a cura di don Riccardo Pecchia
Oggi 8 gennaio si celebra san Lorenzo Giustiniani (al secolo Giovanni) nacque a Venezia il 1 luglio 1381, da una famiglia del patriziato di antica origine. A 19 anni fu introdotto dallo zio materno Marino Querini a San Giorgio in Alga dove alla fine del trecento era sorto un convento di Agostiniani il cui priore era, dal 1397, Ludovico Barbo. Questi accolse nel convento, rimasto vuoto, un gruppo di giovani ecclesiastici, chiamati anche celestini, e la sua fondazione fu riconosciuta nel 1404 da papa Bonifacio IX come Congregazione dei Canonici Secolari. Proprio in quell’epoca Lorenzo, già diacono, vi chiese l’ammissione. Capo del gruppo era Gabriele Condulmer (futuro papa Eugenio IV) che però venne richiamato due anni dopo a Roma. Lo sostituì lo stesso Ludovico Barbo, ma anche questi dovette partire nel 1406 perché fu eletto abate di Santa Giustina di Padova. Si impose così la figura di Lorenzo, sacerdote nel 1405. Ha scarse doti di oratore, ma, da un lato, “predica” con molta efficacia, continuando a girare con saio e bisaccia e, dall’altro, scrivendo instancabilmente. Nel 1407 fu superiore a Vicenza; nel 1409, 1413 e 1418 fu a San Giorgio in Alga. Nel 1419, raggiunta la pienezza della maturità, cominciò la sua opera di scrittore: scrive per i dotti e per gli ignoranti, trattati teologici e opuscoletti popolari, offrendo a tutti una guida alla riforma personale nel credere e nel praticare. Spinge i fedeli a recuperare il senso di comunione con tutta la Chiesa, anima la fiducia nella misericordia di Dio piuttosto che il timore per la sua giustizia. Nel 1424 venne riconosciuto, alle diverse case unite, il titolo di Congregazione e Lorenzo fu per ben tre volte il superiore generale. Papa Eugenio IV lo nominò vescovo di Castello l’11 maggio 1433. Lorenzo tentò in ogni modo di rifiutare l’incarico, che lo obbligava, ormai più che cinquantenne, ad abbandonare la Congregazione e a impegnarsi in un ambito completamente diverso, molto lontano dagli ideali di vita di preghiera e di ascesi per i quali si sentiva più portato. Nonostante la riluttanza ad accettare la carica, una volta preso possesso della diocesi Lorenzo si impegnò a fondo nel suo nuovo compito, muovendosi in sintonia con le direttive che il papa aveva dato a lui come ad altri vescovi nominati in quegli anni, volte a restaurare l’autorità episcopale attraverso una presenza costante nel governo vescovile. Lorenzo fu un perfetto uomo di governo, sensibile a tutti i bisogni del suo tempo, disponibile con tutti e per tutti. Aveva un’attenzione tutta particolare per i poveri, fino a contrarre per essi dei debiti senza avere altra garanzia per pagarli che la sua fede nel Signore. Il successore di papa Eugenio IV, papa Niccolò V, nel 1451 soppresse la sede vescovile di Castello e la patriarcale di Grado, e diede a Lorenzo Giustiniani il titolo di primo Patriarca di Venezia. Morì l’8 gennaio 1456.
Oggi 8 gennaio si celebra san Severino di Norico Ripense, nacque intorno al 410 in Italia, da una nobile famiglia romana. Nella sua vita di eremita in Oriente, egli maturò la vocazione che lo portò nel Norico Ripense (odierna Austria) a svolgere opera di apostolato tra le genti di quella regione dell’impero. Nel 454, ormai uomo maturo e “come novello Mosè”, egli raggiunse quelle terre che avevano subito le devastazioni degli Unni di Attila e che vedevano il cristianesimo affermarsi con difficoltà tra il miscuglio delle religioni pagane ed eretiche vissute dalle genti della frontiera danubiana. Nella ‘Romania’ danubiana Severino trovò una vita religiosa basata su una rete di monasteri e chiese che aspettavano una guida unificante, che li sostenesse contro gli assalti delle orde e contro l’influenza dei culti pagani. Severino si presentò dotato di grande fascino e con un potere profetico e carismatico che appariva miracoloso. Egli fu riconosciuto come uomo di Dio dalle genti barbare; avviò la sua predicazione impregnandola del pensiero di san Paolo e del desiderio del Regno di Dio; e basò la sua opera sulla carità verso i fedeli e verso gli stessi barbari. La sua prima tappa fu Asturia, la più orientale città del Norico. Di lì il suo impegno si diffuse a raggiera per tutto il Norico occidentale, e giunse fino alla Rezia. Con la sua predicazione egli ammansì la ferocia degli invasori; a lui accorrevano le folle per ascoltarlo, per ricevere il suo soccorso, per essere riscattate dalla schiavitù. Severino realizzò iniziative per la cura delle malattie a favore dei cristiani e dei barbari. Il suo consiglio politico era ricercato da nobili e principi che si recavano da lui per essere illuminati e benedetti. Gli fu anche offerto di divenire vescovo, cosa che per umiltà rifiutò. A Favianis Severino fondò un monastero che utilizzò come sede principale, e a cinque miglia di distanza egli si costruì una celletta solitaria con la speranza di vivere in ritiro e contemplazione. Ma gli eventi erano tanti e tali da farlo continuamente agire nell’opera sociale e di soccorso alle popolazioni. Dopo un viaggio a Milano, egli sul Danubio intraprese la cura delle anime accompagnandola costantemente con l’opera caritativa. Si interessò del clero e dei monaci; istituì la raccolta delle decime per sostenere la sua attività, e propose il riscatto dei prigionieri mediante lo scambio tra le parti in lotta. Per realizzare la sua opera religiosa tesa al Regno di Dio, egli pensò di fondare molti nuclei monastici, e cercò di dirigere la vita dei monaci con regole ben stabilite, basate sul consiglio, sulla disciplina e sulla provvisorietà della dimora terrena. Continuamente egli proponeva ai suoi monaci il distacco dalle cose del mondo come bene irrinunciabile per la vita monastica. Severino divenne con la sua parola e con la sua presenza il personaggio più rappresentativo della romanità di quella frontiera, ed impose il rispetto per i romani e il valore del cristianesimo. Due anni prima di morire, avvisato dal Cielo, Severino diede l’annuncio della sua morte ai discepoli, e affrontò con serenità gli ultimi giorni. Profeticamente annunciò anche che, dopo la sua morte, i suoi discepoli avrebbero lasciato la Pannonia e perciò li pregò di portare con loro il suo corpo in Italia. Morì l’8 gennaio 482 nel monastero di Favianis (Mauterndorf) e i suoi resti sono portati a Napoli dai suoi monaci e collocati nel monastero benedettino che porta il suo nome; patrono dell’Austria e della Baviera.