a cura di don Riccardo Pecchia
Oggi 19 ottobre: san Paolo della Croce (al secolo Paolo Francesco Danei), nacque il 3 gennaio 1694 a Ovada (Alessandria). La famiglia Danei, numerosa e cristiana, si era trasferita da Castellazzo a Ovada. Per i continui trasferimenti, impiegato già da adolescente nell’impresa di famiglia, e istruito in modo discontinuo e frammentario, Paolo scoprì la sua vocazione nel 1713 a Cremolino, commosso da un sermone in tempo di carnevale. Fin da fanciullo mostrò molto interesse per la religione evidenziando una spiccata spiritualità: trascorreva molto tempo in preghiera, partecipava ogni giorno alla messa e si accostava con frequenza ai sacramenti. Nello stesso tempo attendeva ai suoi doveri di studente, dedicando i suoi ritagli di tempo libero alla lettura e alla visita di chiese; qui trascorreva molto tempo nell’adorazione prima di ricevere l’eucaristia, per la quale aveva un’ardente devozione. La prospettiva di vivere al servizio della Chiesa si fece chiara alla fine del 1717, influenzata dai cappuccini di Tortona e consentita dalla rendita di uno zio sacerdote che gli permise di abbandonare gli affari. Nel 1720 si sentì ispirato a fondare l’Istituto Missionario dei Passionisti: vide se stesso vestito di una tonaca nera con il nome «Jesu» in lettere bianche sottostante una croce bianca. Nel 1721, rivestito di una tunica nera dal vescovo barnabita di Alessandria, Gian Francesco Arborio di Gattinara, suo padre spirituale, portando l’emblema della passione di Gesù si ritirò in un’angusta cella dietro la chiesa dei santi Carlo e Anna in Castellazzo Bormida. In questa cella trascorse tutto l’inverno, vi stese la Regola della nuova congregazione sulla base delle indicazioni che avrebbe ricevute in una visione. Il vescovo respinse la «regola» che, scritta nel romitaggio, Paolo allora decise di proporsi direttamente al pontefice. Il 22 settembre si presentò al Quirinale per essere ricevuto da Innocenzo XIII e fu licenziato sbrigativamente; deluso si ritirò nell’eremo della Santissima Annunziata, sul Monte Argentario, dove fu raggiunto dal fratello Giovanni Battista, che nel frattempo aveva ricevuto l’abito di religioso dal di Gattinara. Su invito del vescovo di Gaeta, il teatino Carlo Pignatelli, Paolo ed il fratello si trasferirono presso il Santuario della Madonna della Catena, ove risiedettero nel 1722 ed 1723, per poi trasferirsi a Troia (Foggia) dove il vescovo Emilio Cavalieri lo aiutò nella correzione della Regola e patrocinò il ricevimento a Roma da parte del papa, Benedetto XIII, che lo autorizzò ad accogliere altri compagni nel nuovo ordine. Lo stesso papa Benedetto XIII, il 7 giugno 1727, lo ordinò sacerdote nella Basilica di San Giovanni in Laterano. Il 15 maggio 1741, la Regola dei «Minimi Chierici Regolari scalzi» fu approvata con rescritto pontificio. Sei religiosi emisero i voti pubblici, presero l’abito nero con «segno» bianco e assunsero il nome di religione, Paolo Danei divenne così Paolo della Croce, fondatore e missionario nel nome della Passione. Dopo l’approvazione della Regola e dell’Istituto, il primo capitolo si tenne sul Monte Argentario il 10 aprile 1747. Durante questo capitolo Paolo, che era accompagnato dal fratello Giovanni Battista, contro la sua volontà fu eletto all’unanimità primo superiore generale e tale carica egli ricoprì fino al giorno della sua morte. Fu instancabile nei suoi doveri apostolici e mai, fino alla sua ultima ora, rigettò qualche aspetto del suo austero modo di vivere. Infine, affetto da una grave malattia, morì per l’austerità praticata e per l’età avanzata a Roma, il 18 ottobre 1775.
19 ottobre: beato Jerzy Popieluszko, nacque a Okopy (Polonia) il 14 settembre 1947, i suoi genitori erano contadini e in questo ambiente semplice maturò la sua vocazione. Nel 1965 entrò nel Seminario Maggiore di Varsavia, ricevette l’anno successivo la chiamata alle armi, dovendo svolgere il servizio triennale di leva in una unità militare speciale, dove le autorità militari comuniste svolgevano opera di indottrinamento anticlericale e antireligioso per distogliere i seminaristi dalla loro vocazione. Fu oggetto di maltrattamenti e persecuzioni, che indebolirono il suo stato di salute. Fu ordinato sacerdote il 28 maggio 1972 a dal cardinale Stefan Wyszyński. Fino al 1980 fu cappellano nel suo villaggio di origine, occupandosi principalmente dell’educazione di bambini e ragazzi, da quel momento iniziò ad avvicinarsi al movimento operaio polacco e a temi di giustizia sociale. Nell’agosto del 1980 fu inviato dal cardinale Wyszyński tra gli operai in sciopero nei cantieri siderurgici di Varsavia fino a diventare uno dei sacerdoti più legati a Solidarność, avverso al regime comunista. Oltre al lavoro parrocchiale, nella chiesa di San Stanislao Kostka, svolgeva il suo ministero tra gli operai, organizzando conferenze, incontri di preghiera anche per medici e infermieri, assisteva gli ammalati, i poveri, i perseguitati. Don Jerzy per il suo coraggio, la difesa dei diritti umani, la richiesta di libertà e giustizia, la capacità di amare anche i suoi persecutori, divenne subito una minaccia per il regime dittatoriale. Fu inizialmente minacciato e invitato al silenzio da parte del Ministero dell’Interno polacco. Il 19 ottobre 1984, di ritorno da un servizio pastorale, fu rapito e selvaggiamente bastonato e seviziato a morte da parte di tre funzionari del Ministero dell’Interno (Dipartimento contro la Chiesa), pur rinchiuso nel bagagliaio di un’automobile, cercò di fuggire. I persecutori lo braccarono, lo colpirono ancora più violentemente, lo sfigurarono, lo legarono tra bocca e gambe, in modo che non possa distendersi senza soffocare. Gli stringono un masso ai piedi e lo gettarono ancora vivo nella Vistola; il cadavere fu ritrovato il 30 ottobre nelle acque del lago artificiale vicino alla diga di Vistola vicino a Włocławek. La notizia dell’assassinio causò disordini in Polonia, e gli autori dell’omicidio, i capitani Grzegorz Piotrowski, Leszek Pękala, Waldemar Chmielewski e il colonnello Adam Petruszka, furono giudicati colpevoli e condannati a 25 anni di carcere, ma furono rilasciati a seguito di amnistia qualche anno dopo. Don Jerzy aveva 37 anni