a cura di don Riccardo Pecchia
Oggi 5 novembre si celebrano i santi Elisabetta e Zaccaria, la Chiesa cattolica celebra oggi la memoria dei santi Elisabetta e Zaccaria, i genitori di san Giovanni Battista. Sappiamo di loro solo quello che ci racconta l’evangelista Luca nel primo capitolo del suo Vangelo, ma nella sobrietà della notizia sono espresse con grande efficacia la bellezza singolare e l’esemplarità della loro vita: «Erano giusti agli occhi di Dio e osservavano irreprensibilmente tutti i comandamenti e le leggi del Signore» (Lc 1,6). E tuttavia Elisabetta era sterile: una vergogna per una donna ebrea che si vedeva esaltata solo nella maternità, manifestazione visibile della benedizione di Dio. Ma proprio in quanto sterile, entra nel gruppo delle donne che Dio riscatta dalla loro afflizione, in cui manifesta la sua grazia assoluta. Come annunciato a Zaccaria, Elisabetta darà alla luce Giovanni, il precursore del Signore Gesù, colui che lo battezzerà e lo indicherà come l’Agnello di Dio, il Salvatore del mondo. Dopo l’annuncio della sua maternità, Elisabetta si tiene nascosta per cinque mesi, in quel silenzio che prepara e precede sempre le grandi opere della salvezza. In questo ritiro avviene l’incontro con Maria che corre da lei come a cercare conferma dell’annuncio a sua volta ricevuto, del prodigio di un Frutto che nascerà dalla sua verginità visitata dallo Spirito Santo. E nell’incontro delle due donne fatte madri per grazia, Maria riceve da Giovanni la conferma, con la gioia che il bambino manifesta sobbalzando nel seno di Elisabetta: così inizia già prima della nascita la sua opera di precursore. Elisabetta e Zaccaria impongono a Giovanni il nome ricevuto dall’Alto, riconoscendo così la missione di questo figlio e il dono che rappresenta per loro; a questo riconoscimento si sciolgono alla lode le labbra di Zaccaria, che il dubbio aveva reso mute. Le parole del saluto gioioso di Elisabetta a Maria sono entrate a far parte della preghiera dell’Ave Maria: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno», e sono sempre sulle labbra dei credenti. Come il canto in cui prorompe Maria, il Magnificat, e il Benedictus, che è il cantico di Zaccaria, sono entrati nella preghiera quotidiana della Chiesa, espressione suprema della esultanza e della lode al Dio che compie le sue opere più belle proprio nell’impotenza e nella povertà delle sue creature.
5 novembre: san Guido Maria Conforti, nacque il 30 marzo 1865 a Casalora di Ravadese (Parma). Proviene da una famiglia piuttosto numerosa, è l’ottavo dei dieci figli. Fin da piccolo matura la vocazione al sacerdozio, anche se suo padre non ne sembra felice dal momento che vorrebbe lavorasse nella piccola azienda agricola di famiglia. È la sua cagionevole salute che non lo consente. A soli 17 anni, si manifestano i primi sintomi della malattia che lo accompagnerà per tutta la sua vita: una rara forma di epilessia aggravata da fenomeni di sonnambulismo. A spronarlo a conseguire il sacerdozio il rettore della scuola che il santo ha frequentato, monsignor Andrea Ferrari, futuro arcivescovo di Milano e a sua volta santo, lo guida fino all’ordinazione sacerdotale, che avviene il giorno 22 settembre 1888. Don Guido ritorna in seminario a proseguire nell’incarico di vicerettore, che monsignor Ferrari gli ha affidato da chierico. A 28 anni è eletto vicario generale della diocesi di Parma. La vocazione del santo a perseguire la strada del sacerdozio proviene da lontano, da quando a Parma, frequenta la scuola elementare dai Fratelli delle Scuole Cristiane. Come ogni buon cristiano, nel tragitto che va dalla sua casa alla scuola, si ferma a dire una preghiera nella chiesa di Santa Maria della Pace. L’immagine della croce e del sacrificio del Salvatore fanno nascere in lui un desiderio profondo di prendere su di sé il dolore del Cristo. Durante gli anni del seminario, la lettura della biografia di san Francesco Saverio, il missionario gesuita morto alle porte della Cina nel 1552, lo esortano a chiedere di essere accettato come missionario presso i Gesuiti e i Salesiani i quali non lo ammetteranno mai a causa della sua salute instabile. Come spesso accade, la vita dei grandi personaggi illuminati della chiesa, sono ricolmi di ostacoli: per poi salire agli onori degli altari. Il Guido Maria sogna di partire per la missione seguendo un giorno le orme di san Francesco Saverio. Ma nessun istituto lo accetta a causa della sua salute malferma. Deciso a non abbandonare il suo proposito fonda un istituto di formazione per missionari: la Pia Società di San Francesco Saverio per le Missioni Estere (saveriani), spendendo tutta l’eredità proveniente dalla sua famiglia di piccoli proprietari terrieri. Fu un grande giorno quello che, nel 1896, vide in partenza per la Cina i primi due saveriani. Il suo intento sarebbe stato quello di dimostrare quanto la missione fosse in linea con l’attività pastorale e non in antitesi. Nel 1902, a 37 anni, è nominato arcivescovo di Ravenna, ma sulla cattedra di Sant’Apollinare resta un solo anno, costretto al ritiro dall’acuirsi della sua malattia. Dal 1907 verrà richiamato a gestire la diocesi, come coadiutore del vescovo di Parma e poi come successore per i seguenti 25 anni. Finalmente nel 1928 eccolo in Cina per prendere parte ad una missione con i suoi missionari saveriani. Tornato dalla Cina, monsignor Conforti riprende la sua attività, ma il suo fisico ormai gravemente provato si spegne il giorno 5 novembre 1931.
5 novembre: santa Trofimena, 5 novembre: santa Trofimena, santa d’origine siciliana, di Patti (Messina) omologa di santa Febronia, che si venera a Minori (Salerno) in Costiera Amalfitana. L’agiografia è piuttosto contorta, la leggenda vuole che fu martirizzata ancora fanciulla, intorno ai 12-13 anni per mano dello stesso padre, poiché desiderosa di battezzarsi e di abbracciare la fede cristiana, si racconta di una visione di un angelo che le annuncia la consacrazione a Cristo e l’imminente martirio, e contraria alle nozze con il prescelto indicato dalla famiglia. Il corpo fu affidato alla custodia di un urna e gettato in mare, le correnti la spinsero sino alle coste salernitane e precisamente a Minori. L’urna ritrovata dalla popolazione minorese fu fatta trasportare da una coppia di giovenche, ma arrivati al punto dove attualmente sorge la chiesa a lei dedicata, gli animali non vollero assolutamente proseguire, pertanto i minoresi interpretarono ciò come il segnale divino della scelta del luogo ove erigere la suddetta chiesa. Le vicende storiche della cittadina sono legate al culto e alla venerazione per la santa Trofimena di cui, per più di un millennio, ha conservato gelosamente le reliquie. Di tali reliquie si ha notizia storica sin dagli anni 838-839 d.C., secondo quanto riporta una cronaca anonima che narra del trafugamento e delle varie traslazioni subite dai resti della santa per opera dei Longobardi del principe Sicardo di Benevento. Tre sono le feste che si celebrano un suo onore nel corso dell’anno: 5 novembre, 27 novembre, 13 luglio. Il 5 novembre si festeggia anche l’onomastico e si fa risalire questa festa alla data del ritrovamento delle spoglie sella santa sulla spiaggia di Minori. Il 27 novembre si festeggia il rinvenimento dell’urna, che era stata nascosta per evitare ulteriori saccheggi da parte dei Longobardi. Il 13 luglio, che è diventata nel corso degli anni la festa probabilmente più importante in quanto cade nel periodo estivo, è attribuito alla santa un miracolo. Minori sta per essere attaccata dalle imbarcazioni dei predoni arabi, e quindi infedeli, del Barbarossa. La popolazione allora invoca l’aiuto della santa che in una bellissima giornata estiva fa scatenare una tremenda tempesta che sbaraglia le imbarcazioni dei predoni mussulmani. Tale miracolo è riconducibile ai reali saccheggi subiti dalle varie città della Repubblica Amalfitana per mezzo di vari predoni corsari; patrona di Minori.
5 novembre: Servo di Dio Giorgio La Pira, nacque il 9 gennaio 1904 a Pozzallo (Ragusa), primogenito di una famiglia di umili condizioni sociali. A 10 anni va da uno zio commerciante a Messina, per proseguire gli studi. Diplomatosi in ragioneria nel 1921, mentre nel 1922 consegue la maturità classica; Giorgio viene convinto dal suo professore di italiano a proseguire gli studi in giurisprudenza. Nel 1924, durante la messa di Pasqua succede qualcosa che lo porta a consacrare la sua vita a Dio. È il giorno che lui indica come della sua conversione. Giorgio decide di consacrarsi a Dio, ma il suo desiderio però è di svolgere il suo apostolato nella società. Il desiderio di consacrazione che sarà appagato divenendo terziario domenicano già nel 1925, a Messina, assumendo il nome di fra Raimondo. La Pira arriva a Firenze nel 1926, seguendo il relatore della sua tesi in storia del Diritto Romano. Viene per laurearsi e ci rimarrà tutta la vita, è un amore a prima vista. A Firenze La Pira studia, insegna, partecipa alle attività caritative della San Vincenzo de’ Paoli. Nel frattempo, rinnova l’adesione al Terz’ordine Domenicano e sceglie come abitazione una cella nel convento di San Marco. Il desiderio di consacrarsi a Dio lo porta anche ad essere tra i fondatori, nel 1928, dell’Istituto dei Missionari della Regalità di Cristo, voluto da padre Agostino Gemelli, un istituto secolare, che opera nell’ambito dell’ordine francescano, presso il quale prenderà i voti di povertà, obbedienza, castità. L’anno dopo divenne professore supplente di Diritto Romano all’Università di Firenze e nel 1934 diventa ordinario. Fonda la “Messa di San Procolo”, per l’assistenza materiale e spirituale dei poveri. Nel 1939 fonda la rivista “Principi”, sulle cui pagine difende in maniera coraggiosa il valore della persona umana e la libertà e che viene soppressa dal regime fascista. Nel periodo delle persecuzioni razziali si dedica anche ad aiutare famiglie di ebrei a nascondersi nei conventi. Quando la città è occupata dai nazisti, nel 1943, La Pira, ricercato, si rifugia a Fonterutoli, poi a Roma, in casa di monsignor Giovambattista Montini, futuro papa Paolo VI. In questo periodo tiene corsi di dottrina sociale all’università Lateranense nei quali La Pira sottolinea l’urgenza, per i laici cristiani, di passare dalla preghiera all’impegno sociale. Quando torna a Firenze dopo la Liberazione, nel 1944, La Pira è uno degli esponenti più preparati del movimento cattolico italiano. Il 2 giugno del 1946, viene eletto a far parte dell’Assemblea Costituente. All’interno della Costituente, La Pira fece parte della prima sottocommissione, quella che scrisse i “Principi fondamentali”. Nel 1948 viene eletto alla Camera dei Deputati. Alcide De Gasperi lo chiama come sottosegretario al Ministero del Lavoro e Previdenza sociale nel suo quinto governo. Il 6 luglio 1951 è eletto sindaco di Firenze. Gli ultimi anni della sua vita, La Pira li trascorre tra i giovani, ospite dell’Opera per la Gioventù. Dopo il 1965, pur non essendo più sindaco di Firenze, La Pira viene invitato a tenere discorsi e conferenze in tutto il mondo, si impegna attivamente per la pace e il disarmo e si adopera all’interno della Chiesa per il dialogo ecumenico e la responsabilizzazione del laicato. Il “sindaco santo” morì il 5 novembre 1977.