a cura di don Riccardo Pecchia
Oggi 13 febbraio la chiesa ricorda santa Fosca, nacque da una famiglia pagana di Ravenna nella prima metà del III secolo, la fanciulla sentì nascere in cuore una strana pietà. Fosca aveva 15 anni, nel 250, quando l’imperatore Decio ordinò la persecuzione. Si confidò perciò alla sua affezionata nutrice, chiamata Maura, questa incoraggiò i propositi della fanciulla, anzi insieme si recarono dal prete Ermolao che le istruì e le battezzò. Avuta la notizia della conversione, il padre di Fosca fu invaso dall’ira e dallo sdegno. Tentò ogni mezzo permessogli dalla sua autorità di pater familias per far rinunciare la figlia dalla sua decisione. Si potrebbe pensare che fosse spinto a ciò dall’affetto, temendo per la fanciulla i rigori della persecuzione. Poi egli stesso denunciò Fosca e Maura al governatore Quintiliano, affinché le arrestasse. I soldati incaricati di arrestarle, non osarono avvicinarsi, scorgendo due angeli che si tenevano al loro fianco. Fosca e Maura si presentarono da sole in tribunale; sostennero l’accusa, professarono la fede. Nei processi contro i cristiani, l’ultima risorsa per spingere all’apostasia era la tortura. Ma la fede di Fosca e di Maura non vacillò sotto la flagellazione. Furono tutte e due prima torturate ed infine uccise con un colpo di spada nel fianco. I loro corpi furono gettati in mare e trasportati in Tripolitania dove ebbero sepoltura nelle grotte presso Sabratha (Libia). Molti anni più tardi, occupata la regione dagli arabi, un cristiano di nome Vitale per divina ispirazione riportò le reliquie in Italia, nell’isola di Torcello, nella laguna veneta, dove venne eretta una chiesa in onore delle due martiri. Santa Maura è considerata il modello delle nutrici cristiane, per avere, oltre al latte della vita corporale, istillato nella fanciulla il latte della vita eterna. Perciò è venerata come patrona delle balie. Morirono il 13 febbraio 250-251.
13 febbraio: beato Giordano di Sassonia, nacque a Paderborn (Germania) nel 1190, figlio dei conti di Oberstein. Giordano, a 20 anni, si recò all’Università di Parigi per studiare teologia; qui incontrò san Domenico di Guzman, si confessò da lui e gli chiese di dirigerlo spiritualmente, nacque in Giordano un’ammirazione profonda. Colpito, successivamente, dalla predicazione del beato Reginaldo d’Orléans, appena giunto da Bologna, con l’incarico di priore del convento domenicano di Saint Jacques, lasciò tutti i suoi beni ed entrò nell’Ordine dei Frati Predicatori. Due mesi dopo, san Domenico riunì a Bologna il primo capitolo generale dell’Ordine domenicano, Giordano venne invitato a parteciparvi, poi rientrò a Parigi dove insegnò Sacra Scrittura per qualche tempo. Nel 1222, a soli 32 anni, divenne il primo successore di san Domenico alla guida dell’Ordine, in qualità di Maestro Generale dell’Ordine. Durante il periodo in cui Giordano fu Maestro furono fondati 240 conventi di frati e di suore, perciò oggi viene considerato il patrono delle vocazioni domenicane. Giordano era un uomo di preghiera e aveva una particolare devozione per la Beata Vergine Maria. Risale a lui l’uso di cantare la “Salve Regina” dopo Compieta, con la processione all’altare della Madonna. Giordano aveva un debole per i malati e i poveri, svuotava per loro la bisaccia e arrivava a vendere la sua cappa per aiutarli. La sua più grande caratteristica era la dolcezza, per questo fu definito “dulcissimus Pater”. Nel 1237, di ritorno dalla Palestina, dove aveva visitato i conventi domenicani della Terra Santa, Giordano morì nel naufragio della nave che lo avrebbe dovuto condurre a Napoli. Il suo corpo, recuperato in mare, venne sepolto nella chiesa domenicana di Akko, nel nord dell’odierno stato di Israele, era il 13 febbraio 1237.
13 febbraio: beata Cristina di Spoleto (al secolo Cristina Semenzi), nacque a Calvisano (Brescia) il 4 agosto 1435, apparteneva a una famiglia di contadini poveri. Fin dai suoi primi anni di vita la fanciulla dimostrò una straordinaria pietà religiosa unita a un grande spirito di penitenza. A 14 anni, decide di cambiare radicalmente vita, abbandonando la famiglia e i luoghi in cui aveva vissuto per prendere l’abito delle Terziarie Agostiniane. Da quel momento in poi vaga in cerca dell’oblio, si dedica totalmente alla preghiera, alle mortificazioni e alle opere di carità. Ma appena si accorge di essere oggetto di attenzione, lascia quel luogo in cerca di una nuova esperienza, alla ricerca dell’attenzione per Cristo e non per la sua persona. Al suo rientro a Calvisano si prodigò per il bene dei poveri e, dopo la perdita dei genitori, per non subire la prepotenza del fratello Antonio, Cristina si ritirò a vita solitaria dapprima a Roma, poi ad Assisi, infine a Spoleto, dove si dedicò completamente all’assistenza dei poveri e dei malati. Dopo aver vissuto intensamente la sua nuova vita, morì improvvisamente nel 1458, a soli 26 anni.