Oggi 25 marzo la chiesa celebra l’ Annunciazione del Signore, è una delle principali feste mariane che la Chiesa ha inserito nel calendario liturgico. Il saluto e l’annuncio dell’arcangelo: «Ave gratia plena Dominus tecum benedicta tu in mulieribus» hanno dato origine alla preghiera dell’Ave Maria. L’Annunciazione è narrata con modalità differenti nel Vangelo secondo Matteo l’annuncio è fatto dall’arcangelo Gabriele, mentre nel Vangelo secondo Luca l’annuncio del concepimento verginale e della nascita verginale di Gesù viene fatto a sua madre Maria e a suo padre Giuseppe. Nel Vangelo secondo Matteo, Maria resta incinta dello Spirito Santo, e un angelo appare in sogno a Giuseppe, per comunicargli di tenere con sé la moglie (Mt 1,18-25). Nel Vangelo secondo Luca, un angelo entra in casa di Maria e le annuncia che concepirà il Figlio di Dio (Lc 1,26-38). Le pericopi dei due evangelisti evidenziano le caratteristiche dei loro annunci e delle loro intenzioni pastorali e teologiche: Matteo scrive principalmente ai cristiani convertiti dal giudaismo, per cui sono evidenti le tematiche che possano interessare a coloro che appartengono a quella tradizione culturale, in particolare in riferimento alle reazioni che un uomo poteva e doveva avere secondo la legge mosaica in una situazione compromettente come quella di una promessa sposa che si ritrovasse incinta. Luca, invece, tra i temi ricorrenti vi è l’attenzione per le donne. Non solo Maria di Nazareth, ma anche la Maddalena ed altre donne narrate come esempio di fede durante la vita pubblica di Gesù. Ecco quindi che l’attenzione è tutta rivolta alla vicenda di Maria, alla sua elaborazione interiore e alla sua risposta all’annuncio dell’angelo. La data esatta in cui avvenne l’Annunciazione è ignota, come pure quella della nascita di Gesù. La sua ricorrenza è convenzionalmente fissata al 25 marzo, nove mesi esatti prima del Natale, in quanto la dottrina cristiana fa coincidere l’Annunciazione con il momento del concepimento miracoloso di Gesù. Nella liturgia cattolica, la ricorrenza dell’Annunciazione è una solennità ed è una delle Feste del Signore (e non della Beata Vergine Maria), perché celebra l’annuncio dell’angelo a Maria, l’inizio dell’incarnazione. È Dio che sceglie, come Madre del proprio Figlio, una fanciulla ebrea, a Nazareth in Galilea. Maria, al termine del colloquio con l’angelo dà il suo sì (fiat) con una espressione molto eloquente. Non dice solamente farò quanto hai detto, mi impegnerò a compiere questo servizio. Ma esprime una consacrazione: «sia fatto di me quello che hai detto». Maria era cosciente di aderire ad una storia profetica, che sarebbe stata completata da suo figlio, per il quale Dio stesso aveva scelto un nome, quello di Gesù, che significa “Colui che salva, il Salvatore”.
25 marzo, san Disma (Buon Ladrone), nacque nel I secolo a.C., conosciuto come il Buon Ladrone. Se i santi potessero provare invidia, certamente di lui avrebbero buon diritto di essere invidiosi. Perché mentre gli altri più “antichi” sono stati proclamati santi (canonizzati) dal vescovo locale e per la canonizzazione degli altri ci ha pensato il Papa, solo lui potrebbe vantarsi di essere stato il primo canonizzato della storia che meritò di udire da Gesù, morente accanto a lui in croce: «Oggi sarai con me in Paradiso». Sul Calvario, nell’atto finale, e non nello splendore della Gloria del Bernini, ma nel momento di maggior desolazione e di straziante sacrificio salvifico, Gesù agonizzante consacrò, direttamente e senza processi di beatificazione, il primo santo della cristianità, vale a dire il Buon Ladrone Disma sarebbe il nome, ricordato nel Vangelo apocrifo di Nicodemo, del malfattore crocifisso alla destra di Gesù. Di lui si racconta nel Vangelo di Luca (Lc 23,39-43). Il “buon ladrone” non compare, invece, nei Vangeli di Marco e di Matteo, secondo i quali vennero crocifissi insieme a Gesù due malfattori, ma entrambi lo oltraggiavano e insultavano. Giovanni, invece, parla di due persone che vengono crocifisse con Gesù, ma non dice che lo insultavano. Nella versione greca del Vangelo di Nicodemo, del IV secolo, appare il nome per la prima volta. Nella versione latina (V secolo) compare anche il nome del ladro cattivo, Gesta o Gestas. Il Vangelo arabo dell’infanzia, un altro apocrifo, del VI secolo, chiama invece i due ladroni Tito e Dimaco e aggiunge un racconto di come Tito (Disma) impedì ad altri ladroni della sua banda di derubare Maria e Giuseppe durante la loro fuga in Egitto. Morì a Gerusalemme sul Golgota nel 30 o 33 d.C.; patrono dei ladri e dei condannati a morte.
25 marzo: santa Lucia Filippini, nacque a Tarquinia (Viterbo) il 13 gennaio 1672, da una famiglia di nobili origini. La sua vita fu presto segnata dal dolore, la madre muore quando Lucia ha 1 anno, il padre quando ne ha 7, con la sorella Elisabetta e il fratello Giovanni Francesco, viene allevata da uno zio materno. Doveva essere molto dotata se, appena adolescente, il parroco le affida l’incarico di insegnare il catechismo alle ragazzine. Più grandicella, inizia a frequentare il monastero benedettino di Santa Lucia dove vivono sue parenti. A 16 anni incontrò il cardinale Marcantonio Barbarigo e, su suo consiglio, decise di entrare nel monastero di Santa Chiara in Montefiascone, perché vi restaurasse la disciplina alquanto rilassata. Lucia, soprattutto con l’esempio della sua vita di preghiera, di penitenza e di carità spinse il cardinale ad affidarle la direzione del monastero e, pur rimanendo laica, lei riuscì nell’intento. Nel 1692 il vescovo invitò santa Rosa Venerini, che aveva aperto delle scuole gratuite femminili a Viterbo, a fare altrettanto nella sua diocesi. Rosa accettò e nel monastero di Santa Chiara cominciò a formare delle brave maestre, rimanendo colpita dalle doti e dalla virtù di Lucia. Quando Rosa dovette tornare a Viterbo per attendere alle sue fondazioni, nominò direttrice Lucia che poi, nel 1704, fu eletta superiora dell’istituto che prese il nome di Maestre Pie. Il metodo di Lucia, come quello di Rosa Venerini, mirava sì alla formazione religiosa, ma alle “figlie del popolo” insegnava anche un lavoro manuale, mentre l’istruzione propriamente detta, senza dimenticare l’epoca nella quale ci troviamo, si limitava ad insegnare a leggere e a far di conto. Nel 1707 papa Clemente XI invita Lucia a Roma per aprire altre scuole, dove diede origine ad una nuova Congregazione di Maestre Pie, autonoma da quella della Venerini. La prima scuola sorge nella parrocchia di San Lorenzo ai Monti, poi le scuole di moltiplicano e nascono invidie, Lucia è accusata di quietismo, la denuncia non ha seguito, ma Lucia torna a Montefiascone mandando a Roma Rosa Venerini, ma anche questa, poiché il suo metodo d’insegnamento lasciava poco spazio alle pratiche di pietà e non soddisfaceva alcune alunne, deve rinunciare e Lucia si trova costretta a inviare due sue collaboratrici. Le Scuole Pie Filippini a Roma si sviluppano grazie ad Alessandro Bonaventura, così nasce l’Istituto pontificio delle Maestre Pie Filippini, distinto dall’istituto di Montefiascone. Morendo, il cardinale Barbarigo ha lasciato i suoi beni alle scuole della diocesi, designando come amministratori il canonico Luca Corneli e il sacrista. Ma è Lucia Filippini che prende in mano le rendite e lo fa con tale perizia da acquisire altri beni e ad avere rendite sufficienti al finanziamento dell’attività didattica. Quando il canonico muore, il successore vuole che siano rispettate le volontà del cardinale Barbarigo, pretende l’amministrazione del patrimonio e si accorge che molte proprietà sono intestate a Lucia che è accusata di truffa. In realtà Lucia ha agito così per evitare che estranei mettano le mani sul capitale. Intanto, Lucia è citata a giudizio e deve dichiarare di avere prestato il suo nome solo come economa e che rinuncia a qualunque pretesa su essi. Viene nominato un nuovo economo, le risorse delle Scuole Pie sono girate altrove, Lucia è umiliata e preoccupata, le maestre di Roma parlano al loro superiore della situazione, Lucia è chiamata a Roma, è già gravemente ammalata di tumore al petto, grazie all’appoggio della principessa Altieri riesce ad interessare il cardinale Altieri, ascoltato dal papa, del problema, ma deve tornare a Montefiascone. Morì a Montefiascone il 25 marzo 1732, a 60 anni di tumore al seno.