Oggi 7 giugno la chiesa celebra sant’Antonio Maria Gianelli, nacque a Carro (La Spezia) il 12 aprile 1789, da una famiglia di contadini. Dal padre impara la bellezza della carità verso i poveri a cui dona anche il poco cibo e dalla madre le prime preghiere ed i rudimenti della dottrina cristiana e la sera la famiglia si riunisce per il Rosario. Studiò, dal 1795, presso la scuola parrocchiale di Castello. La famiglia non aveva i mezzi per fargli continuare gli studi, ma la signora Nicoletta Assereto in Rebisso, ricca vedova e proprietaria dei terreni dove il padre lavorava come mezzadro, si offrì di accogliere il giovane in una sua casa a Genova e presentarlo come alunno esterno al seminario. Nel novembre 1807, a 18 anni, fu ammesso a seminario di Genova al corso di Retorica. Nel 1811 iniziò lo studio della Teologia dogmatica e morale e per proprio conto studiò sacra Liturgia. Il 24 maggio 1812 fu ordinato sacerdote a Genova, con una dispensa pontificia di 11 mesi non avendo ancora compiuto i 24 anni richiesti dalla legge canonica del tempo. Venne inviato in aiuto al vecchio abate della chiesa di San Matteo in Genova, chiesa dei Doria, e nel febbraio del 1813 fu nominato vice-parroco della stessa chiesa. Il 23 maggio 1814 entrò a far parte della Congregazione dei Missionari suburbani di Genova, dediti alle missioni popolari. Nel settembre 1815 fu docente di retorica presso il collegio dei Padri Scolopi a Carcare. Nel novembre 1816 assunse la carica di insegnante di lettere e di retorica presso il seminario arcivescovile di Genova e poi dal 1822 ebbe anche la carica di direttore di disciplina. Il 21 giugno 1826 fu nominato arciprete della parrocchia di San Giovanni Battista di Chiavari (che non era ancora diocesi) e l’anno dopo diede vita a una piccola congregazione missionaria di Liguoriani, con il compito di dare gli esercizi al clero e le missioni al popolo. Nel novembre 1826, all’apertura del seminario di Chiavari, fu nominato Prefetto degli Studi; vi insegnò teologia dogmatica, teologia morale, filosofia, italiano, latino e greco. Concentrandosi sulla preparazione del clero. Fondò a Chiavari il 12 gennaio 1829 la Congregazioni delle Figlie di Maria Santissima dell’Orto (gianelline). La congregazione fu creata allo scopo di formare maestre ed educatrici per l’assistenza delle ragazze abbandonate, ma poi il loro compito si estese anche ai poveri e agli infermi. Il 25 agosto 1835, portando in processione il Cristo Nero fu protagonista del “miracolo delle rondini”. Nel febbraio 1838, mentre era impegnato in una missione popolare a San Bartolomeo della Ginestra, gli giunse la notizia della nomina a vescovo di Bobbio. Venne consacrato il 6 maggio 1838, ma neanche questo difficile ministero appaga in lui il grande fuoco missionario: accresce infatti, con zelo instancabile, il suo coinvolgimento con esercizi e missioni al popolo. Consumato dalle fatiche apostoliche, più che dalla malattia, nel 1845 comparvero i primi sintesi della tisi, muore a Piacenza così povero da non lasciare nemmeno i soldi per la sepoltura. Morì il 7 giugno 1846, a 57 anni.
077 giugno: Venerabile Matt Talbot, nacque a Aldorough (Irlanda) il 2 maggio 1856, da una famiglia di lavoratori. La sua famiglia, dal padre ai figli, era “consacrata” al bere. Solo la madre faceva eccezione, fervente cristiana, capace di sacrificarsi come una martire antica. Cresciuto libero e selvaggio, fino a 11 anni, Matt a 12 anni, fu mandato a lavorare come garzone in un locale per l’imbottigliamento della birra e ciò costituì la sua rovina, nemmeno adolescente prese a bere; a 16 anni era già un alcolizzato cronico che non provava altro piacere che nel bere. Guadagnava discretamente, ma “beveva” quasi tutto. Vendette persino scarpe e camicia, pur di avere soldi per bere. Tuttavia aveva ancora un certo senso della dignità personale: non era volgare, era ancora affettuoso con mamma e sorelle, che non lo abbandonarono, intensificando le loro preghiere e sacrifici per il recupero spirituale di Matt. Il padre nel tentativo di sottrarlo al vizio, gli procurò un lavoro accanto a lui, alle dogane del porto dove si occupava delle importazioni di liquori; così Matt cadde dalla padella nella brace, dalla birra passò agli alcolici forti. Nel 1884 Matt e i suoi fratelli, rimasero disoccupati, e in tale indigenza un sabato sera si recarono fuori una taverna, dove i loro compagni passavano la serata, spendendo la paga settimanale bevendo; rimasero fuori in attesa di un invito a bere dei compagni, ma nessuno li invitò, anzi usarono con Matt parole piene di ironia e pungenti, che costrinsero il giovane ad allontanarsi amareggiato. Fu la svolta, aveva 28 anni, e improvvisamente sentì la necessità di reagire a quella schiavitù che lo distruggeva nel fisico e nel morale; rientrato a casa disse alla madre: «Adesso vado in chiesa a fare il voto di non bere più». Fu così che fece la promessa, davanti a un sacerdote, di non bere alcolici per 3 mesi. La domenica successiva, Matt andò a messa e fece, dopo tanti anni, la comunione. La mattina dopo, il lunedì, era alla messa delle 5, per essere sul lavoro alle 6. Da allora fece sempre così, tutti i giorni. Dopo il lavoro, per fuggire le cattive compagnie, andava in una chiesa lontana, a pregare fino all’ora di tornare a casa. La mamma, piena di gioia, continuava a dire rosari, perché Maria lo sostenesse in quella lotta contro l’alcool. Matt conserverà sempre il ricordo vivo che la sua conversione era dovuta ai rosari sgranati da sua madre. In lui avvenne un totale cambiamento, non solo nel bere birra e alcool, ma soprattutto nello spirito, ritornò a Dio con l’entusiasmo di chi ha ritrovato la strada smarrita; guadagnò il suo salario con onestà, consegnava la paga alla madre, e una parte la distribuiva ai poveri, trattenendo per sé lo stretto necessario. Nel 1909 cambiò lavoro e passò alle dipendenze della T. & C. Martin, commercianti di legnami da costruzione, perché con il loro orario aveva più tempo per leggere, pregare. Il 18 ottobre 1891 entrò nel Terz’Ordine di san Francesco, prendendo il nome di fra Giuseppe. Leggeva la Bibbia, meditandola nel suo cuore. Tutto il suo tempo libero lo passava in preghiera. Sul lavoro, nei momenti di tranquillità, estraeva di tasca il suo rosario e pregava la Madonna. Nel 1921 la sua salute si indebolì. Nel 1923 fu due volte all’ospedale, si riprese ancora. Un’altra ricaduta nel 1925, ma la sua fine sembrava ancora lontana. Lavorava ancora. Il 7 giugno, partecipò alla Messa e fece la comunione. Tornò a casa pallido, ma volle uscire di nuovo per partecipare ad un’altra messa, quando stramazzò al suolo, colpito da infarto. Morì il 7 giugno 1925.