a cura di don Riccardo Pecchia
Oggi 27 agosto si festeggia santa Monica, nacque a Tagaste (Numidia, odierna Algeria) nel 331, in una famiglia profondamente cristiana e di buone condizioni economiche. Le fu concesso di studiare e ne approfittò per leggere la Bibbia e meditarla. Fatta giovanetta, i suoi genitori la sposarono ad un modesto proprietario di Tagaste di nome Patrizio, non ancora battezzato, il cui carattere non era buono, e che spesso le era infedele, con il suo carattere mite e dolce ne poté vincere le asprezze, suo primo pensiero, unendosi al compagno della sua vita, fu di guadagnarlo a Gesù Cristo mediante una vita sottomessa, fatta di rispetto e di amore. Nel 371 Patrizio si convertì al cristianesimo e si fece battezzare, morì l’anno seguente; Monica aveva 39 anni e dovette prendere in mano la direzione della casa e l’amministrazione dei beni. Dette alla luce il figlio primogenito Agostino a 22 anni, nel 354. Ebbe un altro figlio, Navigio, e una figlia di cui si ignora il nome, ma si sa che si sposò, poi rimasta vedova divenne la badessa del monastero femminile di Ippona. Dette a tutti e tre un’educazione cristiana. Soffrì molto per la condotta dissoluta di Agostino. Quando egli si trasferì a Roma, decise di seguirlo, ma lui con uno stratagemma la lasciò a terra a Cartagine, mentre s’imbarcavano per Roma. Monica passò la notte in lacrime sulla tomba di san Cipriano (come narra lo stesso Agostino nelle Confessioni). Nel 385 poté imbarcarsi per Roma, e raggiunse il figlio a Milano, dove egli ricopriva una cattedra di retorica. Il suo amore materno e le sue preghiere favorirono la conversione di Agostino, che nella notte di Pasqua, il 25 aprile 387, fu battezzato da sant’Ambrogio. Agostino non poteva rimanere nella situazione coniugale esistente; secondo la legge romana, egli non poteva sposare la sua ancella convivente, perché di ceto inferiore e alla fine con il consiglio di Monica, ormai anziana e desiderosa di una sistemazione del figlio, si decise di rimandare, con il suo consenso, l’ancella in Africa, mentre Agostino avrebbe provveduto per lei e per il figlio Adeodato, rimasto con lui a Milano. A questo punto Monica pensava di poter trovare una sposa cristiana, ma Agostino, con sua grande e gradita sorpresa, decise di ritornare anche lui in Africa per vivere una vita monastica, anzi fondando un monastero. Presa la decisione, partirono insieme con il resto della famiglia, lasciando Milano e diretti a Roma, poi ad Ostia Tiberina, dove affittarono un alloggio, in attesa di una nave in partenza per l’Africa. Nelle sue Confessioni, Agostino narra dei colloqui spirituali con sua madre, che si svolgevano nella quiete della casa di Ostia, ricevendone conforto ed edificazione; Monica le disse che non provava più attrattiva per questo mondo, l’unica cosa che desiderava era che il figlio divenisse cristiano, ciò era avvenuto, ma non solo, lo vedeva impegnato verso una vita di consacrato al servizio di Dio, quindi poteva morire contenta. Nel giro di pochi giorni, si mise a letto con la febbre; ai figli costernati, disse di seppellire quel suo corpo dove volevano, senza darsi pena, ma di ricordarsi di lei, dovunque si trovassero, all’altare del Signore. La malattia, forse la malaria, durò nove giorni e il 27 agosto del 387, Monica morì a 56 anni.
27 agosto: san Cesario di Arles, nacque da famiglia cattolica nel 470 a Chalon-sur-Saône (Francia), verso i 18 anni entrò nel clero di Chalon ma dopo 2 anni si trasferì come monaco nel monastero di Lérins, diventando allievo di Giuliano Pomerio. Per motivi di salute nel 499 dovette abbandonare il monastero di Lérins e fu accolto dallo zio Eonio di Arles, arcivescovo di Arles, nel clero di quella Chiesa, ove fu ordinato prima diacono e poi sacerdote. Cesario fu designato quindi come abate per ristabilire l’ordine in un monastero, nel quartiere di Trinquetaille o, più probabilmente, nell’Isola di la Cappe, sul fiume Rodano fuori dalle mura di Arles, città in territorio visigoto. Divenne vescovo di Arles nel 502 su designazione di Eonio. La sua azione nella chiesa ad Arles trovò presto dei contrasti e fu accusato di collaborare coi Burgundi. Fu quindi esiliato da Alarico II a Bordeaux, dove rimase fino al 506. Nel 507 Alarico affrontò i Franchi e i Burgundi a Vouillé, dove rimase ucciso e Arles venne messa sotto assedio. Nel 508 la spartizione assegnò Arles agli Ostrogoti di Teodorico e ciò consentì all’episcopato di Cesario di avere un lungo periodo di serenità, permettendo al vescovo di dedicarsi all’attività conciliare e all’organizzazione della vita religiosa nella sua diocesi. Nel 512 consacrò il monastero femminile di San Giovanni a cui mise alla guida come badessa la sorella Cesaria. La regola che Cesario diede al monastero diventò la regola modello per i monasteri femminili nei secoli successivi; inoltre diede anche una nuova regola al monastero maschile di Arles, ma questa non fu seguita da altri centri religiosi. Nel 513 fece un lungo viaggio fino a Ravenna da Teodorico per difendersi da alcune accuse politiche e venne assolto dal re. Insieme a Teodorico si recò a Roma da papa Simmaco e, grazie anche all’influenza di Teodorico, papa Simmaco riconobbe la devozione del vescovo di Arles, imponendogli il pallio; questa è la più antica imposizione del pallio conosciuta. Nel 514 Cesario tornò ad Arles con il pallio e con il titolo di primate della Gallia e della Spagna conferitogli dal papa. Con la nuova autorità di primate indisse svariati concili e sinodi di grande importanza per l’organizzazione cattolica successiva. Cesario presiedette vari concili anche in città diverse da Arles che affrontarono problemi sia contingenti, sia di largo respiro, come ad esempio la regolamentazione della vita interna della Chiesa, dell’evangelizzazione, delle campagne (è Cesario che divise per primo la città in parrocchie) e questioni dottrinali. Cesario morì ad Arles il 27 agosto 542, dopo 40 anni di vescovato