo. Qui fondò il convento domenicano con l’annessa chiesa di Santa Maria degli Angeli. Morì il 14 novembre 1511, a 87 anni