a cura di don Riccardo Pecchia
Oggi 7 febbraio la chiesa celebra san Riccardo re d’Inghilterra, nacque nel Wessex (Inghilterra) nel VII secolo. La tradizione che lo voleva re d’Inghilterra è presumibilmente inesatta, mentre è probabile che fosse un nobile inglese della regione del Wessex che, come pellegrino, si era diretto a Roma insieme ai figli Willibald, che divenne vescovo di Eichstätt (poi santo festeggiato il 7 giugno) e Wynnebald, abate del monastero di Heidenheim (santo festeggiato il 18 dicembre). Riccardo fu anche padre di una terza figlia, Walpurga, divenuta anch’essa santa (25 febbraio). Questa nobile famiglia proveniva dal Wessex, verso il 720 il padre partì con i due figli maschi in pellegrinaggio verso Roma. Willibald era appena ventenne e Wynnebald diciannovenne. Navigando sul fiume Hamble, vicino al Southampton, attraversarono la Manica, seguirono il corso della Senna per giungere fino a Rouen. Non prima di aver visitato numerosi santuari francesi, i tre pellegrini si diressero in Italia. Il pellegrinaggio tuttavia non si concluse come sperato perché, stremato dalla febbre e dalla fatica, Riccardo morì presso Lucca il 7 febbraio 722, prima di giungere a Roma.
7 febbraio: sant’Egidio Maria di san Giuseppe (al secolo Francesco Antonio Domenico Pasquale Pontillo), nacque a Taranto il 16 novembre 1729, da una famiglia di umili origini, dimostrando fin dalla tenera età una fede straordinaria, vissuta in ogni istante della giornata. Si iscrisse giovanissimo alla reale arciconfraternita di Maria Santissima del Rosario presso la chiesa di San Domenico Maggiore. A 18 anni, rimasto orfano di padre, divenne l’unico sostegno della sua povera famiglia. La genuina fede cristiana, trasmessagli dal papà e dalla mamma, lo aiutò a superare ogni difficoltà e a confidare sempre nella Provvidenza. Il 27 febbraio 1754, all’età di 24 anni, fu accolto tra i Frati Minori Alcantarini della provincia alcantarina della Terra d’Otranto. Iniziò la vita francescana nel convento di Galatone, cambiando il suo nome in Egidio della Madre di Dio. Dal febbraio del 1755 e fino al mese di maggio 1759, dimorò nel convento di Squinzano (Lecce) con l’incarico dì cuoco della Fraternità. Dopo una breve permanenza nel convento di Capurso (Bari), presso il santuario della Madonna del Pozzo, nel maggio del 1759 Egidio Maria fu destinato a Napoli, dove i Frati Minori Alcantarini leccesi avevano un piccolo Ospizio, quello di San Pasquale a Chiaia. A Napoli resterà per circa 53 anni, cioè fino al giorno della sua morte, occupando via via gli uffici di cuoco, di portinaio e di questuante, con edificazione di tutti, particolarmente dei poveri, che numerosi accorrevano al Convento di Chiaia per ricevere da Egidio Maria un aiuto o una parola di conforto. I nobili e i colti amavano conversare con questo francescano dalla parola semplice e impregnata di fede. Gli ammalati trovavano consolazione nelle loro sofferenze, accogliendolo con gioia al loro capezzale. I poveri, gli emarginati e gli sfruttati scoprivano nell’umile questuante il volto misericordioso dell’amore di Dio. Morì a Napoli, nel convento di San Pasquale a Chiaia, il 7 febbraio 1812 ultraottantenne, in odore di santità.
7 febbraio: beato Pio IX (Giovanni Maria Mastai Ferretti), 255º vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica e 163º e ultimo sovrano dello Stato Pontificio; nacque il 13 maggio 1792 a Senigallia, da una famiglia di antichissima e nobile stirpe. Compì gli studi classici nel Collegio dei Nobili a Volterra, diretto dai Padri Scolopi, dal 1803 al 1808, studi sospesi per improvvisi attacchi epilettici, proprio quando sognava di seguire la carriera ecclesiastica. Dal 1814 fu ospite a Roma dello zio Paolino, Canonico di San Pietro e poté proseguire gli studi di Filosofia e di Teologia nel Collegio Romano. Nel 1815 si recò in pellegrinaggio a Loreto ed ottenne la grazia della guarigione dalla malattia. Per questo poté continuare i suoi studi e la preparazione al presbiterato. In questo periodo da seminarista si prodigò presso il “Tata Giovanni”, un ospizio per i ragazzi abbandonati che ricevevano un’educazione, un’istruzione e imparavano un mestiere. Fu tra questi futuri falegnami, sarti, calzolai che cominciò il suo apostolato per i poveri che lo segnerà nella sua vita. Il 10 aprile 1819 venne ordinato sacerdote. Dal luglio 1823 al giugno 1825 fece parte, per volere di Pio VII, del corpo diplomatico del Cile. Qui però la delegazione si trovò di fronte a un duro governo anticlericale. Nel 1825 fu richiamato in Italia, e si fermò per alcuni mesi a Senigallia. Poi papa Leone XII gli conferì l’incarico di dirigere l’ospizio di San Michele a Ripa, dove si accudivano anziani, ex-meretrici e giovani abbandonati. Nonostante il suo proposito di non volere cariche, fu nominato dal papa il 24 aprile 1827, a soli 35 anni di età, arcivescovo di Spoleto. Papa Gregorio XVI il 6 dicembre 1832 lo nominò vescovo di Imola. Il futuro pontefice si dedicò a questo nuovo magistero con particolare impegno, tanto che la sua opera fu premiata alcuni anni più tardi, quando all’età di 48 anni fu creato cardinale, sempre da Gregorio XVI, il 14 dicembre 1840. Alla morte di papa Gregorio XVI, Giovanni Maria fu eletto a soli 54 anni, il 16 giugno 1846, al soglio pontificio assumendo il nome di Pio IX. Nei primi anni di pontificato governò lo Stato Pontificio con una apertura alle richieste liberali della popolazione. Fu l’epoca delle grandi riforme dello Stato Pontificio: la Consulta di Stato, la libertà agli ebrei, la libertà di circolazione dei giornali, l’istituzione di nuove casse di risparmio, l’inizio delle ferrovie e la costituzione del Municipio di Roma. Il 15 novembre 1848 quando fu ucciso il capo del governo, Pellegrino Rossi, Pio IX, non volendo scendere a patti con i rivoluzionari, decise di lasciare Roma. Il 24 novembre 1848 partì, vestito da semplice sacerdote, per Gaeta, nel territorio del Regno delle Due Sicilie. Invitato da Luigi Napoleone, a trasferirsi in Francia, preferì rimanere in territorio italiano. Fece ritorno a Roma, dopo un esilio di 17 mesi, il 12 aprile 1850. Acclamato dalla folla, si diresse in Vaticano, scegliendo come nuova residenza al posto del Quirinale. Pio IX, al rientro a Roma, fece seguire una profonda opera di restaurazione, annullando parecchi atti della Repubblica Romana: abolì la Costituzione, ripristinò la pena di morte che era stata soppressa, fece abbattere la statua eretta in memoria di Giordano Bruno, ripristinò l’isolamento degli Ebrei nel Ghetto con relative tasse e divieti. L’8 dicembre 1854 proclamò il dogma dell’Immacolata Concezione con la bolla Ineffabilis Deus. Il 7 dicembre 1869 aprì il Concilio Vaticano I, che portò alla formulazione del dogma dell’infallibilità del Pontefice, espresso nella costituzione dogmatica Pastor Aeternus. Lo scontro con il Regno d’Italia giunse all’apice quando nel 1870, alla caduta di Napoleone III, le truppe dei Savoia entrarono a Roma attraverso la breccia di Porta Pia, ponendo fine alla sovranità temporale dei Papi. Pio IX si ritirò nel Vaticano rifiutando di riconoscere il nuovo Stato e dichiarandosi, fino alla sua morte, «prigioniero dello Stato italiano». Morì a Roma il 7 febbraio 1878 dopo aver ripetuto più volte «Parti o anima cristiana», baciando il crocifisso e l’immagine della Madonna.
7 febbraio: san Massimo di Nola, nacque a Nola nel III secolo. Abbiamo pochissime notizie della vita di san Massimo. Ci provengono dai carmina natalizia scritti da san Paolino fra il 395 e il 409 circa, per celebrare la festa (dies natalis) di san Felice di Nola, fedele collaboratore di Massimo. Paolino racconta che durante la persecuzione di Decio, Massimo che era il vescovo di Nola, già vecchio e malato, in un primo momento fece di tutto per difendere i cristiani, poi, di fronte all’inasprirsi della persecuzione, affidò la diocesi a san Felice che aveva designato come successore e preferì andare a rifugiarsi in un luogo deserto non lontano dalla città di Nola, Montevergine, per sfuggire alla persecuzione. Felice fu messo in carcere e torturato perché sacrificasse agli dei pagani, ma un giorno gli apparve un angelo che lo liberò e lo condusse da Massimo, che stava morendo di fame e di sete. Felice raccolse da una vite un grappolo di uva maturato miracolosamente fuori stagione, e con il succo di essa rianimò Massimo, poi se lo caricò sulle spalle, lo riportò in città e lo affidò alle cure di una devota cristiana. Massimo morì serenamente qualche tempo dopo a Nola il 7 febbraio del III secolo.