Oggi 30 agosto la chiesa celebra santi Felice e Adautto, sono una coppia di martiri cristiani, uccisi forse durante le persecuzioni di Diocleziano agli inizi del IV secolo. Dopo il loro martirio vennero sepolti in una cripta del cimitero di Commodilla, sulla via delle Sette Chiese, poco lontano dalla basilica di San Paolo fuori le mura. La cripta venne trasformata da papa Siricio in basilica, successivamente ampliata e decorata di affreschi dai papi Giovanni I e Leone III. Divenne così meta di pellegrini e di devoti fino al medioevo inoltrato, quando catacombe e santuari sotterranei caddero in oblio o furono devastati; secondo una passio tarda (VII secolo) e leggendaria, invece, dice che Felice era un prete romano, condannato a morte durante la
persecuzione di Diocleziano, per essersi rifiutato di sacrificare agli idoli e, mentre veniva condotto al luogo del supplizio, sulla via che porta a Ostia, dalla folla dei curiosi e dei compagni di fede si saccò uno sconosciuto, che andò incontro al condannato, giunto a un passo dai soldati incaricati dell’esecuzione, proclamò a voce ferma di essere cristiano e di voler condividere la stessa sorte del presbitero Felice. Venne esaudito senza troppi indugi. Dopo aver staccato la testa di Felice, con la stessa spada decapitarono l’audace, che aveva osato sfidare le leggi dell’imperatore. Poiché dell’altro martire si ignorava il nome, venne chiamato semplicemente adauctus, cioè “aggiunto”. L’episodio restò vivo nella memoria della Chiesa romana, che associò i due martiri in un’unica commemorazione, al punto che alcune fonti li definiscono fratelli. La notizia più antica, risale almeno al IV secolo, sui due martiri ci è fornita da un carme di papa Damaso I, in cui viene elogiato il presbitero Vero per averne decorato il sepolcro.
30 agosto: beato Alfredo Ildefonso Schuster, nacque a Roma il 18 gennaio 1880, fu battezzato con i nomi Alfredo, Ludovico e Luigi. Il padre Johann, era sarto bavarese al servizio della corte pontificia prima come caposarto per i reparti degli Zuavi pontifici, poi come sarto del Quartiere della Guardia Svizzera Pontificia. Rimasto presto orfano di padre, ed essendo molto dotato nello studio, entrò nello studentato dell’abbazia di San Paolo fuori le mura per merito del barone Pfiffer d’Altishofen. Negli anni successivi si laureò in filosofia al Collegio Pontificio di Sant’Anselmo a Roma, divenne monaco benedettino e il 19 marzo 1904 venne ordinato sacerdote nella Basilica di San Giovanni in Laterano. Il 26 giugno 1929 papa Pio XI lo nominò arcivescovo di Milano; venne creato cardinale il 15 luglio ed il successivo 21 luglio venne consacrato arcivescovo nella Cappella Sistina da Pio XI. Governò l’arcidiocesi in tempi difficili per Milano e per l’Italia. Prese come modello uno dei suoi predecessori più illustri, san Carlo Borromeo: si dimostrò assiduo nell’effettuare le visite pastorali nella diocesi che nei venticinque anni del suo episcopato svolse ben cinque volte. Ristrutturò, su incarico di Pio XI, i seminari milanesi mediante la costruzione del seminario teologico e liceale di Venegono Inferiore, inaugurato nel 1935, dove si ritirerà alla fine della sua esistenza. Come quasi tutto il mondo cattolico italiano, Alfredo si illuse che attraverso la collaborazione la Chiesa potesse cristianizzare il fascismo, facendo ad esempio celebrare una messa di ringraziamento nel 1935, all’indomani dell’invasione dell’Etiopia da parte delle truppe italiane, perché Dio proteggesse quelle stesse truppe che nella sua ottica avrebbero contribuito ad una sempre maggiore diffusione del cristianesimo anche nei paesi «non ancora cristianizzati». Alfredo abbandonò tale illusione a seguito dell’approvazione delle leggi razziali fasciste tra settembre e novembre 1938. Partecipò al conclave del 1939, dove venne eletto Pio XII. Alla caduta della Repubblica Sociale promosse un incontro in arcivescovado tra Benito Mussolini e i rappresentanti partigiani, nel tentativo di concordare una resa senza spargimento di sangue. Propose anche a Mussolini di fermarsi in arcivescovado, sotto la sua protezione, per poi consegnarsi agli Alleati. Il Duce rifiutò, preferendo la fuga. Dal 1952 al 1953 fu il primo presidente della Conferenza Episcopale Italiana, fondata a Firenze l’8 gennaio 1952. Anziano e malato, si spense nel seminario di Venegono. Morì il 30 agosto 1954, a 74 anni.