a cura di don Riccardo Pecchia
Oggi 2 agosto: san Pier Giuliano Eymard (Pierre-Julien Eymard), nacque a La Mure d’Isère (Francia) il 4 febbraio 1811. Pier Giuliano ebbe sin dal¬l’infanzia una fede segnata dall’Eucaristia; frequenti erano le sue visite al Sa¬cramento. La decisione di diventare prete fu presa proprio il giorno della Prima Comunione. Ci volle tempo, però, prima che l’Eucaristia divenisse davvero il cuore della sua spiritualità e dei suoi progetti apostolici. Aveva iniziato con un breve periodo di noviziato presso gli Oblati di Maria Immacolata. Era il primo passo del suo itinerario eucaristico. Tornato in famiglia per motivi di salute, entrò poi nel Seminario diocesano di Grenoble. Dopo una travagliata vicenda familiare e vocazionale e contro il parere del padre, seguì la propria vocazione religiosa e venne ordinato sacerdote il 20 luglio 1834. Il periodo trascorso da sacerdote diocesano, prima come viceparroco a Chatte, poi parroco a Monteynard, che forte gli si manifesta la realtà dell’amore di Dio. Nel 1839, a 28 anni, entrò nella Congregazione dei Padri Maristi, da poco fondata dal padre Jean Claude Colin, a Lione, e ne venne eletto padre provinciale nel 1845. Fin dall’infanzia la vita di fede di Pier Giuliano fu segnata dall’Eucaristia; erano, infatti, frequenti le sue visite al Sacramento. La decisione di diventare prete la prese proprio il giorno della sua prima Comunione, ci volle tempo, però, prima che l’Eucaristia diventasse veramente il centro della sua spiritualità e dei suoi progetti apostolici. Il suo cammino di ricerca della volontà di Dio, però, continua ancora e lo porta ad orientarsi sempre più verso l’Eucaristia, fino all’idea definitiva di fondare una Congregazione votata interamente ad essa. Non potendo realizzare quest’opera all’interno dei Maristi, Pier Giuliano lascia l’Istituto, si reca a Parigi e qui, con l’approvazione dell’arcivescovo, il 13 maggio 1856 fonda la Congregazione del Santissimo Sacramento (sacramentini), ad essa seguirà, nel 1859, la Congregazione femminile delle Ancelle del Santissimo Sacramento, fondata con l’aiuto di Margherita Guillot. Nel gennaio del 1851, dopo un pellegrinaggio a Fourvière, ebbe l’idea di fondare una congregazione di sacerdoti dedita principalmente alla promozione della devozione all’Eucaristia: i primi religiosi iniziarono la loro attività a Parigi il 6 gennaio del 1857. Sfinito dalle responsabilità e segnato da prove di ogni genere, soprattutto negli ultimi anni di vita e le notevoli esperienze di sofferenza di ogni genere che hanno contrassegnato l’ultimo periodo della sua vita. Morì a La Mure il 1 agosto 1868, a 57 anni.
2 agosto: sant’Eusebio di Vercelli, nacque in Sardegna nel 283 circa, da famiglia benestante e cristiana. Ancora in tenera età si trasferì a Roma con la madre e la sorella minore, subito dopo il martirio di suo padre, in quel periodo la Chiesa era gravemente provata dall’eresia ariana. Qui venne istruito nella religione cristiana, specialmente nelle Sacre Scritture. Spessissimo si portava presso le tombe dei martiri per venerarne le reliquie e pregare. Questo influì non poco sul suo animo, che, infiammato dallo spirito del Signore, decise di dedicarsi totalmente all’apostolato tra i pagani. Si preparò quindi convenientemente con lo studio, e, nell’anno 335, venne ordinato sacerdote da papa Marco e consacrato vescovo della città di Vercelli da Giulio I, nel 340. Il nuovo vescovo iniziò subito un’intensa opera di evangelizzazione in un territorio ancora in gran parte pagano, ispirato da sant’Atanasio, che aveva scritto la Vita di sant’Antonio, iniziatore del monachesimo in Oriente, fondò a Vercelli una comunità sacerdotale (vita communis), simile a una comunità monastica. Eusebio divenne uno strenuo oppositore dell’arianesimo, nonché sostenitore del simbolo niceno (Credo) e per questo motivo fu condannato all’esilio a Scitopoli in Palestina, qui fondò un cenobio con un piccolo gruppo di discepoli e da qui curò la corrispondenza con i suoi fedeli del Piemonte. Successivamente fu esiliato in Cappadocia e nella Tebaide, dove subì gravi maltrattamenti fisici. Nel 361, morto Costanzo II, gli succedette l’imperatore Giuliano detto l’Apostata, che non si interessava al cristianesimo come religione dell’Impero, ma voleva semplicemente restaurare il paganesimo. Egli mise fine all’esilio di questi vescovi esiliati e consentì così anche ad Eusebio di riprendere possesso della sua sede. Tornato in Piemonte, Eusebio si portò dietro il culto orientale dell’allora appena sorta iconografia della venerazione mariana della Madonna Nera, il cui volto scuro ha varie ipotesi di origine. Secondo questa tradizione, lo stesso si portò dietro dalla Terra santa una di queste raffigurazioni, probabilmente una statua, durante una delle fughe dalle persecuzioni ariane; sempre secondo la tradizione, tale statua fu inizialmente nascosta presso la cittadina valdostana di Fontainemore, località ancor oggi devota a tale culto, e quindi custodita sui monti biellesi presso quello che, in futuro, si svilupperà come il noto sito del Santuario di Oropa. Eusebio fu un vescovo molto stimato, tanto che diventerà noto non solo come santo, ma addirittura come patrono della stessa regione Piemonte, l’ultima sua comparsa documentata fu al concilio episcopale di Alessandria, dove decise di perdonare i vescovi ariani che lo attaccarono, purché ritornassero allo stato laicale. Morì a Vercelli il 1 agosto 371; patrono di Vercelli e del Piemonte.
2 agosto: beato Ceferino (Zeffirino) Giménez Malla, nacque a Benavent de Segrià (Spagna) il 26 agosto 1861, da una famiglia povera rom. Suo padre era un mercante di bestiame e, inizialmente, Ceferino praticò il commercio, che a un certo punto se ne andò per vivere con un’altra donna lasciandoci nella più nera indigenza; per quaranta anni, visse come nomade. Si sposò molto giovane con Teresa Jiménez Castro, con una cerimonia zingara, che sposerà poi con rito cattolico nel 1912 quando si trasferirà a Barbastro, in Spagna, dove comprerà una casa, un matrimonio felice, anche se privo di figli, che durerà più di 40 anni, ma adottarono una nipote di Teresa che era orfana. Ceferino non era colto, ma frequentava la chiesa ed aveva appreso molto in materia di fede e sulla Bibbia. Ha insegnato molto sia ai bambini rom che a quelli spagnoli, dopo che sua moglie morì, infatti iniziò una carriera come catechista, su consiglio di un sacerdote, don Nicholas Santos de Otto, e andava aiutando i rom più poveri; divenne membro del terzo ordine francescano. Durante la guerra civile spagnola, Ceferino provò a difendere un prete cattolico dai soldati repubblicani, ma entrambi furono arrestati e venne fucilato insieme ad altri sacerdoti e fedeli cattolici. Secondo una leggenda rom, quando i soldati chiesero se avesse armi, ma egli mostrò il suo rosario. Si dice che l’ultimo gesto fu quello della mano che tiene alta la coroncina del rosario come una bandiera, morì gridando: «Viva Cristo Re». L’indomani si ordinò agli zingari di scavare una fossa comune per tutti i fucilati, tra cui c’era Ceferino, poi sui corpi si buttò calce viva, per questo il suo corpo non fu mai ritrovato. Morì il 2 agosto 1936