Martedì 8 agosto la chiesa celebra san Domenico di Guzmán, nacque a Caleruega (Spagna) nel 1170, dalla nobile famiglia dei Guzmán. All’età di 14 anni, fu indirizzato agli studi di filosofia e teologia nella scuola della cattedrale di Palencia. Terminati gli studi, all’età di 24 anni, seguì la sua vocazione ed entrò tra i canonici regolari della cattedrale di El Burgo de Osma, qui venne ordinato sacerdote dal vescovo Martino di Bazan, che stava riformando il capitolo secondo la regola agostiniana, con l’aiuto di Diego de Azevedo. Diego fu eletto vescovo nel 1201 e nominò Domenico sottopriore; quando il vescovo Diego, nel 1203, fu inviato in missione diplomatica in Danimarca dal re Alfonso VIII di Castiglia per accompagnare una principessa promessa sposa di un principe di Spagna, Domenico fu invitato ad accompagnare il vescovo Diego. Il contatto vivo con i fedeli della Francia meridionale costituirono per Diego e Domenico una rivelazione. Nel 1206 di ritorno da un secondo viaggio in Danimarca scesero a Roma e chiesero al papa Innocenzo III di potersi dedicare all’evangelizzazione dei pagani, ma il papa orientò il loro zelo missionario verso quella predicazione nella Francia meridionale, la regione dove erano più attivi i càtari. I due accettarono e, nel 1206, Diego e Domenico furono inviati missionari in Linguadoca e Domenico continuò anche quando si dissolse la
legazione pontificia e anche dopo l’improvvisa morte di Diego (30 dicembre 1207). Nel 1212 Domenico, durante la sua permanenza a Tolosa ebbe una visione della Vergine Maria e la consegna del rosario, come richiesta ad una sua preghiera per combattere l’eresia albigese senza violenza, da allora il rosario divenne la preghiera più diffusa per combattere le eresie e nel tempo una delle più tradizionali preghiere cattoliche. L’apostolo della fede e i suoi compagni andavano di giorno in giorno per paesi e città, umili e modesti, pronti a soccorrere la popolazione e riconquistare i fedeli alle dottrine eretiche, il tutto compiuto dalle ardenti prediche tenute da Domenico e dai suoi compagni. Erano i primi germi dell’ordine che avrebbe fondato Domenico. In occasione di un viaggio a Roma, nell’ottobre 1215, per accompagnare il vescovo Folchetto, che doveva partecipare al Concilio Laterano IV, Domenico avanzò la proposta a papa Innocenzo III di un nuovo ordine monastico dedicato alla predicazione, egli trovò grande disponibilità nel papa che l’approvò verbalmente, solo il 22 dicembre 1216 papa Onorio III conferì l’approvazione ufficiale e definitiva dell’Ordine dei Frati Predicatori (domenicani). Sfinito dal lavoro apostolico, stava preparando una missione, ed estenuato dalle grandi penitenze, Domenico esalò l’ultimo respiro nel suo amatissimo convento di Bologna. Morì il 6 agosto 1221.
8 agosto: san Ciriaco di Roma (al secolo Sesto Sessio), nacque a Roma, da un’illustre famiglia della Tuscia. Ciriaco cercava sempre di migliorare le sue conoscenze attraverso lo studio continuo e intenso. Avendo ampliato il suo bagaglio culturale e dotato di non comuni doti di intelligenza e di amore verso il prossimo, meritò di giungere alla vera sapienza che è Cristo. In quel tempo governavano l’impero romano Diocleziano e Massimiano, i quali, essendo venuti a conoscenza della vasta cultura di cui era fornito Ciriaco, si preoccuparono di chiamarlo e tenerlo presso di loro. Essendo, Ciriaco entrato nelle grazie dei suddetti imperatori, perché fornito di scienze, ottenne di entrare nel tempio di Marte con i sacerdoti di quel dio, a cui immolavano cose immonde. Ciriaco, riflettendo su quanto aveva visto, cominciò ad allontanarsi, perché in un posto così ignominioso non poteva esserci il bene Supremo. Mentre meditava su queste cose, un sonno scese su di lui e dormì profondamente. Dio, che aveva scelto Ciriaco per chiamarlo a sé, così gli parlò attraverso una visione: «Alzati tu che siedi come un morto e ritorna a novella vita. Abbraccia la fede per la quale otterrai la vita eterna». Spuntato il giorno, Ciriaco, rimasto folgorato dalla fede dei cristiani, cominciò a camminare lentamente, essendo infermo, per giungere ai loro nascondigli. Entrato di soppiatto, si accorse che stavano celebrando la messa. Udendo le voci di coloro che cantavano i salmi e leggevano il Vangelo, comprese che i riferimenti fatti nel Vangelo erano a lui diretti: “Chi mi segue non cammina nelle tenebre, ma avrà la luce della vita”. La luce della misericordia si era impossessata di Ciriaco. Un Angelo, inviato da Dio, aveva riferito prima a papa Marcello I di accoglierlo, perché veniva mandato a lui per essere battezzato. Aggiungeva che egli, essendo già cristiano, doveva essere chiamato Ciriaco. Una volta battezzato, Ciriaco ritornò a casa, liberò i suoi servi e diede loro e ai poveri tutte le sue ricchezze. Abbracciata la fede di Cristo, cominciò a compiere il suo ministero; infatti, si unì con entusiasmo ai cristiani, pur sapendo che ciò non era gradito agli imperatori. Dopo aver conversato a lungo con i cristiani e pregato con loro, accolse, su loro pressante richiesta, l’ordine del diaconato. In queste vesti assieme a Sissinnio, Smaragdo e Largo si dedicò all’assistenza dei cristiani e degli schiavi che erano addetti alla costruzione delle terme di Diocleziano. Il gruppo venne scoperto e condannato ai lavori forzati della costruzione delle terme. Ciriaco nei lavori ed in carcere si distinse per la sua carità ed il servizio. Poi, essendo Artemia, figlia di Diocleziano, ammalata e l’imperatore avendo saputo che solo Ciriaco potesse guarirla, lo fece liberare dal carcere e dai lavori e lo pregò di guarirgli la figlia. Ciriaco, commosso, guarì Artemia e ne cacciò il demonio che la affliggeva. In seguito a questo fatto Artemia chiese il battesimo e Diocleziano donò a Ciriaco una casa a Roma. La leggenda racconta che in seguito Ciriaco si recò in Persia dove ebbe modo di operare un analogo prodigio con la figlia del re Sapore, Giovia liberandola dal demonio. Tornò a Roma con i suoi compagni nella casa, che l’imperatore gli aveva donato, creò un fonte battesimale dove venivano battezzati i molti convertiti. Diocleziano abdicò nel 305, l’altro imperatore Massimiano, geloso e adirato per la conversione della sorella Artemia, fece togliere la casa a Ciriaco e lo fece incarcerare e inasprì le persecuzioni contro i cristiani e fece di nuovo arrestare Ciriaco e i suoi compagni. Il pretore Carpazio non riuscì a far cedere nell’idolatria Ciriaco e i suoi compagni e dopo averlo legato sul cavalletto torturatore e versato pece bollente sul corpo lo fece decapitate insieme a Largo, Smaragdo ed altri compagni che vennero giustiziati per decapitazione sulla via Salaria. Morì il 16 marzo 306.