a cura di don Riccardo Pecchia
Oggi 10 settembre la chiesa celebra san Nicola da Tolentino (al secolo Nicola di Compagnone), nacque nel 1245 a Sant’Angelo in Pontano (Macerata). I suoi genitori, Compagnone de Guarutti e Amata de Guidiani erano gente pia. La leggenda della sua vita narra che suoi genitori, ormai anziani, si fossero recati a Bari su consiglio di un angelo in pellegrinaggio alla tomba di san Nicola di Bari, per avere la grazia di un figlio. Ritornati a Sant’Angelo ebbero il figlio desiderato e, ritenendo di aver ricevuto la grazia richiesta, lo chiamarono Nicola. La leggenda narra ancora che il concepimento sia avvenuto nella vicina città di Modugno, di cui oggi il santo ne è il patrono. Quando incominciò a studiare fece rapidi progressi nella scienza, così i genitori gli provvidero un canonicato nella chiesa del Santissimo Salvatore a Tolentino. Un giorno nella chiesa, udì un religioso agostiniano, frate Reginaldo a Sant’Angelo, che predicava sulla vanità del mondo e ripeteva quel passo del Vangelo: «Chi vuol essere mio discepolo, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua». Nicola non attese altro, subito fece domanda di essere ammesso nell’Ordine degli Eremitani di Sant’Agostino in quella città. Fu accettato, prese l’abito religioso, e dopo un anno di noviziato si consacrò al Signore mediante i santi voti religiosi: aveva 18 anni. Nel convento riconfermò il proposito che fin da piccolo si era prefisso: rinnegare se stesso. Perciò si stimava l’ultimo dei fratelli e cercava sempre gli uffici più umili, contento quando poteva eseguire la volontà altrui, e rinunziare alla sua, Durante gli studi fu mandato in vari conventi del suo Ordine; fece i voti solenni a meno di 19 anni e nel 1269 a Cingoli fu ordinato sacerdote dal vescovo di Osimo, Benvenuto Scotivoli. Dopo la sua ordinazione, predicò soprattutto a Tolentino, dove fu trasferito intorno al 1275. Nel convento di Sant’Agostino di Tolentino rimase fino alla sua morte. Trascorse gli ultimi 30 anni della sua vita, predicando quasi ogni giorno. Sebbene negli ultimi anni la malattia mise alla prova la sua sopportazione, continuò le sue mortificazioni quasi fino al momento della morte. Morì il 10 settembre 1305, dopo essere stato tribolato da una lunga malattia, all’età di 60 anni, pieno di virtù e di meriti; patrono gli appestati, i naufraghi e i carcerati e delle anime del Purgatorio.
10 settembre: santa Pulcheria Augusta, nacque il 19 gennaio 399 a Costantinopoli, figlia di Arcadio e di sua moglie Elia Eudossia, i quali ebbero cinque figli: Flacilla, Pulcheria, Arcadia, Teodosio (futuro imperatore) e Marina. Quando Teodosio salì al trono nel 408 era solo un bambino: lui e le sorelle rimasero sotto la tutela dell’eunuco Antioco, scelto come loro precettore dal potente reggente, il prefetto Flavio Antemio. Pulcheria, non aveva ancora 16 anni, nel 414, quando fu elevata alla dignità di “Augusta” e reggente del fratello Teodosio. Compì il proprio dovere e con una estrema religiosità, consacrò la sua verginità al Signore e il palazzo imperiale era diventato quasi un convento, perché giorno e notte si cantavano le lodi divine, si leggeva la Sacra Scrittura. Dal 416 Teodosio iniziò a regnare da solo, ma sempre sotto la forte influenza della sorella. Nello stesso anno Pulcheria fece rimuovere al fratello tutti gli impiegati pagani nell’amministrazione civile; ella era una cristiana devota e come reggente del fratello, era stata impegnata a cercare per Teodosio II, una sposa fra le più belle vergini dell’impero, la scelta cadde sulla greca Atenaide (poi imperatrice Eudossia), che Teodosio II sposò il 7 giugno 421. Nello stesso anno Teodosio dichiarò guerra alla Persia con la motivazione che Pulcheria gli aveva suggerito: la persecuzione da parte dei Persiani nei confronti dei cristiani. Pulcheria non si oppose invece all’arianesimo, la forma di cristianesimo esercitata dalle tribù germaniche. Teodosio inizialmente sostenne il patriarca di Costantinopoli Nestorio, che con la sua eresia affermava la separazione fra la natura umana e divina di Gesù, ma Pulcheria, con l’aiuto del patriarca di Alessandria Cirillo, lo convinse a rimuoverlo dall’incarico; Nestorio fu esiliato nel 435. Nel 441 Crisafio, il cubicularius imperiale, convinse Teodosio ad allontanare Pulcheria dal potere imperiale, anche se in pratica Crisafio prese il posto di Pulcheria usando Teodosio come un burattino. Nel 450, quando l’imperatore morì a 49 anni, in seguito ad una caduta da cavallo, a Pulcheria fu permesso di ritornare a corte. Allora Crisafio e Pulcheria lottarono per il controllo del trono dopo la morte di Teodosio; Pulcheria si alleò con gli ufficiali militari germanici, Aspar e Marciano, affermando che Teodosio aveva dichiarato che Marciano sarebbe stato il suo successore. Pulcheria, che aveva ormai 51 anni, forse adempiendo un’ultima volontà del fratello, il 25 agosto 450 introdusse a corte un ufficiale in congedo di 58 anni, il tribuno Marciano e lo sposò dietro la promessa di rispettare la sua verginità; la cerimonia fu fastosa con la presenza del patriarca Anatolio. Nel 451 Pulcheria contribuì ad organizzare il Concilio di Calcedonia per condannare il nestorianesimo. Il Concilio inoltre condannò il secondo Concilio di Efeso, del 449, che aveva sostenuto l’eresia monofisita di Eutiche, che negava che in Gesù ci fossero due nature, affermando l’assimilazione della natura umana in quella divina, il quale fu deposto ed esiliato a Calcedonia. Nel terzo anno del regno del marito Marciano, l’imperatrice Pulcheria morì nel mese di luglio del 453 (si ignora il giorno), nel suo testamento ella lasciò tutti i suoi beni ai poveri