a cura di don Riccardo Pecchia
Oggi domenica 11 giugno la chiesa festeggia Santissima Trinità, ricorre ogni anno la domenica successiva alla Pentecoste. La ricorrenza della Santissima Trinità, celebra la realtà trinitaria di Dio Padre che nella grandezza dello Spirito Santo manda il Figlio Gesù per la salvezza dell’uomo. Sebbene il dogma trinitario fosse già stato codificato nella Chiesa sin dall’epoca del Simbolo apostolico fino all’VIII secolo la Chiesa non celebrò nessuna ricorrenza in suo onore. La prima testimonianza in merito ci viene dal monaco Alcuino di York, che decise la stesura di una Messa votiva in onore del mistero della Santissima Trinità, tale Messa era però soltanto un fatto privato, almeno fino al 1022, in cui fu riconosciuta ufficialmente dal Concilio di Seligenstadt. Nel 920, intanto, Stefano vescovo di Liegi aveva istituito nella sua diocesi una festa dedicata alla Santissima Trinità e per la sua celebrazione aveva fatto comporre un Ufficio liturgico. Il suo successore, Richiero, mantenne tale festività, che andò col tempo diffondendosi, grazie anche all’appoggio dell’Ordine monastico (in particolare di Bernone, abate di Reichenau agli inizi dell’XI secolo), tanto che un documento del 1091 dell’Abbazia di Cluny ci attesta che la sua celebrazione era ormai ben radicata. Nella seconda metà dell’XI secolo, papa Alessandro II espresse il suo giudizio su questa festa: pur rilevando la sua ampia diffusione, non la ritenne obbligatoria per la Chiesa universale, perché secondo lui, la Santissima Trinità veniva ricordata ogni giorno nella messa, perché fulcro basilare di ogni celebrazione liturgica. Nonostante ciò, la festa proseguì nella sua diffusione, sia in Inghilterra, per opera di san Tommaso di Canterbury, sia in Francia, grazie anche all’ordine cistercense. Visto il riconoscimento de facto di tale festività in tanta parte della Chiesa, solo nel 1334 papa Giovanni XXII decretò la festa della Santissima Trinità e la estese a tutte le Chiese locali collocandola nella I Domenica dopo Pentecoste.
11 giugno: san Barnaba apostolo (originariamente chiamato Giuseppe di Cipro), era giudeo di famiglia levitica emigrata a Cipro. Secondo gli Atti degli Apostoli si convertì al cristianesimo poco dopo l’episodio della Pentecoste, vendette tutti i suoi averi e consegnò il ricavato alla Chiesa cristiana appena nata, il suo fu un ammirevole esempio di carità; dopo il battesimo fu rinominato Barnaba, che significa “figlio della consolazione” o “figlio dell’esortazione”. Fu lui, divenuto un membro autorevole della prima comunità cristiana, a farsi garante di Saulo di Tarso, ex-persecutore dei cristiani recentemente convertitosi a Damasco, che verrà chiamato Paolo. Quando ad Antiochia iniziò la conversione dei primi cristiani non ebrei, Barnaba vi fu inviato insieme a Paolo, divenendo uno dei capi della comunità. L’enorme successo della loro predicazione ad Antiochia, inizialmente creò dubbi nella Chiesa di Gerusalemme; ma Paolo e Barnaba tornarono a riferire agli Apostoli come si era svolta l’evangelizzazione. Da Antiochia di Siria, visto il successo tra i Gentili, partirono per evangelizzare altri popoli, accompagnati da Giovanni Marco, futuro san Marco evangelista e parente di Barnaba. Si recarono prima a Cipro, terra nativa di Barnaba stesso, e successivamente in Asia Minore. A Perge in Panfilia Marco lasciò i suoi compagni per motivi non conosciuti, ma tale gesto dispiacque a Paolo che successivamente non lo volle più tra i suoi compagni di missione. Dopo un viaggio pieno di problemi e maltrattamenti, ma con notevole successo missionario, viaggio che interessò Antiochia di Pisidia, Iconio, Lystra, dove capitò un curioso incidente: poiché Paolo aveva miracolosamente guarito un uomo storpio dalla nascita, la popolazione ancora pagana identificò in Barnaba Giove e in Paolo Mercurio, e i due apostoli dovettero faticare per impedire che si facesse un sacrificio in loro onore. Ritroviamo di nuovo insieme Paolo e Barnaba intorno al 49 a Gerusalemme per la disputa sulla circoncisione o meno dei pagani convertiti: il “Concilio degli Apostoli” diede loro ragione sulla non necessità dell’osservanza della legge mosaica per i neo-convertiti. A questo punto i due apostoli si separarono: Barnaba volle portare con sé, in un nuovo viaggio di evangelizzazione, Marco che Paolo, memore della precedente separazione, non gradiva. Negli Atti degli Apostoli Paolo partì per l’Asia con Sila; Barnaba e Marco andarono a Cipro; poi negli Atti non lo si menziona più: da qui inizierà il suo viaggio in Italia. Secondo quanto attestano alcuni cataloghi bizantini sui discepoli del Signore, Barnaba si recò prima a Roma, insieme a Pietro, poi si spostò verso il nord d’Italia, per fondare la Chiesa in Milano, per cui è considerato il primo vescovo. Secondo la leggenda Barnaba continuò a viaggiare e predicare fino a Salamina, dove giudei giunti a Salamina dalla Siria che, invidiosi delle conversioni da lui operate, lo avrebbero lapidato e bruciato nell’anno 61.
11 giugno: santa Paola Frassinetti, nacque a Genova il 3 marzo 1809, da una famiglia benestante di profonda fede religiosa e di austeri costumi. Non frequentò alcuna scuola, ma ricevette la sua istruzione in casa, sotto la guida del padre e del fratello maggiore Giuseppe (oggi Venerabile), poi sacerdote e fondatore della Congregazione dei Figli dell’Immacolata. Dopo la morte della madre, assunse la direzione della casa trascurando quindi lo studio; tuttavia il contatto quotidiano e la conversazione con i fratelli le permise comunque di sviluppare una buona cultura e matura capacità di scrittura. A 22 anni fu mandata dal padre a Quinto a Mare, dove il fratello Giuseppe era parroco, per aiutarlo. Qui conobbe alcune giovani con le quali iniziò a pensare a un istituto per raccogliere le fanciulle povere della strada e dar loro un minimo di istruzione catechistica e di pratica nei lavori femminili. Il 12 agosto 1834 con sei compagne si ritirò in una casa a Quinto, dando vita a una comunità denominata Figlie di Santa Fede. Nel 1835 avvenne l’incontro con don Luca Passi (anch’egli Venerabile), nobile bergamasco e fondatore della Pia Opera di Santa Dorotea, che aveva come scopo la tutela religiosa e morale delle ragazze attraverso l’impegno di donne laiche abitanti nella stessa parrocchia. Egli la convinse a inserire la sua azione apostolica nell’ambito della sua Opera e a cambiare il nome in Maestre di Santa Dorotea. Nel 1836 l’attività riprese quindi a Genova, dove Paola e le sue prime compagne fecero la vestizione solenne: loro impegno era inizialmente partecipare alla vita pastorale parrocchiale, insegnando la dottrina cristiana, ma ben presto le loro attività si ampliarono con l’istituzione di scuole e convitti. Nel 1841 insieme a due compagne si trasferì a Roma, in un misero alloggio situato in un vicolo sopra una stalla di proprietà del principe Torlonia. Stimata da papa Gregorio XVI e dal cardinale vicario Costantino Patrizi, nel 1844 le fu affidato, perché lo riorganizzasse e trasformasse in educandato, il rifugio di Sant’Onofrio al Gianicolo, uno dei conservatori di Roma allora in forte declino morale e spirituale. Le grandi prove che Paola dovette affrontare ne delinearono la fisionomia spirituale che lei sintetizzava così nella sua espressione preferita: «Volontà di Dio, paradiso mio». La croce non le venne mai meno, ma lei anziché affliggersene, ne gioiva. Il segreto di questo amore per la croce stava nella sua profonda devozione al Sacro Cuore di Gesù, al quale aveva consacrato l’Istituto nel 1872. Con il passare degli anni il suo fisico, anche a causa dei molti viaggi intrapresi per visitare le case da lei fondate, si era notevolmente indebolito. Negli ultimi mesi, ormai colpita da paralisi, Paola trascorreva lunghe ore in preghiera davanti al tabernacolo. Morì l’11 giugno 1882, a 73 anni.