Oggi 11 ottobre la chiesa celebra la Divina Maternità di Maria, la Theotokos, è il titolo attribuito ufficialmente a Maria nel V secolo, esattamente nel Concilio di Efeso del 431 d.C., ma affermatosi nella devozione del popolo cristiano già a partire dal III secolo, nel contesto delle accese discussioni di quel periodo sulla persona di Cristo. Si sottolineava, con quel titolo, che Cristo è Dio ed è realmente nato come uomo da Maria: veniva così preservata la sua unità di vero Dio e di vero uomo. In verità, quantunque il dibattito sembrasse vertere su Maria, esso riguardava essenzialmente il Figlio. Dopo una lunga discussione, nel Concilio di Efeso del 431, venne solennemente confermata, da una parte, l’unità delle due nature, quella divina e quella umana, nella persona del Figlio di Dio e, dall’altra, la legittimità dell’attribuzione alla Vergine del titolo di Theotokos, Madre di Dio. Dopo questo Concilio si registrò una vera esplosione di devozione mariana e furono costruite numerose chiese dedicate alla Madre di Dio. La dottrina concernente Maria, Madre di Dio, trovò inoltre conferma nel Concilio di Calcedonia (451) in cui Cristo fu dichiarato “vero Dio e vero uomo nato per noi e per la nostra salvezza da Maria, Vergine e Madre di Dio, nella sua umanità”. Il Concilio Vaticano II ha raccolto nel capitolo 8 (La Beata Maria Vergine, Madre di Dio, nel mistero di Cristo e della Chiesa) della Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium, la dottrina su Maria, ribadendone la divina maternità. Giustamente, pertanto, durante il Concilio Vaticano II, il 21 novembre 1964, Paolo VI attribuì solennemente a Maria il titolo di “Madre della Chiesa”. Proprio perché Madre della Chiesa, la Vergine è anche Madre di ciascuno di noi, che siamo membra del Corpo mistico di Cristo.
11 ottobre: san Filippo diacono, nacque nel I secolo d.C., ed era uno dei sette diaconi (gli altri sono Stefano, Pròcoro, Nicanore, Timone, Pàrmena e Nicolao) scelti dopo la Pentecoste affinché si prendessero cura delle vedove e dei poveri, consacrati dagli apostoli con l’imposizione delle mani. Dopo il martirio di santo Stefano, Filippo evangelizzò la Samaria, con grande successo, e perciò fu chiamato l’evangelista, nel senso di annunciatore del Vangelo. In particolare, convertì Simon mago. Spinto da un angelo del Signore sulla strada di Gerusalemme a Gaza, vi incontrò un Etiope, eunuco della regina Candace che strada facendo leggeva il poema del profeta Isaia sul Servo sofferente del Signore (Is 53,6-7). Filippo spiegò all’Etiope che la profezia riguardava Gesù: l’eunuco si convertì e ricevette subito il battesimo. Proseguendo nel suo viaggio, Filippo predicò ad Azoto (oggi Ashdod), prima di stabilirsi a Cesarea Marittima. Intorno all’anno 58, Paolo e Luca, alla fine del terzo viaggio missionario, gli fecero visita: egli aveva quattro figli e vergini che profetavano. È forse a casa sua che ebbe luogo l’incidente di Agabo. La tradizione fa del diacono Filippo il vescovo di Lidia. Secondo la tradizione, Filippo morì a Cesarea Marittima.
0011 ottobre: sant’Alessandro Sauli, nacque a Milano il 15 febbraio 1534, da una antica e nobile famiglia, originaria di Lucca e trapiantatasi a Genova nel 1316. Tuttavia, egli ritenne sempre come sua patria Genova. Dei genitori, entrambi genovesi, non conobbe, forse, che il padre, Domenico, avendo perduta, ancora in tenera età, la madre Tomasina Spinola. Entrò, nel 1554, fra i Chierici Regolari di San Paolo (barnabiti), preti legati da una regola di vita comune, da severi compiti di studio e d’insegnamento. Uomini di punta del rinnovamento religioso. Dopo gli studi istituzionali compiuti a Pavia, venne ordinato sacerdote il 24 marzo 1556; trascorse gli anni successivi tra Pavia, dove fu professore di teologia e filosofia, e Milano, dove svolse servizio pastorale, guadagnandosi la fama di grande predicatore (fu scelto come confessore dai cardinali san Carlo Borromeo e da Niccolò Sfondrati, futuro papa Gregorio XIV). A soli 34 anni fu eletto, nel Capitolo annuale del 7 aprile 1567, a Padre Generale della Congregazione. Il 10 febbraio 1570, dietro suggerimento di san Carlo Borromeo, papa Pio V lo elesse vescovo della diocesi Aleria in Corsica. Carlo Borromeo, che lo conobbe e lo apprezzò (come, più tardi, nonostante la disparità del carattere, un altro santo, Filippo Neri), se ne servì in più circostanze, specialmente di sinodi e di concili. Solo una volta lo trovò contrario, e non senza ragione, al suo disegno di fondere gli umiliati con i barnabiti. Il 30 aprile 1570 Alessandro sbarcava a Bastia. Le condizioni tristissime, in cui si trovava da tempo la Corsica, Aleria in particolare, non spaventarono il giovane vescovo. Tutto era rovina nella sua diocesi, rovina materiale e morale, tanto da essere costretto nei primi anni a vagare da un luogo all’altro senza dimora fissa. Qui c’è da fare tutto, compreso lo sfamare i fedeli, vittime di carestie e pirati; e proseguendo col formare preti culturalmente degni, infondendo in loro slancio per l’evangelizzazione. Per vent’anni la Corsica ha in lui un padre e maestro. Rimase in Corsica per oltre vent’anni, ed il 20 ottobre 1591, deve poi obbedire a un suo allievo diventato papa, Gregorio XIV, che lo trasferisce alla prestigiosa sede di Pavia. Obbedisce, anche se tanto lavoro l’ha già sfiancato, eppure intraprende subito la visita pastorale: non smette di “portare la croce”, finché un minimo di forze lo sorreggono. Mancò solo un anno dopo, durante la sua prima visita pastorale a Calosso d’Asti. Morì l’11 ottobre 1592.