a cura di don Riccardo Pecchia
Oggi 31 ottobre la chiesa celebra san Quintino, di questo santo esistono pochissime testimonianze storiche, per cui risulta difficoltoso ricostruirne la vita e le opere. Secondo la sua agiografia era un cittadino romano, forse figlio di un senatore di nome Zeno e fu martirizzato in Gallia dove si era recato in compagnia di san Luciano di Beauvais. Giunto ad Amiens iniziò a predicare il Vangelo ma venne incarcerato per questo per volere di Riziovaro, prefetto militare, nominato dall’imperatore Massimiano ed accanito persecutore dei Cristiani. Sempre secondo la leggenda Quintino venne incatenato e torturato ripetutamente per indurlo a ripudiare la sua fede cristiana, ma senza successo. Fu così che il prefetto romano Riziovaro si trasferì a Reims, capitale della Gallia Belgica, dove ordinò venisse portato anche Quintino affinché venisse sottoposto a giudizio. Tuttavia, durante il viaggio, nei pressi di una località chiamata Augusta Veromanduorum (l’attuale San Quintino), Quintino riuscì miracolosamente a fuggire e a proseguire la sua opera di evangelizzazione. Tuttavia, non datosi per vinto, Riziovaro lo fece catturare nuovamente e, dopo averlo torturato, lo fece decapitare e gettare i suoi resti nelle paludi della Somme. Secondo la leggenda, per 55 anni non se ne seppe più nulla, una donna affetta da cecità, di famiglia patrizia, giunse nel luogo dove era stato gettato il corpo di Quintino, seguendo una ispirazione divina e miracolosamente ritrovò i resti del santo che emersero dall’acqua della palude emanando un “odore di santità”. Ella seppellì il suo corpo sulla sommità di un monte e vi eresse una piccola cappella per proteggere la sepoltura, e, fatto ciò, recuperò miracolosamente la vista.
31 ottobre: beato Tommaso Bellacci, nacque a Firenze verso il 1370, in una famiglia di macellai. Trascorre la gioventù in cattive compagnie. Frequenta i peggiori teppisti fiorentini, ma quelli poi lo “rinnegano” quando rischia il carcere a causa di una calunnia. Caduto in crisi nera, gli è di aiuto un concittadino dal nome augurale: Angelo Pace. Gli fa conoscere gli amici suoi, i confratelli del Ceppo, e Tommaso in mezzo a loro si ritrova e matura la vocazione religiosa. Sui 30 anni, chiede di entrare tra i Frati Minori dell’Osservanza di Fiesole; la cosa non scatena entusiasmi tra quei frati di buona memoria. Lo accettano, comunque, come fratello laico, non sacerdote. E tale resterà sempre. Ma presto diventa maestro dei novizi, poi Vicario dell’Osservanza in Calabria. Nel 1423, il futuro santo Bernardino da Siena lo manda a Scarlino, nel Grossetano, a guidare altre comunità fondate da lui. Raggiunge e supera i 60 anni tra un convento e l’altro. Nel 1438 è mandato in Oriente al seguito di Alberto da Sarteano per invitare le Chiese separate al Concilio di Ferrara (poi spostato a Firenze) che papa Eugenio IV ha indetto con uno scopo grandioso: l’unità fra tutti i cristiani. I delegati svolgono la loro missione prima in Siria, presso il patriarca di Antiochia, poi passano in Egitto dal patriarca di Alessandria. Lì, Alberto da Sarteano si ammala e torna in Italia: il capo è ora Tommaso, che cerca di arrivare in Etiopia, a chiamare al Concilio d’Unione anche i cristiani di laggiù. Tenterà d’arrivarvi via Arabia, perché il sultano vieta di percorrere la valle del Nilo. Tenta tre volte. E per tre volte è catturato coi compagni dai turchi. Tre prigionie successive, tra frustate e minacce di morte. Per due volte essi vengono liberati con riscatto da mercanti fiorentini. La terza volta è il Papa che paga, su richiesta di Alberto da Sarteano. Tommaso e compagni tornano così in Italia nel 1444-45 (e intanto l’unione dei cristiani non s’è fatta). Ma quella terra gli è rimasta dentro. A dispetto degli anni e dei turchi, vuole tornare in Egitto come missionario. Così, nel 1447, a 70 anni, lascia con un compagno il convento abruzzese di Montepiano e s’incammina per Roma: chiederà direttamente al Papa di tornare in Oriente, ma il suo viaggio e la sua vita terminano a Rieti, dove crolla stremato alla vigilia di Ognissanti, nella casa dei Francescani conventuali, il 31 ottobre 1447; protettore dei macellai.