Oggi 7 agosto: san Sisto II, 24° vescovo di Roma e Papa della Chiesa cattolica e martire; le origini di questo papa sono ignote; della sua vita prima dell’elezione è conosciuto solo ciò che riporta il Liber Pontificalis e cioè che era greco, Sisto succedette al suo predecessore, papa Stefano I, durante il pontificato di quest’ultimo, era sorta una violenta disputa tra la Chiesa di Roma e le Chiese africane ed asiatiche, riguardo alla riammissione degli eretici e al battesimo da loro amministrato: la polemica aveva rischiato di finire in una completa rottura tra Roma e le altre Chiese. A Sisto II, che era più conciliante di Stefano I, va il merito di aver riportato la pace all’interno del mondo cristiano ripristinando le relazioni con le altre Chiese. Tuttavia, in parziale accordo con la posizione decisamente assunta dal suo predecessore, incentivò l’uso romano di riammettere alla comunione con la Chiesa mediante l’imposizione delle mani e di ritenere valido il Battesimo da loro amministrato. Poco prima del pontificato di Sisto II, l’imperatore Valeriano aveva pubblicato il suo primo editto di persecuzione, con il quale aveva obbligato i cristiani a partecipare al culto degli dei pagani e aveva impedito loro di riunirsi nei cimiteri, minacciando con l’esilio o la morte chiunque fosse stato trovato a disubbidire l’ordine (l’editto costò infatti la vita a papa Stefano I). Sisto riuscì inizialmente a compiere le sue funzioni di pastore dei cristiani senza subire interferenze da coloro che dovevano far rispettare l’editto imperiale, ma nei primi giorni di agosto del 258 l’imperatore pubblicò un nuovo editto di persecuzione e Sisto II fu uno dei primi a cadere vittima di questo editto. Per eludere la vigilanza degli imperiali, Sisto, il 6 agosto, riunì i fedeli in uno dei cimiteri meno conosciuti, quello di Pretestato, sulla Via Appia, mentre era seduto sulla sua sedia in procinto di parlare all’assemblea, fu subito arrestato dai soldati sopraggiunti e decapitato, con lui subirono il martirio sei diaconi uccisi insieme a lui, Felicissimo, Agapito, Gennaro, Magno, Vincenzo e Stefano, ai quali aggiunge, ma ucciso il 10 agosto, il più famoso Lorenzo; Sisto II fu il primo papa che assunse un nome pontificale già utilizzato in precedenza e quindi dopo la sua morte venne aggiunto il numerale “II” al suo nome.
7 agosto: san Donato da Arezzo, secondo vescovo di Arezzo e martire; nacque probabilmente ad Arezzo ma, secondo alcune fonti, potrebbe essere stato originario di Nicomedia, si racconta che ancora fanciullo venne a Roma con la famiglia, qui fu educato dal prete Pimenio e fatto chierico; suo compagno di studi e di formazione religiosa era Giuliano l’Apostata, ma mentre costui giunse a diventare suddiacono della Chiesa di Roma, Donato rimase semplice lettore; divenuto imperatore ed apostata, Giuliano promulgò una nuova persecuzione contro la Chiesa, prima con l’interdizione ai cristiani dell’insegnamento nelle scuole, cariche pubbliche e carriera militare e poi anche con la violenza nei loro confronti. Nella città di Roma, furono vittime fra gli altri i suoi devoti genitori ed il prete Pimenio, allora Donato fugge ad Arezzo accolto dal monaco Ilariano a cui si affianca nell’apostolato, penitenza e preghiera; con lui opera tra il popolo prodigi e conversioni. Viene ordinato diacono e sacerdote dal vescovo Satiro di Arezzo e prosegue così la sua opera con predicazioni in città e nelle circostanti campagne. Alla morte del vescovo, viene scelto a succedergli e quindi ordinato vescovo dal papa Giulio I, prosegue la sua opera con rinnovato zelo e altri prodigi lo confortano e gli danno popolarità; il martirio, gli fu inflitto dal prefetto di Arezzo, Quadraziano, mediante decapitazione, il martirio sarebbe avvenuto secondo alcuni sotto l’imperatore Giuliano, nel 362, mentre secondo altri sarebbe avvenuto addirittura nel 304, sotto Diocleziano, il giorno in cui, secondo la tradizione, avvenne la sua morte, è il 7 agosto; protettore degli epilettici, perché gli è attribuita la guarigione miracolosa di un bambino da questa malattia.
7 agosto: san Gaetano da Thiene, nacque a Thiene, pochi chilometri da Vicenza, nel 1480 dal conte Gasparo e da Maria da Porto, perse in giovanissima età il padre, morto nel 1492, e la sua educazione venne curata dalla madre, studiò diritto all’Università di Padova dove conseguì la laurea in utroque iure. Pur essendo iscritto all’albo degli avvocati, Gaetano non esercitò mai tale professione, preferendo indirizzarsi verso lo stato di religioso. Nel 1507 si stabilì a Roma dove si guadagnò la stima di papa Giulio II, nel 1516 fu ordinato sacerdote e negli anni seguenti si impegnò instancabilmente per una riforma del clero, gli stava particolarmente a cuore la formazione dei sacerdoti. Tornato in patria, Gaetano fondò a Vicenza la “Confraternita di san Girolamo2, perché si ponesse al servizio di malati e poveri. Nel 1527 fece ritorno a Roma e assieme a Gian Pietro Carafa (futuro papa Paolo IV), Bonifacio de’ Colli e Paolo Consiglieri, suoi compagni all’Oratorio del Divino Amore, decise di formare una nuova fraternità di sacerdoti con il fine di riformare il clero e di restaurare e applicare una regola primitiva di vita apostolica; Gaetano e i compagni andarono a costituire un nuovo ordine religioso, il primo degli ordini di chierici regolari sorti durante il periodo della Controriforma, l’Ordine dei Chierici Regolari detti teatini. Nel 1533 si recò a Napoli per fondarvi una casa dell’ordine; il viceré Pedro de Toledo gli concesse la basilica di San Paolo Maggiore. A Napoli Gaetano curò la formazione dei sacerdoti impegnati nel locale ospedale degl’Incurabili; guidò la Venerabile Maria Lorenza Longo nella fondazione delle monache Cappuccine; quando sentì avvicinarsi la morte si fece adagiare sulla nuda terra dove spirò serenamente il 7 agosto 1547.
7 agosto: san Carpoforo e compagni (Essanto, Cassio, Severino, Secondo e Licinio), notizie biografiche sul loro conto sono scarse, secondo la leggenda, furono sei soldati romani della Legione Tebea martirizzati durante il regno dell’imperatore Massimiano, condannati a morte per non aver voluto sacrificare agli dei romani, avrebbero tentato di fuggire verso le Alpi, ma sarebbero stati raggiunti e catturati e giustiziati a Como. Un primo sopravvissuto sarebbe stato Alessandro, portato prigioniero a Milano e fatto fuggire verso Como da san Fedele, ovvero dalla persona che aveva assunto la responsabilità di evangelizzare la regione Lombardia. Qui Alessandro sarebbe stato catturato e riportato prigioniero a Milano, similmente, Cassio, Carpoforo, Essanto, Severo, Secondo e Licinio si trasferirono da Milano a Como, ma, prima di entrare in città, vennero arrestati e portati alle falde del castel Baradello, in un luogo ove è testimoniato un culto al dio Mercurio, qui furono martirizzati.