a cura di don Riccardo Pecchia
Oggi 13 gennaio la chiesa celebra sant’Ilario di Poitiers, nacque a Poitiers (Francia) nel 315 circa, ricevette una solida formazione letteraria, ben riconoscibile nei suoi scritti. Non sembra che sia cresciuto in un ambiente cristiano. Egli stesso ci parla di un cammino di ricerca della verità, che lo condusse man mano al riconoscimento del Dio creatore e del Dio incarnato, morto per darci la vita eterna. Battezzato verso il 345. Era sposato e padre di una bambina di nome Abra, quando i religiosi della sua comunità lo acclamarono vescovo di Poitiers nel 353. Prese sotto la sua protezione san Martino, futuro vescovo di Tours. Ancora poco addentro ai problemi della fede, scoprì solo nel 354 il simbolo di Nicea. Nel 356 Ilario assiste come vescovo al sinodo di Béziers, nel sud della Francia, il «sinodo dei falsi apostoli», come egli stesso lo chiama, dal momento che l’assemblea fu dominata dai Vescovi filoariani, che negavano la divinità di Gesù Cristo. Questi «falsi apostoli» chiesero all’imperatore Costanzo II la condanna all’esilio del Vescovo di Poitiers. Così Ilario fu costretto a lasciare la Gallia durante l’estate del 356. Esiliato in Frigia (attuale Turchia), Ilario si trovò a contatto con un contesto religioso totalmente dominato dall’arianesimo. Anche lì la sua sollecitudine di Pastore lo spinse a lavorare strenuamente per il ristabilimento dell’unità della Chiesa, sulla base della retta fede formulata dal Concilio di Nicea. A questo scopo egli avviò la stesura della sua opera più importante e conosciuta: La Trinità. In essa Ilario espone il suo personale cammino verso la conoscenza di Dio e si preoccupa di mostrare che la Scrittura attesta chiaramente la divinità del Figlio e la sua uguaglianza con il Padre, non soltanto nel Nuovo Testamento, ma anche in molte pagine dell’Antico, in cui già appare il mistero di Cristo. Di fronte agli ariani egli insiste sulla verità dei nomi di Padre e di Figlio e sviluppa tutta la sua teologia trinitaria partendo dalla formula del Battesimo donataci dal Signore stesso: «Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo». Negli anni del suo esilio Ilario scrisse anche il Libro dei Sinodi, nel quale riproduce e commenta per i suoi confratelli Vescovi della Gallia le confessioni di fede e altri documenti dei sinodi riuniti in Oriente intorno alla metà del IV secolo. Sempre fermo nell’opposizione agli ariani radicali, Ilario mostra uno spirito conciliante nei confronti di coloro che accettavano di confessare che il Figlio era somigliante al Padre nell’essenza, naturalmente cercando di condurli verso la piena fede, secondo la quale non vi è soltanto una somiglianza, ma una vera uguaglianza del Padre e del Figlio nella divinità. Nel 360 o nel 361 Ilario poté finalmente tornare dall’esilio in patria e subito riprese l’attività pastorale nella sua Chiesa, ma l’influsso del suo magistero si estese di fatto ben oltre i confini di essa. Negli ultimi anni di vita egli compose ancora i Trattati sui Salmi, un commento a cinquantotto Salmi. In diverse occasioni Ilario si incontrò con san Martino: proprio vicino a Poitiers il futuro vescovo di Tours fondò un monastero, che esiste ancor oggi. Ilario morì nel 367.
3 gennaio: san Remigio di Reims, nacque a Laon (Francia) intorno all’anno 437, da una nobile famiglia gallo-romana. Fin da molto giovane, la sua intelligenza e una speciale facilità per l’oratoria risvegliavano l’ammirazione dei suoi maestri e condiscepoli. La fama della sua eloquenza si sparse a tal punto che, nel 459, quando il vescovo di Reims morì, egli fu scelto per sostituirlo, all’età di 22 anni. La carità e dolcezza del giovane vescovo conquistarono ben presto i cuori dei fedeli, per i quali si prodigava, alleviando tutti coloro che sollecitavano il suo aiuto, sia con elemosine materiali, sia con la consolazione e l’istruzione dello spirito. Tuttavia, senza abbandonare la cura di coloro che, col Battesimo, già appartenevano all’ovile di Cristo, Remigio ardeva dal desiderio di conquistare nuove anime. Riuscì, insieme a san Gildardo, a convertire il merovingio Clodoveo I, re dei Franchi, alla religione cristiana, con l’aiuto della sposa di quest’ultimo, Clotilde. Il re fu battezzato il 25 dicembre 496 nella Cattedrale di Reims. La leggenda vuole che lo Spirito Santo o un angelo, sotto forma di colomba, portasse al vescovo la santa Ampolla contenente l’olio santo: la cattedrale di Reims divenne quindi il luogo per la consacrazione dei re di Francia successivi. Negli ultimi anni della sua vita, il Signore volle adornare con la corona della sofferenza quella fronte venerabile: numerose malattie indebolirono il suo corpo, senza riuscire, tuttavia, ad abbattergli l’animo o smorzare la sua carità. Remigio morì il 13 gennaio 530, a 93 anni di età e 70 di ministero episcopale.